“Gentile publisher, A causa della guerra in Ucraina, metteremo in pausa la monetizzazione dei contenuti finalizzati a sfruttare, ignorare o giustificare la guerra”.
Inizia così l’avviso, divenuto virale negli ultimi giorni, che il team di Google AdSense ha fatto pervenire agli iscritti al proprio circuito informandoli che i contenuti pubblicati che, in qualche modo, possano “giustificare” la guerra in Ucraina, saranno demonetizzati.
Per chi non lo sapesse, AdSense è un servizio di Google che permette a chi pubblica contenuti sul web di guadagnare attraverso i click sul proprio sito o sui banner pubblicitari dello stesso sito. Questa forma di monetizzazione, per molti giornali online e blog, è l’unica forma di guadagno che permette loro di poter continuare a pubblicare contenuti.
Nello specifico, l’avviso, chiarisce come siano già state applicate misure simili: “dichiarazioni relative alla guerra in Ucraina in caso di violazione delle norme esistenti (ad esempio, le norme relative ai contenuti dispregiativi o pericolosi vietano di monetizzare contenuti che incitano alla violenza o negano eventi tragici)”, avvisando anche come tale comunicazione abbia il solo scopo di informare i publisher in merito alle nuove indicazioni di Google.
Il Team di AdSense però, non si è limitato a fornire linee generali ma, entrando nello specifico, ha volutamente chiarito come le dichiarazioni “a rischio demonetizzazione” siano quelle “secondo cui le vittime sono responsabili della propria tragedia o affermazioni simili di condanna delle vittime, ad esempio dichiarazioni secondo cui l’Ucraina sta commettendo un genocidio o sta attaccando deliberatamente i suoi stessi cittadini”.
Stando a questa ultima comunicazione quindi, i possessori di blog o giornali online che “guadagnano” attraverso banner pubblicitari posti sui loro siti dovranno stare bene anche solo a riportare notizie riguardanti la guerra in Ucraina. Tutti i contenuti che non rispetteranno tali linee guida infatti, non porteranno ad alcun guadagno fino a nuovo avviso.
Beninteso, non si tratta di stipendi faraonici (nel caso di piccoli giornali) ma di miseri centesimi che Google fornisce in cambio di accrescere l’afflusso di pubblicità – e informazioni personali grazie ai cookies – sui suoi server.
Non solo, proprio per tutelare l’informazione, tanto decantata in questi anni tra Covid e guerra come fonte necessaria a rendere i cittadini più consapevoli, da un piccolo “conto della serva” risulta che non esprimersi affatto sulla guerra in Ucraina sia potenzialmente più remunerativo: non sono infatti previste demonetizzazioni per articoli che non riguardino affatto il conflitto russo-ucraino, mentre riportare una notizia con un titolo magari volutamente provocatorio ma con una notizia verificata o con una fonte riportata potrebbe portare a uno 0 sulla colonna delle entrate.
Una situazione probabilmente frutto del proliferare di fake news su molteplici vicende degli ultimi anni, ma che rischia di danneggiare anche chi con professionalità e onestà intellettuale svolge il suo lavoro di giornalista.