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Sharon e Roman, una favola spezzata in agosto

Roman Polanski, classe 1933, origini franco/ebreo/polacche, è un regista di gran talento, un estroso poliglotta (parla anche italiano), ma di certo non ama ingraziarsi il pubblico o la critica: e ne avrebbe avuto l’occasione, col suo pesante passato infantile. Aveva vissuto le sue tragedie, ma non mostrava un particolare attaccamento alla cultura d’origine, ostentando piuttosto idee libertarie e anticonformiste, mutuate dall’educazione familiare e dalla riconoscenza verso famiglie cattoliche che lo avevano protetto in tempi difficili. Stabilitosi infine a Parigi, sua città natale, subito cineasta ambizioso, si spostò negli USA per dare slancio alla carriera. Incontrò la statuaria attrice texana Sharon Tate e la sposò nel 1969 a Londra con una leggendaria cerimonia hippy chic, senza grandi entusiasmi nella famiglia di lei. Il padre militare era stato distaccato a Vicenza, dove anche Sharon, madre e due sorelle avevano vissuto qualche tempo.

I due neo sposi andarono a vivere a Beverly Hills. Una vulgata oggi messa in dubbio racconta che avessero affittato la villa di Cielo Drive, dove uno psicopatico aspirante musicista irrealizzato, Charles “Satana Manson”, classe 1934, credeva abitasse ancora Terry Melcher, il figlio di Doris Day: che a suo dire gli aveva promesso un’audizione e poi se n’era dimenticato. A oggi non si è chiarito dunque se il commando cercasse una vendetta o abbia agito a caso.

Era l’epoca delle comuni hippy, libero amore e libera droga, ma queste situazioni, bislacche finché si vuole, erano generalmente intrise di pacifismo, una sorta di “vivi e lascia vivere”. L’accozzaglia di disadattati che Manson aveva messo insieme non aveva nulla di tutto ciò e la Polizia sosteneva di averla sempre sorvegliata, perché appunto il Manson – uomo minuto, figlio di una prostituta, pesante passato carcerario, una svastica tatuata in fronte – non prometteva nulla di buono.

Li tenevano d’occhio così bene che la sera del 9 agosto 1969, mentre Polanski era a Londra per lavoro, la band, fradicia di stupefacenti, compì una strage. Dopo aver ucciso l’amico del custode – quest’ultimo, per sua fortuna, era riuscito ad acquattarsi in tempo – trucidarono Sharon, incinta di nove mesi e il suo amico e parrucchiere Jay Sebring; poi si accanirono su due ospiti, un amico polacco di Roman, tale Frykowski e la ragazza di quest’ultimo, Abigail Folger, figlia di un industriale del caffè; infine eliminarono anche i cani. Qualcuno di loro vergò col sangue, sulla porta, la scritta “pigs”, porci. Nei giorni seguenti il gruppo uccise anche due vicini, i coniugi La Bianca.

La storia del processo è lunga: basti dire che Manson attribuì tutte le azioni ai suoi seguaci, al massimo riservandosi il ruolo di leader carismatico; e se ne venne a capo solo perché diverse sue “adepte” si pentirono prontamente, in cambio di sconti di pena. Lui è morto in carcere nel 2017, all’ergastolo. La famiglia di Sharon ammise di aver inizialmente sospettato di amici del genero: non era americano, non era tipo da sceneggiate lacrimevoli, ammise a caldo di aver tradito la stupenda moglie e che in casa ogni tanto si facevano le canne.

George Bush senior fu un gran paladino della famiglia Tate e profuse ogni sforzo per impedire la revisione del processo, nel 1982.

Va detto che, in interviste degli anni novanta, i sopravvissuti della compagine omicida mesteranno le carte della verità ufficiale e così farà anche Manson: il quale, per la cronaca, si dichiarò ammiratore di Sofia Loren.

