Se c’è una cosa che, da bergamasco, ho sempre invidiato nei trentini è la capacità di aggregazione: il saper mettere da parte divisioni e personalismi, quando si tratti del bene comune o di far soldi. Dev’essere qualcosa di legato alla tradizione asburgica dei Welschbezirke oppure alle vecchie cooperative cattoliche: non so, ma per certo, i bergamaschi rappresentano l’antipodo naturale a questo modo di intendere le cose.
Da noi non ci si mette mai d’accordo su nulla: due contadini sono capaci di prendersi a roncolate per un metro di gerbido, le società falliscono perché sono incapaci di fare cordate comuni, le nostre montagne, che pure sono splendide, soffocano nella mancanza di consorzi, di accordi cooperativi, di joint ventures tra imprenditori.
La dimostrazione patente di questo assoluto e pernicioso individualismo emerge proprio dallo sfruttamento turistico della montagna bergamasca: ognun per sé, con iniziative sporadiche e piuttosto velleitarie, con piccoli litigi e minuscole faide tra paesino e paesino. Intanto, impianti e alberghi chiudono, il mercato immobiliare perde di valore, strutture e luoghi vengono abbandonati.
Non è che il Trentino sia il paese di Bengodi, naturalmente, ma qui si è più inclini a collaborare: a cedere un pochino del proprio per un vantaggio di tutti. Si è meno trugni, per così dire. E, dal piano economico e sociale, inevitabilmente passo a quello politico: questo sistema di fare le cose, ovvero di rinunciare a un po’ di orgoglio personale per vincere tutti assieme, è un ottimo modello, esportabile.
Troppo spesso, il centrodestra ha perso elezioni politiche e amministrative perché le divisioni, le ambizioni dei piccoli ras, lo sdegno dei duri e puri, hanno tarpato le ali a candidati di per sé vincenti. E, altrettanto spesso, sono stati candidati personaggi di dubbio valore o di scarsa capacità, solo per assecondare i capricci di qualche leader nazionale.
L’esempio della candidatura di Stucchi a Bergamo è l’esempio palmare di questo modo di organizzare una campagna elettorale: non era bergamasco, quasi nessuno lo conosceva né lui conosceva Bergamo, tanto da prodursi in un paio di boutades in campagna elettorale che hanno fatto sganasciare i cittadini orobici. Memorabile la proposta di render gratuiti nei giorni festivi i parcheggi blu, che erano già gratuiti. Ma Salvini lo voleva lì: più per vederlo perdere che per vincere, probabilmente.
E Gori ha rivinto, bissando il mandato: cosa che non era mai successa. Ecco, per le prossime tornate amministrative, impariamo dai trentini anziché dai bergamaschi: l’unione fa la forza. E, se proprio questo o quel candidato comune ci fa storcere il naso, tappiamocelo e votiamolo tutti, concordemente: meglio vincere con un sindaco che, forse, governerà così e così che perdere.
E beccarsi cinque anni di sicuri deliri e garantite prepotenze.
Marco Cimmino