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Attualità

La legge 194/78: tra la sua effettiva applicazione e le accuse di oscurantismo

La legge che consente l’aborto è intoccabile; ma così dovrebbe essere pure il dibattito bioetico e politico intorno ad essa, senza scadere nelle accuse di oscurantismo e bigottismo medievale

Sulla legge 194, che dal ’78 regola l’interruzione della gravidanza, c’è ancora oggi molta disinformazione; e il dibattito su di essa il più delle volte è polarizzato. Quando non estremizzato. Negli ultimi giorni, ci sono stati tre episodi che, in merito a questo argomento, hanno rintuzzato gli attriti tra i pro-life e i pro-choice, scatenando un vespaio di accese polemiche e critiche da una parte e dall’altra, e arrivando anche allo scontro fisico: la mozione 434 a Verona, l’ultima esternazone del pontefice sul concetto di aborto e l’aggressione ai danni del movimento Universitari Per la Vita poco fuori dalla facoltà di Lettere e Filosofia della Sapienza, a Roma.
C’è un fil rouge che li lega tutti e tre: l’ostruzione politica e intellettuale presente a sinistra e negli ambienti liberal e progressisti; che non è costruttiva, ed anzi si limita a lanciare allarmi su una fantomatica soppressione, o limitazione, del diritto e della libertà di scelta. Quando non è così, e il caso di Verona è esemplare: il 4 ottobre scorso è stata approvata la mozione 434 dal consiglio comunale, che prevede lo stanziamento di fondi per alcuni progetti di supporto economico e psicologico per quelle donne e quelle famiglie che si trovano in difficoltà e che non potrebbero altrimenti permettersi un figlio.

Lo Stato […] riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio

Questa è l’applicazione pedissequa della 194: che prevede la depenalizzazione dell’aborto, ma allo stesso tempo impegna le istituzioni a promuovere iniziative che lo contrastino. O meglio: ad evitare che si ricorra all’interruzione di gravidanza, senza alcuna necessità. Lo stato, finalmente, fa lo stato. E non c’è nulla di medievale o bigotto in questo. Ci sono margini di miglioramento: come una migliore educazione sessuale, senza scadere nel ridicolo danese dove a impartirla sono le prostitute, e anticoncezionali ad un prezzo minore rispetto a quelli attuali; o la sensibilizzazione sulla tematica dell’aborto, piuttosto carente. Però è un passo avanti.
Intanto c’è chi si sobbarca l’onere di informare: sono i militanti dei diversi movimenti pro-life. Certo, per tirar l’acqua al proprio mulino: l’abolizione della 194. Un’utopia, anche perché ci si dimentica di un punto: grazie a questa legge gli aborti vengono eseguiti in condizioni igienico-sanitarie da permettere la salvaguardia dei sanitari e delle donne, che non rischiano la vita come succedeva, invece, prima. E nell’illegalità. Si può, d’altro canto, discutere sulla giustezza di questa scelta, anche nell’ottica religiosa.
Come ha fatto il Vescovo di Roma durante l’ultima Udienza Generale, paragonando l’aborto ad un’assassinio su commissione. Il vespaio di polemiche che ne è seguito è naturale. C’era da aspettarselo; anche se certe esternazioni rasentano l’imbarazzo: come l’accusa rivolta al pontefice di voler imporre in Italia la propria visione del mondo, obbligando le donne a non abortire. E di restaurare una monarchia teocratica e cattolica su tutta la nostra penisola. I bei tempi d’oro del Medioevo (che, come epoca, tanto male non era).

“I medici hanno il dovere di rispondere a principi deontologici e alla legge, non certo ad ideologie culturali, né tantomeno religiose”, Andrea Filippi, segretario nazionale della Fp Cgil medici

Tocca prendere le difese di Bergoglio: il messaggio e i toni poco ortodossi rientrano perfettamente nel suo ruolo. Per un motivo molto semplice, è il ministro di Dio per antonomasia – per chi ci crede – e i suoi discorsi sono, o dovrebbero, essere sempre improntati nell’ottica della teologia e della dottrina sociale cattolica. Non potrebbe pensarla diversamente: con l’aborto si elimina il feto e il futuro nascituro; è una violazione del quinto comandamento: non uccidere. Sarebbe curioso se dicesse il contrario. Non vuole imporre nulla a nessuno, parlava alla comunità cattolica in un momento di catechesi; l’Italia progressista e anticlericale può dormire sonni tranquilli: è immune al potere papale.
Un discorso analogo lo si potrebbe rivolgere ai militanti del collettivo universitario Link, che nei giorni scorsi avrebbero aggredito fuori dalla facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università La Sapienza di Roma alcuni attivisti del movimento Universitari Per la Vita, durante un banchetto informativo. Sulla pagina Facebook del collettivo, lo si ricordi, democratico e antifascista è stato pubblicato contestualmente un comunicato in merito alla presenza di gruppi pro-life all’interno dell’ateneo. Il titolo è eloquente: “fuori il bigottismo dall’università“.

“Come studenti pensiamo che l’università […] debba avere un ruolo centrale nel combattere la propaganda retrograda, conservatrice e fascista. […] è necessario lottare per compiere dei passi in avanti, a partire dall’abolizione dell’art.9 della stessa, relativo all’obiezione di coscienza

C’è un problema, anzi più di uno ad essere pignoli: come si è detto poco sopra, questi movimenti pro-life nell’informare tendono – e ci mancherebbe – a mostrare la situazione con i loro occhi; anche in maniera piuttosto politicamente scorretta, esibendo piccoli modellini di feti per sensibilizzare. O inorridire, a seconda dei casi. Ma la violenza, fisica o verbale poco importa, di sicuro non designa chi la compie come un allegro e gioviale compagno di merende. Anzi.
Si passa automaticamente dalla parte del torto. Quello in cui solitamente loro stessi inseriscono i fascisti; che non sono soltanto le camicie nere, CasaPound o Forza Nuova, in breve quelli brutti e cattivi, ma pure chi non la pensa direttamente come loro. Non è un atteggiamento propriamente democratico. Chiude a priori la porta al dialogo: che non significa convincere l’altro a pensarla diversamente; ma confrontarsi e scambiarsi opinioni, civilmente. Pure se sono medievali, bigotte e antimoderne come quelle per cui la vita è sacra. Non c’è pseudo paradosso della tolleranza di Karl Popper che tenga.
Alessandro Soldà