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Lady D, il suo essere costantemente “In progress”

L’altra tesi. Nel ventennale dalla sua morte televisioni, giornali e rete fecero a gara a commemorare Lady D, ma con testimoni in massima parte inglesi; seppure questi augusti commentatori vogliano apparire imparziali, esplosivi o irriverenti, non diranno mai nulla contro la vigente monarchia britannica.

Tuttavia alcune vicende, riviste dopo anni, rimangono sconcertanti. Si riveda Carlo che fa battute improbabili. Alla presentazione della fidanzata: “ci amiamo, qualunque cosa si intenda per amore“; a Brisbane “sarebbe meglio avere due mogli, così potrebbero salutare entrambe le ali della folla“. Sembrano sortite, più che da principe, da ragazzino stizzito. E corre sempre tensione tra i due, una sensazione che passa lo schermo.

Lady D aveva raggiunto la sua maturazione umana, e specificatamente femminile, in costanza di matrimonio e andava scoprendo se stessa, trovando strade che potevano interessarle; aveva approfondito aspetti del suo paese, fino a quel momento nascosti dal velo della sua posizione.

La forza della Gran Bretagna risiedeva nei suoi cittadini, nella gente semplice e laboriosa, che aveva sofferto miseria ed emigrazione, non certo nell’aristocrazia della caccia alla volpe. Come avrebbe potuto, lei, esprimere questi concetti senza essere fraintesa? E infatti lo fu. La propaganda avversa irrise alle sue pretese da “influencer”.

L’istituto monarchico, nel frattempo, ha perso molto fascino, ma rimane iconico, sforna sempre visi nuovi e accattivanti adatti ad attirare l’attenzione popolare e, checché auspicasse la povera defunta, al popolo si è avvicinato poco o punto. La distanza dai comuni mortali è siderale, anche se si apprezza la buona volontà di Kate col vestitino di Zara e il principe Harry con la sposa dalla pelle ambrata.

Le contraddizioni dei servizi e delle fiction, passati sotto i nostri occhi in questi anni, sono così numerose, che nemmeno si possono elencare. Evidentemente chi studia o traccia le sceneggiature ha pensato che la relazione con un valente chirurgo andasse enfatizzata, come il male minore per la reputazione della principessa. William ed Harry sono ormai due uomini e si sente dire in giro che, comprensibilmente, non gradiscano che la madre sia dimenticata o dipinta in modo distorto, ma in troppi desiderano compiacerli. Harry è particolarmente ondivago e si è scagliato contro Martin Bashir, che avrebbe intervistato Lady D in modo fraudolento, così screditando l’intelligenza materna: ma forse non ne è consapevole.

O il matrimonio tra Lady D e Carlo è stata solo una sceneggiata, non dissimile da quelle allestite fino pochi anni prima, quando si sposavano rampolli delle monarchie europee; o è stata una moderna storia d’amore, se non altro per lei, mandata in vacca sostanzialmente da lui, che non ha smesso praticamente mai di stare con la storica fidanzata di fatto, Camilla, ora sua moglie, entrambi ascesi al trono. Secondo i pettegoli Carlo non ha brillato per fedeltà nemmeno verso la seconda consorte.

Che poi Lady D (adocchiata e monitorata fin da bambina) fosse immatura, volubile, inaffidabile, è casomai responsabilità di chi l’ha scelta, impedendo al principe di seguire il suo desiderio. Negli anni settanta non erano molte le candidate giovani, di sangue adeguato e possibilmente inglesi, con le carte in regola, che avessero voglia di sposarlo, e il sessantotto aveva allentato i costumi anche tra gli aristocratici: quanta sofferenza in meno per tutti, se lo avessero lasciato libero.

Esistono diverse teorie sulle radici di un complotto ai danni di Lady D, come l’ostilità dei fabbricanti di mine antiuomo, le simpatie per l’IRA, il suo avvicinamento a personaggi cattolici come Madre Teresa; ma sono state scartate come poco probabili e, in ogni caso, si tratterebbe magari di cointeressati, non di protagonisti principali. Lady D era uscita dal programma del MI6, qualcuno dice per scelta, sguarnendo le sue protezioni.

