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Renzi e il Sindaco d’Italia: l’ovvietà fatta proposta

Matteo Renzi, ex-Presidente del Consiglio e leader di Italia Viva, è tornato alla ribalta nelle ultime ore sia per aver dato vita a uno scontro durissimo con Giuseppe Conte e il Movimento 5 Stelle – tanto da ipotizzare una crisi di Governo – sia per aver rilanciato l’idea dell’elezione diretta del Capo di Governo, col metodo del “Sindaco d’Italia“.

La prima osservazione da fare, in risposta a chi dice che è una proposta storica della Destra e che Renzi ha copiato il Centrodestra, è che l’elezione diretta del Capo dello Stato è completamente diversa dall’elezione diretta del Capo di Governo. Se sulla prima si può concordare, purché si studi un metodo elettorale che sia oggettivamente plausibile, la seconda è invece criticabile in diversi punti, che vanno al di là della mera critica politica contro Renzi, che anzi su questo punto ha sempre dimostrato un certo riformismo.

Nell’attuale ordinamento costituzionale, infatti, il Presidente della Repubblica viene eletto dal Parlamento di norma ogni 7 anni ed è poi il Presidente della Repubblica a dare l’incarico a un leader politico dei partiti di “maggioranza” o a un tecnico in casi di crisi parlamentare per formare un Governo, che poi riceve il mandato una volta superata la prova della “fiducia” alla Camera e al Senato. La proposta della Destra, invece, sta nell’eleggere tramite una consultazione popolare – e non parlamentare – il Presidente della Repubblica, lasciando invece sostanzialmente invariato il modus operandi per quanto riguarda il Presidente del Consiglio, visto che non ci può essere alcuna riforma di quella figura senza passare da una modifica della legge elettorale.

La seconda osservazione – che poi sarebbe il motivo per il quale la proposta di Renzi è fallace – è che il problema della “certezza” del Capo di Governo non si porrebbe in un sistema elettorale di impianto maggioritario puro, il cosiddetto metodo “all’inglese“, ma nemmeno con l’italianissimo e praticissimo Mattarellum, un sistema misto di maggioritario e proporzionale, che veda però – al contrario del renziano Rosatellum – una prevalenza di collegi uninominali rispetto ai seggi distribuiti su base proporzionale.

Terza osservazione: sicuramente Renzi sta proponendo il metodo del “Sindaco d’Italia” per motivi ideologici e concreti, d’altronde fu una delle sue prime proposte politiche sin dal 2012. Fa molto sorridere però che quest’idea emerga così concretamente solo dopo un accenno di crisi di Governo, con ogni sondaggio a condannare Italia Viva, relegata sotto la soglia di sbarramento del 5%. Diceva Andreotti che a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca, evidentemente anche qui non pensare che ci sia un motivo di sopravvivenza politica di “Matteone nostro” è difficile.

In conclusione, non è sbagliato pensare – anche alla luce del referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari – che sia più opportuno valutare un sistema elettorale che argini la prospettiva di un parlamento di 600 persone elette solo su base proporzionale senza preferenze. Una volta risolto questo e una volta definiti in modo chiaro i campi d’azione, ovvero chi fa parte della “destra” e chi della “sinistra”, il Sindaco d’Italia si applicherà di per sé.

Riccardo Ficara Pigini