Stavo pensando? Armi, petrolio e cyber security: i profitti dei produttori di armi e non solo sono volati alle stelle. Ecco chi si sta arricchendo con la guerra in Ucraina. Il conflitto in Ucraina non provoca solo distruzione, dolore e morte: l’altra faccia della guerra è l’enorme profitto generato dalla macchina bellica, che ha messo in moto significativi investimenti nella spesa pubblica dei Paesi europei e non solo. Lo sconvolgimento globale e il continuo susseguirsi di notizie ha scosso i mercati portando conseguentemente le società attive nell’industria di guerra a forti rialzi. La corsa interna alla difesa, le esportazioni degli armamenti, le materie prime e le tecnologie si sono rivelate ingenti fonti di guadagno, generando altissimi extra-profitti e speculazioni. La finanza ha tratto un vero e proprio beneficio dal conflitto ucraina-russia e non è un segreto che gli operatori si siano mossi per capitalizzare al meglio la crescente volatilità della borsa in questa fase di incertezze su scala globale. Il boom delle imprese afferenti al complesso militare-industriale è stato trainato soprattutto dagli impegni economici e politici che l’Occidente ha preso dopo lo scoppio della guerra. Alla decisione di esportare le armi si sono aggiunti gli investimenti pubblici nella difesa.
Tornando indietro di qualche un anno fa, gli Stati Uniti avevano chiesto al Congresso 10 miliardi di dollari per l’emergenza in Ucraina, di cui la metà destinata a rinforzare le difese del Paese. Poi i miliardi americani sono diventati altri 12 e poi altri 25. In Europa il cancelliere tedesco Olaf Scholz aveva promesso di aumentare la spesa militare di 100 miliardi di euro solo per il 2023, con ulteriori incrementi successivi nei prossimi anni. E così è stato. Insomma! Una enormità di dollari e di euro.
Da quando è scoppiato il conflitto in Ucraina è salito rapidamente il valore delle azioni in borsa delle società attive nella produzione degli armamenti. Tra di esse c’è chi è riuscito a quadruplicare i guadagni. La Lockeed Martin Corporation è la più grande azienda produttrice americana dell’ambito militare, con più di 400 sedi in tutto il mondo. Attiva nel settore della sicurezza e dell’aerospazio, è conosciuta soprattutto per la produzione di jet F-35 e per il sistema di difesa missilistica Patriot utilizzato dalla Nato. Tra i colossi Usa c’è anche la Nortrop Grumman, che opera nell’ambito aerospaziale e della difesa globale e che produce droni sia di attacco che di sorveglianza. Poi c’è la tedesca Rheinmetall AG, dedicata allo sviluppo di tecnologie di sicurezza adeguate alle minacce (dopo le dichiarazioni del Cancelliere Scholz sul riarmo della Germania aveva guadagnato in borsa il 39%). In Europa si trova anche la Thales Group, con sede a Parigi, che è leader nella produzione di radar, stazioni di armi controllate a distanza e di mezzi di fanteria. È nota per i veicoli blindati
Bushmaster e Hawkeu, e per il missile Starstreak. In Italia abbiamo Leonardo Finmeccanica, tra le maggiori aziende europee dell’industria bellica. Una azienda che gli eredi del «pool» di «Mani Pulite» hanno cercato di distruggere. Da sempre attiva nel settore della difesa oltre che di quello commerciale, è leader nella produzione di aerei e vari componenti aeronautici.
Dall’inizio della guerra si sono registrati ottimi trends anche per tutti quei fondi che hanno giocato sul filo della speculazione sui titoli delle materie prime. Gli investimenti hanno spinto fortemente il mercato del petrolio e del gas. Chi ha senz’altro beneficiato dei prezzi record sono le compagnie petrolifere: le più importanti major globali hanno registrato profitti in aumento tra le due e le sei volte rispetto al 2020 e sarebbero destinate a crescere ancora nell’anno in corso. L’aumento globale dei pezzi del petrolio (ormai stabilmente superiore ai 100 dollari al barile) è stato per esempio una benedizione per l’economia dell’Arabia Saudita, con il gigante petrolifero statale Saudi Aramco che ha registrato nel primo trimestre del 2022 un aumento di profitti dell’80%.
Oltre ai titoli dell’industria bellica, la delicata situazione in Ucraina ha fatto segnare un’ascesa anche degli investimenti nella sicurezza informatica. Numerosi gli attacchi hacker registrati fino ad oggi, sferrati da una parte e all’altra del mondo contro siti istituzionali. Lo stesso Anonymous ha portato avanti ripetute azioni contro i maggiori portali governativi russi. Per questo motivo sono aumentate le spese per i servizi legati alla cyber security in tutto il mondo: le maggiori aziende operanti nel settore hanno così visto crescere in poco tempo i loro guadagni. Il maggiore fondo in materia è l’EFT Global X Cybersecurity: dall’inizio della guerra il suo valore è aumentato di oltre il 10%. Recentemente la nota banca d’affari Morgan Stanley ha fatto sapere che l’aumento della tensione geopolitica “continua a fornire un forte vento in poppa per i titoli di sicurezza informatica”.
Come viene detto: finché c’è guerra…. c’è guadagno.
Marco Affatigato