Il 1992 sarà anche stato, a detta di Queen Elizabeth, un “annus horribilis”, ma le coincidenze non finiscono di stupire. Proprio quell’anno i fotografi andarono a pizzicare Sarah Ferguson, moglie del principe Andrea, con i suoi amichetti, mentre Diana e Carlo sembrarono d’accordo, nella loro ultima visita ufficiale in estremo oriente, a circolare distanti e immusoniti, praticamente villani.

Quasi in simultanea uscirono l’intercettazione a luci rosse tra Carlo e Camilla e il libro di Andrew MortonDiana her true story”, dicono dettato da lei. Le separazioni principesche furono quasi contemporanee, con sollievo generale: probabilmente il rammarico di Elisabetta riguardava soprattutto l’incendio al castello di Windsor.

La corsa finale

Come parte il filone complottista più gettonato? Diana deve aver trascurato un aspetto, che in quegli anni era sottaciuto dal nuovo mondo globale: la simpatia che dicevano mostrasse verso l’universo islamico, impersonata da ben due suoi partner.

Negli anni a corte Diana aveva incontrato ogni sorta di notabili, compresi capi di stato e sovrani musulmani. Riscuoteva apprezzamenti, con la sua ritrosia e il rispetto che dimostrava alle usanze dei luoghi. Magari imponeva qualche piccola forzatura (per esempio il capo scoperto), ma risultava sempre gradita; rappresentava un paese amico in affari, ma dava l’impressione di attenzione alle culture diverse.

Sembrava che, in fondo, i compromessi del sistema dominante da lei subiti (e l’anaffettività familiare che tanto l’aveva fatta soffrire), l’avessero spinta a rivalutare terre e personaggi esotici, come accade anche a molti occidentali, allorché ricercano altrove la fuga dalla realtà. Ricordiamo il suo raccoglimento solitario davanti al Taj Mahal.

E che dire del suo ménage matrimoniale? Arrivata pura alle nozze, o almeno al tocco del principe, si era ritrovata in situazione di poligamia senza scampo, quindi la sua fede non era stata affatto premiata. Forse era stata avvicinata con argomenti che avevano fatto breccia? Tra i suoi spasimanti e ammiratori, in mezzo a qualcuno che cercava sesso o fama, ce n’erano magari di ancora più subdoli?

Non pare credibile un suo interesse particolare all’Islam, quanto piuttosto l’allontanamento dalla fede anglicana dei suoi ex parenti, che bollava di grettezza e ipocrisia, nonostante le messe domenicali. Tutto porta a ritenere che cercasse la felicità sotto ogni forma, ma non altrettanto in buona fede potrebbero essere stati i personaggi che frequentava.

La monarchia aveva perso smalto e credibilità; il Regno Unito, in generale, stava scadendo a potenza minore e gli sforzi diplomatici per riportarlo in auge erano strenui (Blair e signora si prostrarono dinanzi ai Clinton). Si doveva dare la stura ai nuovi sistemi finanziari e riportare London City all’attrazione e al carisma di un tempo. L’operazione era iniziata proprio col matrimonio del 1981, un new look nelle intenzioni, ma il colpo era andato a vuoto e ora risultava anche più difficile, con questa dissennata che andava in giro a screditare la corona e magari frequentava arabi per dispetto.

Dal punto di vista dell’immagine, la cosa non stava affatto bene. Diana aveva accettato di portare i figli nelle proprietà degli Al Fayed, Cos’altro ci si doveva aspettare? Ormai era guerra aperta: forza del denaro contro forza della tradizione. E l’aristocrazia inglese non aveva più le redini in mano.

Da perdere, Lady D non aveva nulla; anzi, dal punto di vista patrimoniale, ci avrebbe guadagnato, e poteva contare sull’ appoggio incondizionato di Al Fayed padre. Desiderava anche possedere una casa negli States, da lei molto amati, una a Parigi, immobili che non la tenessero più legata ai Windsor come riferimento; e un domani, magari, un yacht tutto suo dove portare i ragazzi, nonché risorse per le attività che le stavano a cuore (o che lustravano la sua immagine, poco importa).

