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Attualità Politica Un bergamasco in Rendena

Il dramma di Gaza e l’italico tifo da stadio

Mentre a Gaza si muore, verrebbe da dire, in Italia si fa il tifo. E’ la versione drammaticamente attuale del celebre detto: dum Romae consulitur, iam Saguntum summa vi oppugnabatur.

Intendiamoci, non che noialtri Italiani, che abbiamo dimostrato le millanta volte di non contare una cippa nei giochi mediterranei, possiamo fare granché, in questo cupo scenario di guerra e di morte: tuttavia, almeno una cosa sarebbe alla nostra portata, senza grandi sforzi, ovverosia piantarla con le nostre solite sparacchiate da stadio.

Ogni volta che accade qualcosa, ogni volta che la cronaca ci offre la possibilità di dividerci su opposti fronti, noi ci dividiamo: ci aggreghiamo come pecore matte, ci avvolgiamo in questa o quella bandiera, senza riflettere, senza neppure esitare. Siamo un popolo di cretini cognitivi: di contradaioli patetici. Così, sui social, che, ormai, sono il termometro dell’italica virtù, gli Italiani si schierano, del tutto a casaccio: morte a Israele, viva Hamas, libertà per la Palestina, viva Israele, fanculo i Palestinesi, morte ai terroristi!

Verrebbe da dire: decidetevi! Ma sarebbe un commento flaccido: decidetevi su che basi? Che ne sapete, partigiani dell’uno e dell’altro, di Hertz e del Gran Muftì, di Dayan e di Arafat? E del Regno di Giuda e della Palestina ottocentesca e di Sykes e di Picot? Ve lo dico io: niente. Non ne sapete niente, perché, altrimenti, non vi esibireste in questa ridicola gara a chi urla più forte. Chi un pochino conosce la storia di quelle terre sfortunate si esprime con molta prudenza: distribuisce torto e ragione col cucchiaino.

Perché gli uni e gli altri hanno torto e ragione: non si tratta di dare una versione storica pilatesca, ma di cercare di tener conto di tutti i fattori in campo. Anzi, di un buon numero di fattori, giacché elencarli tutti sarebbe impresa quasi impossibile. Certamente, non se ne uscirà risalendo nel tempo a chi, per primo, ha abitato quei luoghi: glisso sul fatto che il popolo palestinese è un’invenzione moderna, ma anche gli antichi abitanti dei regni di Giuda e Israele hanno pochissimo a che vedere con i coloni Ashkenaziti che hanno creato lo stato moderno di Israele. Non è questa la soluzione.

E nemmeno lo è l’idea che Israele abbia ragione a prescindere per via della Shoah, che sarebbe una sorta di salvacondotto morale. Certo, da decenni è in corso una guerra asimmetrica, con le tipiche caratteristiche di questo tipo di conflitto: da una parte un’imponente forza militare e, dall’altra, una strategia terroristica. Ma nemmeno stabilire chi attacca e chi si difende è così semplice.

E’ complicato perfino comprendere chi siano i veri contendenti in campo: è ovvio che i Palestinesi sono vittime tanto di Israele quanto di Hamas, che se ne fa scudo per i propri giochi di potere. E dunque? Dunque, la sola soluzione mi pare essere quella della creazione di uno stato palestinese, che permetta a questo popolo/non popolo di avere una rappresentanza diplomatica e una credibilità internazionale e che lo liberi dall’ingombrante protezione delle fazioni islamiste.

A questo punto, dovrebbe intervenire l’ONU e avviare un processo di normalizzazione dell’area e di creazione di uno stato sovrano palestinese. Ma l’Onu non conta più niente: non ha più alcuna autorevolezza né autorità. Così, probabilmente, gli Israeliani sfrutteranno questa ennesima crisi per conquistare Gaza con le loro forze di terra. Questo scatenerà gli arabi che vivono in Israele e, forse, produrrà una drammatica guerra interna. Insomma, le cose possono solo peggiorare.

Ecco, ora che lo sapete, potere pure riprendere a tifare su Facebook.

Marco Cimmino