Passano gli anni. Ancora frastornato e lungi dall’aver ritrovato un equilibrio, nel 1977, a Los Angeles, Polanski partecipa una “festicciola” con altra gente di cinema, nella villa di Jack Nicholson; gli scappa la bisboccia con una minorenne, figlia di una conduttrice televisiva che l’aveva mandata lì apposta per agevolarle la carriera: questo fu ammesso anni dopo dalla stessa Geimer, che ha perdonato da tempo l’abuso, dichiarando: Siamo chiari, quello che è successo con Polanski non è mai stato un grosso problema per me. Non sapevo nemmeno che fosse illegale, che qualcuno potesse essere arrestato per questo. Stavo bene, sto ancora bene, e che questa cosa sia stata trasformata in qualcosa di più grande mi pesa molto. Dover ripetere costantemente che non è stato un grosso problema e un peso terribile”.

Quello di Polanski non fu un comportamento commendevole (nemmeno quello della madre della ragazzina) e lui fu il solo a pagare, tuttavia il processo volgeva verso una giusta sentenza, con un possibile accomodamento; senonché a un certo punto si mise male e Roman preferì andarsene dagli USA, per mai più farvi ritorno. Gli attori americani che avessero avuto voglia di lavorare con lui, dovevano raggiungerlo altrove. D’altro canto, egli ha meritato un Oscar in contumacia, in barba all’ostracismo formale di cui era oggetto.

Leggiamo su WIKI

“Polanski figura nella lista rossa (Red Notice) delle persone ricercate dall’Interpol dal 2005. Nel 2009, a seguito dell’arresto e poi del rilascio in Svizzera, l’Interpol attraverso una nota] ricordava a tutti gli stati membri dell’organizzazione (Francia, Polonia e Svizzera comprese) che la red notice o avviso di ricerca internazionale è sempre valida e che in quanto membri dell’organizzazione devono adoperarsi per farla rispettare…Gli Stati Uniti rifiutarono qualsiasi tipo di accordo…Il 26 settembre 2009 Polański venne arrestato all’aeroporto di Zurigo-Kloten sulla base di un mandato di cattura internazionale emesso nel 2005 su richiesta delle autorità giudiziarie statunitensi (negli Stati Uniti un mandato di cattura esiste fin dal 1978). Il regista si era recato in Svizzera per ricevere al Zurigo Film Festival un premio alla carriera. Gli Stati Uniti avevano preventivamente fatto formale domanda di estradizione. Il 25 novembre 2009 il Tribunale penale federale a Bellinzona, dopo due mesi di prigione, ha accolto un ricorso di Polański, commutando la pena da detenzione in carcere all’arresto domiciliare elettronicamente controllato e disponendo, come ulteriore misura di garanzia, il ritiro dei documenti d’identità e una cauzione di 4,5 milioni di franchi svizzeri.

Polanski, oggi novantenne, è risposato dal 1989 con l’attrice Emmanuelle Seigner, che gli ha dato due figli. Da un po’ di tempo spuntano come funghi a suo carico accuse di violenza sessuale da parte di mature signore, che dicono di averla subita da lui quando erano minorenni. Sembra quasi fosse più pericoloso lui di Manson stesso…

La Seigner ha dichiarato Mio marito non aveva bisogno di stuprare, c’era la fila di donne che volevano andare al letto con lui

Ci informa Maurizio Blondet che un’antropologa, Karen Steinherz, ha incontrato seri ostacoli in una sua particolarissima indagine e racconta che: “la Steinherz è giunta alla conclusione che il caso Manson… non sia un’esplosione “accidentale” della violenza “latente in ogni società avanzata”, ma che invece possa configurarsi come un caso di manipolazione e di controllo di una personalità psicopatica da parte di “scienziati sociali” identificabili” (M. Blondet, Complotti I – Stati Uniti, Gran Bretagna, Il Minotauro, Milano 1995). http://users.libero.it/tempusfugit/chiha.htm

Non sappiamo se abbia visto giusto Blondet, ma la storia di Roman sembra scritta per dividere gli animi. Preferiamo ricordare Sharon, una bellezza a stelle e strisce che seguì l’amore e sognava di essere madre.

Carmen Gueye

Riguardo l'autore

raimondofrau

Direttore tecnico presso una multinazionale e Presidente dell'Associazione di Volontariato Secolo Trentino - La terra degli Avi