Seguendo quasi le orme di Jacqueline Kennedy, moglie tradita platealmente, le si presentava l’occasione per dimostrare che, se qualcuno l’aveva disprezzata come donna, altri potevano mettere il mondo ai suoi piedi; aveva sollecitato i fotografi a seguire le sue mosse, quell’estate, promettendo una “novità sensazionale“.

In definitiva, è pensabile che con Dodi lei facesse sul serio. Le prove lo confermerebbero e i “moventi” non mancavano, assecondando la natura della donna.

Le motivazioni di Dodi? Potrebbero non essere fondamentali, ma non si può credere che si prestasse soltanto a una finzione per far ingelosire gli ex di lei. I due si stavano proponendo come coppia; e se le motivazioni non erano quelle di Peynet, non sarebbe stata la prima né l’ultima volta.

Dodi è stato sempre descritto come un mediocre, ma non è mancata qualche voce amica: produttore cinematografico come molti mediorientali (Hollywood fabbrica sogni ma non va avanti con essi, serve molta money), sposatosi (secondo amici) per inganno, credendo la fidanzata incinta e presto divorziato, una natura tranquilla, poco amante del rischio.

Forse babbo lo aveva indotto a mollare le squinzie californiane e lui si stava affezionando, con modi un po’ iperprotettivi, a quella pazzerella tutta da domare o viveva la storia come una sfida. Carlo, dal canto suo, si muoveva sottotraccia, obbligato al basso profilo dalla sua condizione di “concubino”. Pochi giorni prima della vedovanza la televisione lo aveva mostrato mentre passeggiava a Balmoral con i figli ragazzini, in kilt. Come trascorresse il tempo, in genere, non è chiaro, almeno a noi. Impegni ufficiali, quasi niente, ci doveva sempre e ancora pensare quella benedetta donna di sua madre. I cavalli, qualche apparizione e la vicinanza di Camilla dovevano bastargli.

Ma i personaggi “vicini” ai due ex coniugi raccontano della rabbia di Lady D, non sopita e ancora assetata di vendetta; e, dall’altra riva, una certa irritazione da parte di Camilla Parker Bowles, che, divorziata da un pezzo, attendeva il suo turno, sempre più impaziente. Carlo si barcamenava in attesa di momenti migliori, ma la sua compagna gli faceva pressing.

Intanto Diana, irrefrenabile, in un anno si fa vedere in Bosnia e Angola, oltre a mostrarsi freneticamente in pubblico per iniziative benefiche e, ciliegina sulla torta, affranta e affettuosa a Milano, mentre consola l’amico Elton John ai funerali di Gianni Versace, assassinato il 15 luglio 1997. Tra un viaggio e l’altro la principessa scriveva e registrava, per esempio che il marito sarebbe stato contento di vederla morta. Fin qui, nulla di che, accade tra ex. Lei però aggiungeva che Carlo stava manovrando per dare una spintarella in quel senso, architettando un incidente stradale. Questa dichiarazione non è mai stata smentita, pertanto la prendiamo per buona, il che non vuol dire significhi qualcosa. Se Diana era davvero astuta come la descrivono, può averlo insinuato anche solo per gettare fango sul suo ex: il quale, gli va riconosciuto, in questo senso si trovava in posizione di svantaggio, non potendosi abbassare oltre un certo livello di rivalsa.

Questa la situazione al 30 agosto 1997. Dopo una rigenerante vacanza Lady D e Dodi si imbarcano in Sardegna su un volo privato e approdano a Parigi, dove li attende una fitta agenda, l’acquisto dell’anello di fidanzamento e l’affitto di una magione parigina. Le gole profonde insistono che le nozze sono vicine, saranno con rito islamico e quindi lei si convertirà; ha trentasei anni, un’età ancora propizia per la fertilità che, almeno in gioventù, non le difettava, quindi aleggia lo spauracchio di un pargoletto mezzo egiziano. Dodi non ha ancora figli e forse è disposto a ogni mezzo, naturale e non, per averne. I contrari agli Al Fayed, che proprio non riescono a spiegarsi quel bel pancino da terzo/quarto mese di gravidanza ribattono che, al massimo, quello era figlio di Khan. Insomma, di Dodi si deve parlare solo come di una marionetta, che si accolla pure un figlio altrui per chissà quale motivo – questo sì è complottismo – oppure è distratto e non ha notato niente. Dodi inizia a farci simpatia.

