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Attualità Cultura Politica Un bergamasco in Rendena

All’armi cittadini, imbracciamo l’informacija!

Aux armes les citoyens: c’è una guerra in corso. E la stiamo perdendo.

In tanti anni di scribacchiamento, ho inflitto ai miei quattro lettori, infinite volte, l’annoso tema del rapporto della destra con la cultura: adesso, però, che ci sono al confine le divisioni corazzate del nemico, bisogna che le mie parole si facciano più stringenti. E che le orecchie di chi mi ascolta siano più pronte.

Forse non ve ne siete accorti, ma la guerra è davvero cominciata: una guerra meno clamorosa di quella combattuta in passato, ma forse più subdola, che ciò che rimane di certa sinistra ha dichiarato a chi dissenta dalla sua pietosa Weltanschauung. Sconfitti dalla storia, questi dinosauri dell’antifascismo si vendicano distruggendo la storia: azzerandone i presupposti, falsificandone le fonti e irretendone gli studenti.

Le sparate di Montanari e la controbatteria di rincalzo di Barbero non sono affatto delle parentesi di confusione mentale: sono, piuttosto, segnali di fumo, scolte d’avanscoperta, prima della battaglia.

La sinistra, a differenza della destra, organizza capillarmente la propria logistica: studia, prepara, dissimula. E, quando ritenga che sia giunto il momento, colpisce: mai a caso, mai per caso.

Così, in questo momento storico, in cui, in Italia, sembra davvero che si sia creato un pauroso vuoto politico, tra quelli che dovrebbero essere gli eredi del PCI e che, invece, sono una sorta di coacervo gorgogliante, in cui le istanze mondialiste e quelle turboliberali si intrecciano, senza degnare di un’occhiata la devastazione sociale in cui stiamo affondando, l’unica difesa possibile pare essere l’attacco.

Attacco violento, spregiudicato, ad alcuni che sono i monumenti storici e antropologici dell’anticomunismo. E gli assaltatori sono uomini di cultura: della cultura spicciola e sorridente che va in televisione e che è, quindi, particolarmente cara e suadente, per la grande, amorfa, zona grigia che in Italia fa ancora la differenza.

Alonati della gloria catodica, questi abilissimi agit-prop abbandonano le atmosfere rarefatte degli atenei e dei rettorati, per scagliarsi contro la storiografia non compiacente, con veemenza sanculotta: e fanno danni enormi a quel faticosissimo processo di reciproco riconoscimento che ci stava traghettando fuori dall’UR-Resistenza, dalla guerra civile permanente. E i piccoli maestri generano piccoli studenti: l’episodio ripugnante della profanazione dei loculi dei caduti della RSI ne è semplicemente la boa segnalatrice. Nel profondo, matura una campagna ben più articolata.

E, siccome non si risponde alla dizinformacija con le chiavi inglesi, ma con l’informacija, logica e buon senso vorrebbero che la destra, invece di protestare in modo un tantino ecolalico e vano, si attrezzasse alla guerra: imparasse dai propri errori e dalla strategia dell’avversario. E che, finalmente, capisse che la cultura, ossia gli uomini di cultura, liberi, indipendenti, preparati, sono l’arma per combatterla e vincerla. Non ne abbiamo altre, a meno che non si voglia regredire fino al muro contro muro.

Ma bisogna sbrigarsi a capire lo scenario e a mettere in campo le contromisure. Perché andrà sempre peggio: più la sinistra procederà nella sua crisi autoannientante, più cercherà nemici contro cui resistere, che le permettano un’aggregazione, una conventio ad pugnandum.

Inventandoseli, se necessario. E quei nemici siamo noi, casomai non lo aveste capito.

Marco Cimmino