“A volte è meglio tacere e sembrare stupidi che aprir bocca e togliere ogni dubbio“, diceva Oscar Wilde. E forse la lezione non è stata ancora appresa del tutto, specie da personaggi in vista nel mondo del calcio come Gian Piero Gasperini.
Il tecnico di Grugliasco, diventato noto per la sua epopea al Genoa e sbeffeggiato per la brutta parentesi con l’Inter, nel corso degli anni non ha mai smesso di punzecchiare la società che lo ha esonerato dopo le primissime battute della stagione. Primo atto, un’intervista al quotidiano Tuttosport, in vista di Genoa-Inter del 19 gennaio 2014.
«L’Inter ha vinto dopo Calciopoli, approfittando della cosa, magari l’avrebbe fatto lo stesso però è un dato di fatto… Al di fuori di quel periodo, prima e dopo, pur avendo grandissimi giocatori ha avuto qualche difficoltà in più ad ottenere i risultati e questa non è una constatazione ma è storia». A delle dichiarazioni quantomeno riduttive, la società nerazzurra ha risposto prontamente, ricordando al mister piemontese che i nerazzurri hanno vinto molto sia in Italia che in Europa in epoche anche distanti fra loro, non certo solo dopo Calciopoli né solo grazie a Calciopoli.
Pochi mesi dopo, in ottobre sempre del 2014, Gasperini attacca nuovamente i nerazzurri: “La cultura del lavoro l’ho imparata lì (alla Juventus, ndr)…all’Inter quella cultura non l’ho mai trovata“. Una bordata peraltro gratuita, dal momento che si stava parlando dell’abilità della società degli Agnelli di sopportare le continue polemiche, non certo dell’Inter o della sua carriera.
Meno di un anno dopo, dopo una vittoria sul Milan allenato da Pippo Inzaghi, Gasperini ha dichiarato che il suo rammarico “è che non ho avuto tempo di lavorare, la squadra era stata assemblata a fine estate, poi quando è partito il campionato è durato davvero poco. Sono stato giudicato incapace da gente incapace , a Milano ho trovato molta incapacità“. Messa così sembrerebbe quasi che l’Inter abbia sbagliato tutto: volendo ricordare gli acquisti Gasperini, bisogna citare Luc Castaignos, giocatore di grande prospettiva ma che si è perso nel tempo, Ricardo Alvarez, oggi felicemente “relegato” alla Sampdoria, e Diego Forlan, una sola stagione all’Inter prima di girovagare tra Brasile, Uruguay, Giappone e India.
Pur ammettendo che gli acquisti non fossero esclusivamente frutto di desideri di Gasperini, i risultati non salvano il tecnico: prima la sconfitta in Supercoppa Italiana contro il Milan, poi la sconfitta pirotecnica per 4-3 al Barbera di Palermo, la delusione dello 0-1 subito a San Siro contro il Trabzonspor in Champions League, poi uno scialbo 0-0 con la Roma e la definitiva capitolazione contro il Novara, chi riuscì a battere per 3-1 i nerazzurri in Piemonte.
Quest’anno la sua Atalanta lotta chiaramente per un posto in Europa e quindi tra le sue avversarie c’è proprio l’Inter di Pioli, che ha dichiarato di “invidiare la tranquillità” dei bergamaschi. “Pioli ci invidia la spensieratezza? L’unica differenza è che noi tanti obiettivi li abbiamo già raggiunti…” un’altra piccola frecciatina.
Ecco perché nel 7-1 con cui ieri il modesto e umile Pioli ha travolto l’Atalanta c’è la dimostrazione che il lavoro conta più delle parole: da un lato uno che con il dente avvelenato non perde occasione per scaricare le colpe di un progetto fallito addosso a una dirigenza; dall’altro un allenatore che, nonostante la sua panchina sia stata affidata dai giornalisti a Conte, Simeone e chi più ne ha più ne metta, ha messo a segno ben 37 punti in 16 gare, una media che oggi porterebbe i nerazzurri al secondo posto in classifica, dietro solo a una mostruosa Juventus.
Gasperini dice di non aver visto cultura del lavoro all’Inter, quindi le cose sono due; o è stata portata adesso da Pioli, oppure più semplicemente Gasperini non l’ha saputa trovare.
Riccardo Ficara