Le circostanze, così come emergono dai resoconti, indicherebbero un calo di serenità durante la serata. A causa dei paparazzi? Strano, perché Diana se li era trascinati dietro per tutto il mese di agosto. Ma cambiare programma e uscire dal Ritz avrebbe aggravato il problema, quindi tale decisione appare curiosa (avevano già dormito assieme in barca, nessuno scandalo); né, a far luce, ci ha aiutato papà Mohammed, che pure qualcosa dovrebbe saperne. Nelle riprese interne al Ritz Diana appare spesso sorridente, Dodi teso e preoccupato.

Gli Al Fayed disponevano di autisti già pronti; rimane inspiegato perché si convocò Henry Paul con una sola guardia del corpo, lasciando a casa l’altra.

La Mercedes a noleggio, ci dicono, era impeccabile fuori, ma marcia dentro. L’aveva rubata un galeotto evaso, andandosi a schiantare in un prato, da dove il mezzo era uscito a pezzi, nel 1994; rimessa insieme chissà come, era stata nuovamente rubata e ritrovata in autostrada, priva di alcuni componenti dell’impianto elettrico. Viste le sue condizioni dopo l’Alma, non si poté verificare se fosse stata manomessa, magari infilandovi microfoni o allentando i freni.

Paul forse premette sull’acceleratore su indicazione di Dodi, ma i fotografi conoscevano la loro destinazione e, d’altro verso, potevano essere facilmente seminati, con le loro lambrette. Si scelse il tragitto più contorto, rispetto a un altro più breve. Henry Paul sapeva forse di essere in pericolo?

Dato per certo è il contatto con la Uno bianca. Le videocamere del tunnel, manco a dirlo, erano tutte fuori uso, tranne forse una, ma non sono state mai diffuse eventuali riprese.

Quasi che…

Henry Paul esce dal Ritz, con le berline già pronte e rombanti, in attesa di ospitare i fidanzati e scortarli al nido d’amore; sfotte i fotografi, ridacchia, allude all’imminente comparsa della coppia del momento sulla porta…ma perché? Tutta una scena per dirottare la loro attenzione sulle reali intenzioni dei due fuggitivi, si è sempre detto; una manfrina plateale che un consumato paparazzo conosce bene e ingannerebbe solo un novellino.

Henry il bretone, ottimo autista e non certo lo sfigato sempre dipinto, che dimostra più della sua quarantina, che ne sa tante e forse nasconde qualche segreto, sta forse facendo una richiesta obliqua? Seguiteci, circondateci…

 da Giugenna.com – Un progetto di romanzo su Lady Diana di Giuseppe Genna – “Carlo è l’amante di Camilla Parker Bowles, la quale è sposata con Andrew Parker Bowles, il quale è amante di Anna, la sorella di Carlo. Due fratelli fanno sesso con due coniugi” (casomai, nessuna novità, Carlo prima di sposare Diana andava con la sorella di lei, nda). “…Sulla carrozzeria della Mercedes che ha a bordo Diana vengono rinvenute tracce di vernice dovute a una strisciata, quasi che un’altra automobile abbia deliberatamente o meno toccato la berlina guidata da Henri Paul. La strisciata di vernice chiara è compatibile con un microdanno alla carrozzeria della Uno bianca di James Andanson, che avrebbe dei trascorsi nell’ M16.

Anni dopo, a centinaia di miglia dalla sua residenza verrà ritrovato il cadavere di Andanson, il corpo carbonizzato, chiuso nella Uno bianca a cui sono state date le fiamme. Lo hanno ucciso prima di dare fuoco a tutto, e si sono ritrovati due proiettili in testa. L’utilitaria risulta chiusa, ma non c’è traccia delle chiavi all’interno. Gli intimi di Andanson pensavano che l’uomo si trovasse in un’altra parte della Francia.

