Questa benedetta giovinezza è la miglior condizione di una vita, anzi, per parlare alla Alessandro Greco, del nostro “sistema biologico di riferimento”? Quante folate squassano il percorso in questo agrodolce periodo, quando si dovrebbe essere virgulti pieni di rugiada che sbocciano al sole; e la vita, o cattivi maestri, o la sfortuna, spingono in prima linea senza ancora scudo ed elmetto.
E’ durante l’adolescenza che si formano i nostri convincimenti o, per ragionarla alla Bertrand Russell, emerge ciò che veramente siamo e sviluppiamo sostanzialmente tra i venti e i trent’anni, per poi dispiegarlo nell’età adulta e oltre, quando è possibile.
Nondimeno lo sviluppo e l’elaborazione dei dati che pervengono, con sempre maggiore velocità, a una mente vergine, vengono costantemente fucilati ai fianchi dalla manipolazione, che già negli anni settanta era feroce e ideologica, mentre svaniva il controllo sull’ordinato vivere civile da parte della religione.
La vita dei boomers è stata una carrellata interessante, nessun dubbio su questo. Abbiamo assistito al ribaltamento di un mondo: dalle atmosfere rurali con l’illuminazione a olio, e l’acqua attinta alle fontane, alla cybervita. Ma anche noi accusiamo, dalle successive generazioni, un distacco di anni luce e la lente che usiamo non basta più.
Oggi contiamo le vittime sul campo delle gioventù posteriori alle nostre, che la prospettiva degli anni già trascorsi non sta illuminando di maggiore giustizia. Una nebbia fitta ricopre anche il più volenteroso tentativo di cercare una verità su tre nomi pescati tra i più controversi: Carlo Giuliani, Vittorio Arrigoni e Giulio Regeni. Il primo fu santificato o demonizzato come simbolo rivelatosi di debole tenuta; gli altri due, rimasero a lungo inchiodati a belle figurine da mettere come immagine del profilo social e scriverci “Io sono…”, un vezzo ormai passato di moda, come da diktat dei piani superiori.
Partiamo da Carlo, nato a Roma nel 1978, figlio di un sindacalista CGIL, oggi definito attivista e animalista, secondo i canoni WIKI che si sono consolidati partendo da un’etichetta: chissà come si considererebbe oggi egli stesso, allora certamente giovanotto di ventura. Uscito dalla sua abitazione genovese il 20 luglio 2001, dicono, per andare al mare, deviò poi per dove avrebbe potuto alzare un po’ di polvere: non sembrava consapevole di ciò che lo aspettava, Carlo, falso antieroe per fatti mal raccontati.
Il brianzolo Vittorio, classe 1975, figlio dell’operosa piccola borghesia locale, riempì la sua breve vita di un cumulo di attività sufficiente per altre quattro almeno, e di lui si può parlare quale attivista: ovviamente fecondo in una cintura estrema, che trovava usbergo a sinistra della sinistra, ma sempre sul pezzo e sul campo. Da ultimo operava nella striscia di Gaza. Secondo la vulgata, il 14 aprile 2011, fu rapito all’uscita dalla palestra e il resto è un caleidoscopio dove troppi colori accecano. Supportato dal governo Prodi nel 2006, in seguito aveva continuato a esporsi, privo di copertura politica: contrario al “solito” imperialismo ma ucciso da estremisti palestinesi, frange impazzite, dicono, non si sa a che titolo e a che pro. Arrivarono condanne ad alcuni responsabili, dopo che la salma fu riportata in Italia transitando, per volontà della famiglia, dall’Egitto.
Nel paese delle piramidi diventa drammaticamente nota la breve esistenza di Giulio Regeni. Friulano del 1988, studi e riconoscimenti internazionali, professione ricercatore esperto di medio oriente, il 25 gennaio 2016 si trova al Cairo e si appresta a recarsi a una festa di compleanno, dopo aver salutato con un sms la fidanzata in Ucraina. Viene ritrovato morto il 3 febbraio in periferia, il corpo devastato da torture e mutilazioni. Il rimpallo di responsabilità tra Italia ed Egitto rasenta la rottura diplomatica, ma tutto viene impastoiato nelle polemiche di decupla matrice, ognuno volendo trovare nel giovane e bel Giulio (somigliante a Keanu Reeves) la star che cerca e deve sbattere in faccia a chi gli serve.
Eseguite addizioni di pareri, moltiplicazioni di punti di vista e divisioni di opinioni, sottraendo la tara della politicizzazione, esce solo un romanzo criminale. La verità è che non ci abbiamo capito nulla, perché nulla dobbiamo capire; e questa eredità immorale è stata trasmessa dalla meglio gioventù, la stessa di Giuliana Sgrena e Nicola Calipari, diversamente vittime di intrighi internazionali che paiono creati per far spargere oceani d’inchiostro e consumare tastiere.
Carmen Gueye