Ieri sera ha avuto ufficialmente inizio Gran Tour di Capodanno, serie di concerti organizzati tra Veneto e Trentino dall’Associazione Culturale Euritmus. Poche ore prima del primo concerto, svoltosi a Costabissara in provincia di Vicenza, abbiamo avuto il piacere di confrontarci con il Maestro Giancarlo Guarino, direttore, per l’occasione, dell’Orchestra Sinfonica delle Alpi.
Il Maestro Guarino è un famoso violinista, pianista e direttore d’orchestra. Diplomatosi con il massimo dei voti in violino e pianoforte, si è poi specializzato presso la Musikhochschule di Hannover ottenendo un master in violino con Jens Ellermann e presso l’Accademia di Imola, un master in Musica da Camera con Piernarciso Masi.
Nel corso della sua lunga ed importante carriera, Giancarlo Guarino ha svolto un’intensa attività concertistica sia in Italia che all’estero collaborando con alcune delle più importanti istituzioni orchestrali europee come l’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, l’Orchestra Cantelli di Milano, l’Orchestra londinese “I Maestri” e l’Orchestra del Teatro dell’Operetta di Kiev (solo per citarne alcune).
Parallelamente all’attività concertistica, il Maestro da anni si dedica anche alla didattica, essendo titolare dal 1996 della cattedra di Musica da Camera presso il Conservatorio Bonporti di Trento e, come docente di direzione d’orchestra, tiene corsi di perfezionamento presso la Scuola di Musica C. Eccher di Cles.
Nonostante Gran Tour di Capodanno sia nel pieno del suo svolgimento, Giancarlo Guarino ci ha concesso una breve intervista nella quale ha parlato, tra le varie, della serie di concerti, della sua carriera e, più in generale del suo rapporto con la musica.
I: Buongiorno Maestro Guarino e bentrovato, per iniziare, considerata la sua lunga esperienza in campo musicale, ci parli del suo rapporto con la musica.
G.G.: “Io sono nato con la musica, provengo da una famiglia estremamente favorevole alle inclinazioni musicali: mio padre era un pianista e mia madre è tutt’ora una violoncellista, anche i miei fratelli sono diventati musicisti. Andando indietro con gli anni, anche due dei miei nonni erano musicisti. Entrando più nello specifico della mia carriera, dopo essermi diplomato in violino e pianoforte, ho proseguito gli studi all’estero in pianoforte e successivamente mi sono dedicato ad un’intensa attività cameristica, passata anche attraverso la creazione dell’Ensemble Zandonai. Proprio in quel periodo è nata la mia passione per la direzione d’orchestra che mi ha portato a perfezionarmi con maestri quali Renzetti e Kalmar e veri e propri “guru” come il finlandese Jorma Panula, assoluta eccellenza nel suo campo. In sintesi, la musica ha rappresentato e continua a rappresentare uno dei punti cardine della mia vita sia professionale che strettamente personale”.
I: Proseguendo, sappiamo che da anni dedica molto tempo ed energie alla didattica e all’insegnamento, ci parli di questo aspetto della sua vita.
G.G: Trovo che la didattica sia una parte fondamentale della mia vita. Ritengo sia molto importante non solo per il ruolo formativo che svolge, ma soprattutto per i risvolti psicologici a cui porta. Insegnare permette di istaurare legami profondi e proficui con gli studenti attraverso una connessione molto profonda. Non solo, la didattica ti sprona ad avere sempre nuovi stimoli ed è interessante vedere i risultati che gli studenti riescono a raggiungere, offrendo al contempo anche un’occasione per continuare ad imparare e migliorarsi. Da ultimo, un ulteriore aspetto che trovo fondamentale, è il concetto della “trasmissione del sapere” che permette a persone di generazioni diverse di essere influenzate positivamente le une dalle altre. Sembra banale dirlo ma la verità è che non si smette mai di imparare”.
I: Rimanendo sempre sul tema delle giovani generazioni, trova che sia più difficile oggigiorno, con i social network sempre più presenti nella quotidianità collettiva, riuscire a trasmettere ai giovani un certo tipo di cultura, sicuramente fondamentale, ma meno “alla moda” rispetto al passato?