Andanson nel tunnel dell’Alma si trovava alla guida della Uno bianca, nella medesima direzione della Mercedes di Diana: le stava davanti, marciando tuttavia a una velocità minore. Tutto lascia intendere che Andanson conoscesse già il percorso alternativo che sorprendentemente Henri Paul avrebbe imboccato.

La Uno bianca scarta verso la Mercedes, che a sua volta si sposta sulla corsia all’estrema sinistra. Le due auto si toccano.

Incredibilmente esplode un abbaglio abnorme, potentissimo, abissale, un colpo di luce accecante. Non è il flash del paparazzo.

Henri Paul è accecato, presumibilmente.

I due motociclisti, che hanno fatto deflagrare quella luce assoluta, accelerano e la Mercedes S-280 sbanda, impatta contro il pilone, carambola, si ferma e l’ululato del clacson, stabile e privo di ritmo, una frequenza assordante, fende l’aria gassosa del tunnel, azionato dalla fronte sfondata dell’uomo che guidava. Tutto è accaduto esattamente come specificato nel piano per eliminare Slobodan Milosevič”.

A parte il fantasy, le stranezze restano. Il bodyguard sopravvissuto, Trevor Rhys Jones, a lungo silente, passato un ventennio ha pubblicato un libro; ribadisce di ricordare ben poco, ma che certamente Paul non era ubriaco, nemmeno alticcio, altrimenti lui neppure sarebbe salito in macchina. L’autopsia ha rilevato monossido di carbonio nei polmoni di Paul, e questo ci viene detto dal legale della sua famiglia, stanca di vederlo additato come l’unico responsabile della tragedia. La presenza di questa sostanza non ha spiegazioni compatibili con la tesi ufficiale, secondo cui Paul morì sul colpo, dunque nessun gas avrebbe potuto impregnarne i polmoni.

La sua famiglia, molto riservata e ben più debole degli apparati con cui si è trovata ad aver a che fare, ha sofferto molto. Henry aveva una ottima preparazione tecnica in settori diversi, ma è stato facile descriverlo come un ubriacone, depresso per una delusione d’amore, che ha fatto il gradasso su comando del solito paperone arabo arrogante.

Ci fermiamo qui, non scaviamo in altre “rivelazioni”: chi e come è intervenuto nell’immediato, protocolli medici sconosciuti, buchi aggiuntivi di iniezioni su Diana, e altre domande a cui nessuno ha mai risposto.

Il funerale fu un altro film. Gli invitati VIP vennero scelti dalla lista da lei compilata per un cocktail in programma in autunno. Il tragitto verso la sepoltura fu interrotto più volte perché i fiori lanciati lungo la strada oscuravano il parabrezza.

Certo è che la dipartita di Diana ha risolto un sacco di problemi. Via libera alle nuove nozze di Carlo, anche se solo nel 2005: e mica in sordina, come sarebbe convenuto a due quasi sessantenni che ci erano arrivati in modo un po’ accidentato, ma celebrazione formalissima, con sposa quasi in bianco e sposo raggiante.

Ironia della sorte, a proposito di Lady D che avrebbe avuto un debole per il mondo musulmano?Carlo è diventato patrono del centro per gli Studi Islamici dell’Università di Oxford.

La corona, per Carlo, è finalmente arrivata nel 2022, ma con il focus spostato sulle coppie formate dai giovani principi. Forse Carlo e Camilla preferiscono cedere il passo, senza esibizionismi: a 75 anni si vuole godere un meritato riposo da affanni.

In definitiva, a noi non piace l’immagine costruita intorno alla figura di Diana: una poveretta frustrata e insicura, perdente nei sentimenti, ruffiana verso la pubblica opinione.

Preferiamo pensarla sempre in progress, caduta e rialzata nella lotta per la personale evoluzione, finché il destino glielo ha concesso. Più hollywoodiana che regale, ma forse non poté scegliere.

Carmen Gueye

Riguardo l'autore

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Carmen Gueye genovese laureata in lettere antiche, già pubblicista e attiva nel sociale, è autrice di romanzi, saggi e testi giuridici