Mohammad Abedini Najafabadi è un trentottenne ingegnere iraniano, arrestato dalla DIGOS a Milano il 16 dicembre 2024, su richiesta del governo USA. Viene accusato dalla procura federale di Boston, insieme all’iraniano/statunitense Mahdi Mohammad Sadeghi – dalla Corte federale di Boston (che ne chiede l’estradizione) di cospirazione per aver esportato componenti elettronici dagli Stati Uniti all’Iran, in violazione delle leggi statunitensi sul controllo delle esportazioni e sulle sanzioni. Abedini è anche accusato di aver fornito il supporto materiale al Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica, considerate dagli Usa un’organizzazione terroristica, che ha poi portato alla morte di tre militari statunitensi, uccisi da un attacco con un drone su una base in Giordania. Abedini, in sostanza, è accusato di associazione a delinquere con finalità di terrorismo.
Qualcuno vorrebbe abbinarvi il caso di Artem Uss, l’imprenditore russo figlio di un “oligarca” vicinissimo a Putin, su cui pendeva una richiesta di estradizione avanzata dagli Stati Uniti, posto ai domiciliari a Milano e poi evaso. Gli americani si mostrarono “esterrefatti” per la decisione presa dalle toghe sui domiciliari all’imprenditore russo e lo stesso ministro Nordio promosse un’azione disciplinare contro i giudici, tacciati di “grave e inescusabile negligenza” in merito a quel provvedimento. Il Csm poi assolse i tre giudici accogliendo la richiesta della procura generale della Cassazione. (tratto da TG.com e ANSA)
Veniamo ora a Cecilia Sala
Il padre, Renato Sala, “è amministratore indipendente di Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. dall’aprile 2023, nel cui ambito ricopre anche l’incarico di componente del Comitato Nomine e del Comitato Remunerazione. È laureato in Giurisprudenza presso l’Università Sacro Cuore di Milano. Inizia l’attività lavorativa presso la Banca Popolare di Milano, partecipando a importanti Commissioni Tecniche presso la Banca d’Italia e l’Associazione Bancaria Italiana, quali la Commissione per la costituzione della Società Interbancaria per l’Automazione e la Commissione per la costituzione della Monte Titoli S.p.A. Nel 1983 entra nel Gruppo IMI, assumendo ruoli di responsabilità in Fideuram, prima nell’area Nord Lombardia, successivamente nell’area Triveneto, e infine nell’area Centro Sud, con impegni in controllate estere del Gruppo. Partecipa all’attività per la quotazione di Banca Fideuram e prende parte a ristretti gruppi di lavoro con i vertici di McKinsey, interfacciandosi con Invesco Co, Charles Schwab Co, Russel Investment. Partecipa al progetto per la creazione Banca Fideuram Luxembourg.
Agli inizi degli anni 2000 partecipa alla società Keydos (società di consulenza aziendale e strategica), nel 2004 è Senior Advisor per l’Italia di J.P. Morgan Case Bank e dal 2017 partecipa al Think Tank Greenmantle (Advisor Internazionale per Consulenza Macroeconomica e Geopolitica. Conta centosettanta aderenti che coprono USA, Europa, Sud America, Cina ed Asia Pacific). È uno dei Soci Fondatori del Canova Club di Milano. Attualmente è CEO di Advisor S.R.L.” Da Gruppomps.it
Cecilia “Nata nel 1995 a Roma si è diplomata al liceo Scientifico statale Camillo Cavour di Roma. Dal 2014 al 2018 ha seguito il corso di laurea in economia all’Università commerciale Luigi Bocconi di Milano, interrompendo gli studi a sei esami dal conseguimento della laurea triennale. Nel 2015 ha iniziato a collaborare come inviata e reporter con Vice; successivamente inizia a lavorare con Michele Santoro a Servizio pubblico su LA7, dove diventa giornalista professionista. Nel corso degli anni ha collaborato con Vanity Fair, L’Espresso, la Rai e Will Media, e ha lavorato nella redazione di Otto e mezzo su LA7. Dal novembre 2019 entra a far parte della redazione de Il Foglio. Nel 2020 esce per Huffington Post Polvere, podcast sull’omicidio di Marta Russo, realizzato in collaborazione con Chiara Lalli e prodotto da Emons Record e Miyagi. Nel maggio del 2021 la serie audio diventa anche un libro, Polvere. Il caso Marta Russo, edito da Mondadori per la collana “Strade Blu”. Dal 10 gennaio 2022 diventa autrice e voce di un nuovo podcast, Stories, pubblicato quotidianamente su Chora Media. Da WIKIPEDIA
Cecilia Sala è stata incarcerata in Iran il 19 dicembre 2024 per “aver violato le leggi della Repubblica islamica dell’Iran“.
Il curriculum della giovane presenta un taglio moderno e poco analizzabile, e l’unico elemento da dedurre è un particolare talento, che ha portato la giovanissima reporter a una carriera fulminea.
Il problema della sicurezza di connazionali giornalisti e cooperanti in paesi ad alto tasso di rischio, soprattutto terroristico, è annoso e ci riporta subito alla memoria i casi di Ilaria Alpi/Milan Hrovatin, uccisi in circostanze mai chiarite in Somalia nel 1994; e quello della milanese Silvia Romano, volontaria presso una ONLUS marchigiana, sequestrata nel 2018, liberata nel maggio 2020 tra gli omaggi dell’Italia intera, in testa Roberto Saviano; ma pure tra tante domande rimaste senza risposta, soprattutto per la conversione all’Islam della ragazza, forse sposata con uno dei rapitori.
Si rincorrono le notizie su Cecilia, che ha ricevuto la visita del nostro ambasciatore a Teheran: l’Iran rivendica un trattamento umano e protocollare, lei avrebbe lamentato una condizione vergognosa, in una cella dove non esisterebbe nemmeno un giaciglio.
Perché la Sala si trovava nella capitale persiana? Ci dicono, per lavorare ad alcune nuove puntate del podcast Stories, dopo aver già raccontato alcune storie sul patriarcato e la repressione del dissenso nel Paese.
Ricapitoliamo: l’Italia arresta un informatico iraniano su mandato degli Stati Uniti (nel momento agonico dell’amministrazione Biden); tre giorni dopo l’Iran replica appellandosi alle proprie leggi teocratiche.
E’ normale si levino ondate di sdegno per la apparente rivalsa di quel paese contro le decisioni italiane, ma…c’è di mezzo quel particolare, che il nostro paese ha agito su direttive americane.
In questa, come in altre torsioni geopolitiche, buon senso vorrebbe fosse raccomandata la massima prudenza a chi viaggia per lavoro, e anche per turismo; soprattutto se, come nel caso di Sala, decide di titillare il presunto patriarcato di un paese che ha impostato le proprie politiche su base teologica e questa realtà è ben conosciuta; e, di più, ha in corso un braccio di ferro datato, e oggi rinfocolato, con l’amministrazione a stelle e strisce.
Siamo da sempre grati ai professionisti dell’informazione o del volontariato per il loro impegno, ma non vogliamo sacrifici personali, che costano in termini umani ed economici e in fondo ormai poco rendono, se ideologici o donchisciotteschi.
Pensiamo ai nostri problemi, ne abbiamo ben donde.
Carmen Gueye