G.G: Certamente oggi c’è meno attenzione, da parte di tutti, ad un certo tipo di cultura, basti pensare all’attenzione mediatica che hanno ricevuto nel corso dell’anno gli ottimi risultati ottenuti dall’Italia sportiva o dalla vittoria dei Maneskin prima a Sanremo e poi all’Eurovision Song Contest. Tale clamore mediatico, seppur certamente meritato, stride con la poca attenzione riservata ai risultati, ugualmente grandiosi, ottenuti anche in ambito sinfonico. L’Italia infatti, in questo campo, ha ottenuto risultati straordinari, parlo della vittoria del Premio Paganini da parte di Giuseppe Gibboni (primo successo per un italiano dopo 24 anni) o il secondo e quinto posto ottenuti da artisti italiani al Premio Pianistico Internazionale Fryderyk Chopin a Varsavia. Successi che non sono stati, perlomeno inizialmente, celebrati come avrebbero meritato. Sicuramente la musica colta è elitaria e altrettanto sicuramente i social media sono una vetrina importante per tutti, ma ritengo che fomentino una cultura dell’apparire piuttosto che dell’essere. Nonostante ciò, personalmente, non ho riscontrato un calo del livello medio delle nuove generazioni rispetto alle precedenti, i giovani d’oggi pur essendo pochi, sono molto preparati. La tendenza odierna “al tutto e subito” non si sposa con la cultura del lavoro della sfera classica e, forse anche per questo, lo studio della musica classica non trova più il favore che riscontrava in passato. Penso che sia importante consigliare i giovani in maniera onesta sull’importanza della cultura del lavoro, senza impegno non si ottengono risultati rilevanti.
I: Spostandoci sul tour di concerti che, insieme all’Orchestra Sinfonica delle Alpi, si appresta a cominciare, quanto conta in un periodo così complicato come quello che abbiamo vissuto e (purtroppo) stiamo ancora vivendo, potersi esibire dal vivo? (nel pieno rispetto delle vigenti normative anti Covid n.d.r.)
G.G: Ritengo sia assolutamente fondamentale. In un momento dove la situazione ci ha costretto a vivere i concerti in forma non diretta, diventa assolutamente rilevante il potersi esibire dal vivo. Un aspetto meritevole di menzione è senz’altro quello relativo al portare musica anche in luoghi diversi dai soliti grandi centri d’interesse. In questa serie di concerti, infatti, verranno toccate località dove, solitamente, è più difficile portare le grandi esibizioni. Ritengo inoltre, in questo particolare momento storico dove è più difficile organizzare eventi nei grandi centri, che sia molto importante riuscire a portare la grande musica nei piccoli paesi. Riavvicinare la musica alle persone, in netta controtendenza con quanto accade di solito dove sono le persone ad avvicinarsi alla musica. Trovo che sia un’azione quasi eroica, in questo periodo difficile, riuscire a portare emozioni dirette e positive alla popolazione. Va specificato come siamo stati anche molto fortunati a non essere stati fermati dalle nuove restrizioni che hanno interessato questo periodo natalizio. I musicisti al giorno d’oggi stanno dimostrando enormi capacità di resilienza nel cercare di svolgere al meglio il proprio lavoro, districandosi tra le mille difficoltà e le numerose restrizioni portate dal difficile momento che sta attraversando il Paese.
I: Parlando dei concerti, l’evento culmine della rassegna sarà sicuramente lo spettacolo del 31 dicembre all’Auditorium Melotti di Rovereto. Per un artista della sua caratura, l’esibirsi in un contesto così ricco di cultura e storia come l’Auditorium Melotti ha un peso? O con l’esperienza si riesce a non farsi condizionare dall’ambiente e ci si concentra solamente sulla musica?
G.G: Da secoli Rovereto è uno dei più importanti centri culturale del Trentino, si pensi solo che in questa città è passato un mostro sacro come W.A. Mozart. Trovo che le sedi dove ci si esibisce siano sì importanti ma personalmente ho sempre cercato di concentrarmi sulla musica piuttosto che sul contorno. Il luogo è certamente importante, ma la vera spinta arriva dalla ricchezza e dal valore delle musiche che si dovranno portare in scena. Quando mi è stato presentato il programma musicale dei concerti, sono rimasto affascinato dall’importanza delle sinfonie e degli artisti che avremmo dovuto interpretare. In sintesi, è bene ricordare come non esistano location o palcoscenici di Serie A e B, a dar valore ad una rappresentazione prima del luogo vi è la musica che verrà suonata.
I: Un’ultima domanda prima di lasciarla tornare al suo lavoro, come si sta trovando a collaborare con una realtà come quella dell’Associazione Culturale Euritmus e dell’Orchestra Sinfonica delle Alpi?
G.G: Mi sto trovando molto bene, conosco e stimo il lavoro dell’Associazione Euritmus da diversi anni. Ho sempre pensato che il loro impegno e la loro dedizione siano straordinari. Sono tra i pochi ad avere il coraggio di organizzare opere a Rovereto, come nel caso di Progetto Opera che quest’anno ha portato in scena il Don Giovanni di Mozart. Anche per quanto riguarda l’Orchestra Sinfonica delle Alpi ho trovato un gruppo affiatato di artisti che compongono un’orchestra, nel complesso, davvero molto preparata, è davvero un piacere poter lavorare in un ambiente così competente e affiatato.