Adelante Pedro, con juicio: con questa formula, che sa un pochino di ossimoro, il governatore Ferrer, di manzoniana memoria, invitava il proprio cocchiere ad avanzare nella folla, con la debita prudenza.
Va detto che Manzoni di prudenza era un esperto e che la figura di Don Abbondio è quella che, nel suo immortale romanzo, pare assumere il più evidente sapore autobiografico. Tuttavia, oltre alla prudenza, dalle parole di Ferrer traspare, sia pure in maniera velata, anche un altro sentimento: l’ipocrisia. Il governatore ha paura della folla, delle sue reazioni inconsulte, dell’esasperazione, perciò, simulando un’assoluta benevolenza, si lascia acclamare, ma, dentro di sé, rimane sulla difensiva.
Ecco, certi atteggiamenti di questi giorni, riferiti all’interminabile vicenda del coronavirus, mi rammentano da presso Ferrer e la sua filosofia. Bergamo, da diversi giorni ormai, è zona gialla: anzi, zona giallissima, giacché il numero dei contagi, rispetto alla popolazione provinciale, che è più del doppio di quella trentina, oscilla tra i sedici e i centocinquanta, con balzi e rimbalzi piuttosto incomprensibili. Di questi, il numero degli ospedalizzati è prossimo allo zero.
Insomma, si tratta di numeri che, se fossero riferiti a qualunque altra malattia, varrebbero un’alzata di spalle. Dunque, i bergamaschi, dopo avere subito più di ogni altro l’infuriare pandemico, pare abbiano sviluppato un’immunità superiore, rispetto ad altre province meno colpite. Tuttavia, sembrerebbe anche che a questa immunità non corrisponda un’uguale saggezza, almeno secondo i nostri governanti: pensate che, in questo fine settimana, i ragazzi orobici si sono affollati nelle strade del centro, hanno bevuto, hanno scherzato, hanno tampinato le belle fanciulle o i bei fanciulli, ad libitum. Insomma, si sono comportati come se il covid non ci fosse più o quasi.
Immediatamente, sono partiti i rimbrotti, gli anatemi e, soprattutto, le oscure profezie: irresponsabili, non hanno imparato nulla, vedrete che impennata nei contagi! Può essere che queste Cassandre del virus abbiano ragione e che permettere alla gente di uscire, finalmente, di casa e di avere una parvenza di vita normale non significhi che la gente medesima, poi, lo possa davvero fare. Tuttavia, la mia riflessione settimanale è un’altra. Durante la prima guerra mondiale, dopo tutta una serie di pie illusioni circa la fine del conflitto, puntualmente smentite da stragi sempre più colossali, tra i soldati si diffuse una particolare forma di depressione: molti di loro maturarono la convinzione che la guerra potesse non finire mai, che esistesse una sorta di ur-guerra, di guerra perenne.
Insomma, le speranze di pace deluse uccisero la speranza, lasciando posto a un fatalismo irrimediabile: si andava a morire con la convinzione che, prima o poi, sarebbe toccato a tutti, e che il tritacarne non si sarebbe mai fermato. Ecco, ho paura che stia accadendo qualcosa di simile per questa pandemia: che si stia formando l’idea dell’ur-covid, della minaccia infinita.
Per questo, ogni volta che le persone cercano di riappropriarsi della propria esistenza, scattano minacce e foschi vaticini: per questo vengono alimentate ataviche paure. Capisco i virologi, i quali, ormai adusi a ricchissime prebende, a notorietà e autorevolezza, siano alquanto renitenti a tornarsene in corsia a fare il proprio lavoro, senza riflettori e telecamere: ma gli altri? Questo terrorizzare la popolazione, bacchettandola se, in un sabato di zona gialla si comporta come previsto dalla zona gialla, che senso ha?
L’unica risposta che mi viene è che si voglia invigliacchire definitivamente il popolo italiano, illudendolo che la morte si possa sconfiggere con la prudenza: spiace comunicare al popolo che la morte non si sconfigge.
Che si muore ancora, per mille cause, come si è sempre fatto. E, dunque, credo che, prima o poi, bisognerà confessare che la diffusione zero del virus non si otterrà mai, come per tutti gli altri virus, e dovremo imparare a convivere con il covid19.
E a contrapporre al tremebondo juicio di Ferrer un pochettino di coraje.
Dunque, adelante pueblo, con coraje!
Mica siamo tutti Don Abbondio…
Marco Cimmino