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Sanità. Cartabellotta (GIMBE): “Sanità non funziona e personale sempre più demotivato. Hanno tagliato 25 miliardi. Il rischio è che non avremo più chi ci cura”

“Se avessi potuto fare una domanda alla premier Meloni durante la sua conferenza stampa di ieri, sicuramente le avrei chiesto se ci sono le condizioni per poter riavviare un progressivo rilanciamento della sanità pubblica e delle relative riforme in grado di restituire al Servizio Sanitario Nazionale la sua prerogativa che è quella di tutelare il diritto alla salute. Il problema è che la Premier parla di più soldi per la sanità ma manca di una visione per il futuro”.

A dichiararlo è stato Nino Cartabellotta, Presidente GIMBE, ai microfoni di Radio Cusano. Intervenuto durante la trasmissione ‘5 Notizie’ condotta da Gianluca Fabi si è espresso a proposito della crisi complessiva della sanità nazionale.

Successivamente, in merito all’audizione della sua fondazione svoltasi alla Commissione Affari della Camera, Nino Cartabellotta, ha commentato: “L’obiettivo di questa audizione alla Camera era documentare il fatto che i continui tagli alla sanità di questi anni sono perlopiù stati assorbiti dal personale sanitario, in particolare quello dipendente. Bisogna far capire ai cittadini che se la sanità nella loro regione non funziona è perché c’è un problema strutturale di carenza del personale, che è sempre più demotivato. Dal 2012 a oggi sono stati progressivamente tagliati 25 miliardi di euro a loro destinati se si smette di rendere attrattiva la professione, i nostri medici se ne andranno sempre più all’estero e i nuovi medici smetteranno di iscriversi: alla fine non avremo più chi ci cura”.

Il Presidente del GIMBE ha poi terminato il proprio intervento analizzando le motivazioni di un SSN sempre più scadente: “Quello che mi preoccupa di più-ha sottolineato- è il comportamento dei nuovi medici. Il servizio sanitario è sempre più orientato sulla base delle liste d’attesa, e quindi sulla mera erogazione delle prestazioni. I medici, soprattutto quelli più giovani, si stanno abituando a questo modo di fare. Smettono di pensare alla cura del paziente e alla tutela dei suoi diritti e si concentrano sull’erogazione delle prestazioni, che è quello che predilige il sistema privato. Questo è ciò che vuole il modello orientato al libero mercato, ma un medico deve pensare alla cura dei propri pazienti non a erogare servizi. Oggi infatti sempre meno medici sono disposti a intraprendere delle specialità come quella del Pronto Soccorso, perché non sono attrattive per loro che sono orientati alla carriera nel privato. Bisogna ridare dignità a questi percorsi perché sono quelli di cui ha bisogno il servizio pubblico”.