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Un bergamasco in Rendena

Se sul Caffaro incontri un “Hamilton” e contestualmente pure un bel TIR?

E’ verissimo: molto spesso si scrive a titolo personale: non sempre si riesce a conciliare la propria curiosità o le proprie rampogne con l’interesse comune. Quest’inverno, ad esempio, quando ho visto scendere un sacco di neve sulle piste pinzolesi, desolatamente precluse a noialtri, poveri sciatori, dalle norme anti-covid, e ho assistito al patetico balletto del governo, che ha imposto ai gestori degli impianti una serie di regole draconiane, salvo poi decidere di tenere tutto chiuso, ho provato una rabbia bilaterale e bipartisan: mia personale e di tipo, diciamo così, collettivo.

Quando, poi, ho visto gli atleti azzurri allenarsi sulla Tulot, mai così innevata, confesso che mi sono proprio incazzato. Ma, poi, la neve si scioglie e, con lei, si sciolgono anche le mie rabbie stagionali: verranno tempi migliori. E, anzi, forse sono già venuti. Perché in tanti anni non ho mai visto la Val Rendena così presa d’assalto da orde di turisti: dal pensionato stanziale con nipotini, che passa qui tre mesi, fino al turista da fine settimana, che si imbottiglia sul Caffaro al venerdì pomeriggio e sgomma la domenica, subito dopo pranzo.

Così, dai tennis ai pub, dalle funivie ai sentieri, nella settimana di Ferragosto è stato pienone. Non so se anche nelle altre località della Provincia Autonoma è andata così, ma non ho ragione di dubitarne: i laghi, le montagne, le vallate del Trentino sono stati oggetto di un vasto e sostenuto battage pubblicitario in televisione e, in questi casi, la pubblicità paga.

Senza contare che, avendo qualche difficoltà ad andare all’estero, per via delle limitazioni anti-covid, molti hanno optato per quelle regioni che, a un Italiano medio, danno un po’ l’illusione di essere comunque fuori dall’Italia. Naturalmente, ogni medaglia ha il suo rovescio: così tanti ospiti hanno reso piuttosto evidenti alcune fragilità del territorio. In particolare, il solito, annoso, problema della circolazione, che è il problema di tutte le località alpine o prealpine: ricordo certi ritorni a casa dalla Val Brembana, che si protraevano per ore e ore, mercè il traffico e le strade inadeguate.

Credo, perciò che sia tempo di immaginare una serie di interventi drastici, da parte del governo provinciale: lasciare il boccino nelle mani di gente che s’inventa trovate come i sensi unici pinzolesi rischia di essere un filino pericoloso, giacchè, grazie a questa bella trovata, oggi c’era coda fin dal rondò di Caderzone, ovvero per qualche chilometro oltre il lecito e il tollerabile. Capisco che questa manovra serva ad accentuare l’idea di una circonvallazione inevitabile, che, peraltro, è già in cantiere, ma così si fa scappare la gente che si è fatta tanta fatica per attirare.

Qui ci vuole un progetto globale, come è avvenuto per la Val Sugana: affrontare certe strade, come quella della Valle dei Laghi, di Passo San Giovanni, della Val di Ledro o come, appunto, quella delle Giudicarie, in certi periodi dell’anno, significa sottoporsi a una sorta di Forche Caudine. Basta un grosso camion, un camper o anche solo un autista incapace per triplicare i tempi di percorrenza. Senza contare che, sulle vie alternative, c’è sempre qualche autoctono che si crede Hamilton: giusto ieri, ho rischiato un frontale con un imbecille che stava superando un TIR in curva. Dunque, molto bene per il flusso turistico: è massiccio e, speriamo, crescerà ancora. Il Trentino è meraviglioso, ma questo non basta ancora: dev’essere sicuro e percorribile. Insomma, se si vuole raccogliere, bisogna decidersi a seminare. Adesso.

Marco Cimmino

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