La vita sociale è talmente cambiata, nell’ultimo secolo, che a trattarne sembra di parlare di altri mondi, pianeti lontani, o forse razze viventi diverse. Se la principale preoccupazione della maggior parte degli umani, fino all’ultima guerra mondiale, era di mettere insieme pranzo e cena, ciò che è seguito, almeno nel mondo occidentale, con l’avvento della televisione e di media sempre più incombenti e sregolati, ha prodotto una perversione quasi genetica nel modo di rapportarsi alla realtà.
Lentamente all’inizio, impercettibilmente, le necessità basilari, pur sempre tenute in considerazione, hanno perso posti nella classifica dell’attenzione collettiva e individuale, per non parlare del nutrimento spirituale, emotivo e culturale: il web ha inferto il colpo di grazia.
Così è che le vibrazioni sonnacchiose dell’anima si muovano soltanto in presenza di eventi clamorosi, che non sono la guerra o la fame nel mondo, la politica o la musica – presenti sì, nella quotidianità, ma non più in grado di movimentare le noiose giornate del colto e dell’inclita. Serve di più, sempre di più, servono sesso e sangue, più il secondo del primo in verità, con un tasso di natalità ridotto e percentuali di boomer e anziani in numero crescente: ci vuole la cronaca nera, non necessariamente anche rosa.
Dagli anni novanta del secolo scorso, col proliferare di trasmissioni a tema e la frenetica circolazione delle notizie in rete, la dipendenza da novità oscure, torbide, scabrose o pulp, ha preso a somigliare a quella dalle sostanze stupefacenti.
Al sodo: finirà questa tendenza? Temiamo di no. Ci siamo occupati spesso di cronaca in questa sede, ma l’intenzione era quella di mostrare i “trucchi del mestiere”, soprattutto mediatici, per tenerci incollati agli schermi in attesa di novità succulente.
E dunque eccoci al confronto tra marito e amante di Liliana Resinovich, al bel brasiliano coinvolto nel caso di Pierina Paganelli, agli immarcescibili quesiti sulla fine (forse più banale di quanto non si pensi) di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori ( 1983), sui colpevoli del delitto di via Poma ( 1990), questi ultimi tre casi elevati a rango di materie da trattare in commissioni parlamentari, ove sedicenti esperti spingono per legare le vicende a mafia, camorra, segreti vaticani e immancabile banda della Magliana; il tutto mentre appassiscono in carcere Massimo Bossetti, Rosa e Olindo, Cosima e Sabrina Misseri: tutti processi, come abbiamo dimostrato in precedenti articoli, nati da trame favolistiche noir di dubbia autenticità, laddove Andersen e le sue principesse nordiche di brillante sorte progressiva hanno smesso da un pezzo di interessare anche i bambini delle elementari, ora soggetti a una rieducazione psicopedagogica.
Poiché amiamo le utopie, sogniamo un mondo dove il male non esiste o, quando inevitabile, porti a far crescere gli intelletti e non a sedarli.
A proposito di utopie: avete letto l’ultima? Pare che John Lennon, stanco di cantare la prima versione di “Imagine”, un bel giorno abbia cambiato una parola: al posto di “no religion”, ha inserito “no immigration”. Poiché lui forse sognava davvero ogni tanto (beninteso, in mezzo a un mare di quattrini), aveva capito che la vera utopia era sperare nel mondo migliore e nei veri diritti fondamentali e che purtroppo, nell’immediato futuro che egli non ha fatto in tempo a vedere, la carne umana sarebbe diventata merce di scambio peggio che nelle antiche ere di barbarie.
Carmen Gueye