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Il Post-It di Marco Vannucci: Cara Preside…

Cara Preside,

Non mi stupisce la sua dichiarata militanza antifascista, sta scritto pure sulla Costituzione e lei ha il diritto-dovere di seguirla alla lettera, però quel che non la onora è la ragione critica della storia. Lacunosa, a dire il vero. Inammissibile per una laureata la quale si onora, in questo caso si, d’essere la Preside di un liceo fiorentino. Nella sua lettera aperta lei scrive, Preside, come il fascismo sia nato in un marciapiede comune. Voglio credere che abbia usato una metafora poiché il fascismo casomai fu fondato (per nascita s’intende una creatura, cara Preside, al meno che pure l’italiano, oltre la storia, sia un optional nel suo liceo). Il fascismo gettò le sue basi in uno stabile di Piazza San Sepolcro a Milano, correva l’anno 1919.

Non “nacque” con un’adunata, cara Preside, questo l’avrà letto in qualche libro di storia rivoltata. Mi spiace contraddirla, non andò così. Tramite la sua missiva, Preside, mi ha riportato indietro con la memoria, ovvero al tempo del mio liceo. Le svelo un piccolo segreto: je parle et j’écris le français comme en italien, oggi come ieri, grazie ad una petite femme conosciuta in Piazza dei Miracoli a Pisa con la quale, intuirà bene, parlavo e scrivevo nella sua lingua. Malgrado sapessi la lingua d’oltralpe come e meglio della mia prof, ahimé, non andavo oltre ad un 6 in ogni interrogazione. Eh, benedetta prof, ricordo bene quando sostava all’ingresso dell’istituto intenta al volantinaggio per Potere Operaio! Un sorriso compiacente verso chi ritirava il suo volantino, una malevola smorfia contro chi passava oltre.

Al sottoscritto toccava sempre la smorfia, insieme al 6 meno meno. Pur nonostante mai mi sarei sognato d’interrompere il volantinaggio della prof, e men che meno il chiedere se fosse autorizzata o non, seppure i volantini distribuiti non fossero di mio gradimento dal tanto erano intrisi d’odio. Questo lo ricordo bene. Altri tempi, cara Preside, tempi rossi dove uccidere un fascista non era un reato.

Dopo l’avere appreso della sua lettera aperta, Preside, sinceramente mi terrorizza il pensiero del come potrebbe giudicare coloro di un’idea diversa dalla sua, per questo mi ricorda la prof-compagna di francese e la sfilza dei 6 meno meno, non me vorrà per questo. Piuttosto mi permetto un appunto sulla storia, Preside, lungi da me salire sul pulpito del sapere assoluto, probabilmente abbiamo studiato su libri diversi oppure, per la pignoleria che da sempre m’accompagna, non mi fermavo ai soli testi scolastici e per i quotidiani non cercavo l’Unità e nemmeno Il Manifesto. Ma studiavo, poiché il limite della conoscenza è la “finitudine” e la pluralità del “io” non è mai assoluta perché confina con la pluralità degli altri. Lo scrisse Immanuel Kant, Preside, non vorrei cadesse dal pero come l’Eccellenza descritto da Giuseppe Giusti nella sua Sant’Ambrogio.

La storia narra del come il solito giorno in cui fu fondato il partito comunista italiano, i compagni, tornando da Livorno ebbero la bella idea di sostare ad Empoli commettendo una strage. Racconta pure di come sopra un marciapiede, nella stessa città dove lei è Preside, fu aggredito Giovanni Berta. Era un semplice operaio. Fu gettato in Arno dal Ponte di Santa Trinità. Giovanni Berta riuscì ad appigliarsi alla struttura, quando lo ripescarono videro le sue mani entrambe schiacciate dagli scarponi degli assassini comunisti. Sopra un altro marciapiede, Preside, fu aggredito Sergio Ramelli. Sicuramente quest’ultima storia, come le altre citate, non le avrà studiate.

Quanti marciapiedi, eh Preside? Non le farò una colpa per questo, soltanto sappia ne esistono a migliaia di eguali e tutti con la solita matrice. Vede, Preside, non mi è mai piaciuto e continua nel non piacermi il giochino del “mio ha fatto meno morti del tuo”, errori e soprusi ci sono stati da ambo le parti e nessuno può dichiararsi vergine, però la storia andrebbe conosciuta ed i violenti neri, che ci furono, io li condanno senza mezzi termini. Abbia pazienza, ho studiato Giovanni Gentile e non un esaltato come Farinacci. Lei potrebbe affermare la stessa cosa?

Marco Vannucci