Errare è umano. Per carità, tutti sbagliamo e nessuno di noi, intendo di noi che campiamo scrivendo, è immune da qualche menda, da qualche marachella, da qualche svarione: può succedere. A volte si è stanchi, altre volte si è distratti da pensieri molesti ed ossedenti o, ancora, semplicemente le dita corrono sulla tastiera senza che il pensiero, gravemente, sovrintenda alla loro corsa.
Tuttavia, esistono limiti il cui valico induce a pensare che vi sia un vizio di fondo: per capirci, un errore ci sta, ma dieci errori diventano un dato statistico. Sicchè, la recrudescenza di bestialità grammaticali, morfosintattiche, lessicali, ortografiche, che fioriscono sui giornali o alla televisione, non si limita ad allarmarci, ma ci convince che stiamo percorrendo una china pericolosa. Perlomeno per la cultura. L’idea che, con assoluta disinvoltura, su Rete4 compaia un sottopancia in cui si postuli che il caso Morisi SQUOTA la Lega o che, sul Corrierone, una sprovveduta giornalista sia convinta che l’isola di Sant’Elena, quella di Napoleone, si trovi in Italia, in altri tempi avrebbe causato gastriti a ripetizione. Ma non all’Accademia dei Lincei: anche solo tra i lettori de “La settimana enigmistica”.
Oggi, invece, ci limitiamo a farci una risata su: anzi, qualcuno difende i somari, dicendo che, probabilmente, si tratta di stagisti sottopagati e sotto continua pressione. E con questo? Vi risulta che Salgari scrivesse in un resort in val Pusteria, sorseggiando champagne? Gli articoli di Emilio Praga non venivano elaborati sullo strapuntino di una Bentley.
Poche storie: l’ignoranza è ignoranza. E, quando si tratti di ignoranza crassa, questa va censurata, senza pensarci su. Piuttosto, varrebbe la pena di chiedersi dove stiamo andando, se perfino in contesti che dovrebbero essere al di sopra di ogni sospetto si verificano casi clamorosi di analfabetismo funzionale. Ma la scuola e l’università sono troppo prese da questioni di lana caprina per occuparsi di cultura: LGBT, riscaldamento globale, inclusione, rating.
Quando, poi, a commettere errori marchiani sono proprio i pezzi da novanta della nostra cultura accademica, ti cadono le braccia. E rimpiangi i banchi a ribaltina e il calamaio.
Sarebbe comico, se non ci fossero in ballo i nostri figli, che rischiano di crescere in un mondo più povero, più limitato e più lacunoso.
Magari, pensateci.
Marco Cimmino