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Cultura

Moneta, internet e libertà

Quando penso alle grandi scoperte che hanno influenzato e cambiato il destino della specie umana mi vengono in mente l’utilizzo del fuoco, della ruota e la scoperta degli antibiotici, ma queste sono tutte scoperte che non hanno richiesto una vera e propria capacità inventiva, si tratta di imitare la natura, di sfruttarne e gestirne le risorse, sono risultati ottenuti principalmente grazie alla curiosità di esplorare.

Invece, quando voglio pensare a qualcosa che abbia veramente richiesto la forza dell’intelligenza umana, penso alla moneta e penso a internet. In natura non esiste nessun elemento che sia funzionale solo ed esclusivamente al vivere sociale umano, non esistono carte di scambio, come non esistono dei veri e propri metodi per comunicare virtualmente.

Ora, mi chiedo se aver unito la moneta e internet, con la creazione dei pagamenti con le carte o virtuali, sia l’estremo miglioramento di un sistema o sia una ennesima forma di adattamento che non porta alcun vantaggio. Me lo chiedo in nome di un semplice principio: le monete e il web sono mezzi per ottenere la libertà, non ci sono mediazioni e non ci sono garanti se non, al limite, i governi. Uniti insieme, invece, questi due importanti strumenti, ci riportano a una dimensione, quella del controllo, che spazza via in un soffio la forte motivazione di principio per cui sono stati inventati.

La moneta fisica è simbolica ed è una certezza materiale, perché non richiede la conferma di un istituto terzo per concludere un affare: non serve depositare un contratto e non serve tracciare un pagamento, perché il rapporto è immediato tra venditore e acquirente; internet allo stesso modo non richiede l’intervento di altri per garantire che si è all’altezza della situazione e che si è legittimati a fare qualcosa.

Eppure non tutta l’umanità, in realtà, è realmente disponibile a essere libera, ci sono persone che non sono in grado di gestire la propria libertà e altre che non sono in grado di difenderla. Allo stesso modo non tutti sono contenti della libertà del web, tanto che ne sono la dimostrazione la scure fiscale sui lavoratori di OnlyFans e Instagram e sugli Influencer, le crociate contro chi vaneggia vendendo aria fritta on line, la richiesta sempre più spinta dei censori come Facebook e X, che correggono i post degli utenti, spacciandosi per editori, consci del problema che comporta la comunicazione senza limiti e senza mediatore. Per colpa di costoro, ogni giorno, siamo vittime di istituti, di leggi, di norme, di regolamenti, che mangiano via, via la libertà di ciascuno di noi, rendendo il mondo sempre meno aperto e meno vivibile e sempre più simile a una gabbia per i matti.

Molti hanno scelto la comodità, prova ne sono le enormi crescite che hanno visto protagonisti i pagamenti con la moneta elettronica, che sono fortemente incentivati dai governi con la scusa dell’evasione fiscale e sono effettivamente comodi, perché consentono di non portare con sé del denaro, ponendosi in posizione di rischio rispetto ai malviventi.

La moneta elettronica, cioè il pagamento con carte di credito e di debito, che ad oggi hanno dei costi paragonabili e non sono più strumenti così differenti, se non per i temi di dilazione del saldo, è sempre stata preferita da chi ha uno spirito giovanile e imprenditoriale, mentre per chi è realmente povero o realmente troppo anziano o si trova in luoghi dove la corrente elettrica e la rete non ci sono, restano sempre in circolo i soldi in cartamoneta.

E’ interessante notare che, la stessa Banca Europea, difenda il contante come gap limitator, ovvero come lo strumento per limitare le spese pazze, gestire bene il proprio patrimonio, cancellare la differenza tra ricchi e poveri, perché i soldi sono uguali per tutti, le banche e i loro servizi, invece, no. Le banche per ricchi incentivano il patrimonio, quelle per i poveri non offrono un granché di vantaggi da deposito.

La nostra moneta italiana, ovvero la lira, aveva una storia, era legata al Regno d’Italia, da quando nel 1861 divenne la valuta ufficiale dello Stato, proseguendo la sua storia anche dopo la proclamazione della Repubblica, fino al 2002, quando è stata sovrapposta con l’euro. Ebbene sovrapposta, perché l’euro non è una vera e propria moneta con una sua presenza sovrana, ma una semplice valuta che impone regole e costi a nazioni che hanno diverse sovranità.

Difendere il contante non è una pretesa di spocchia e di élite, ovvero lo è, ma solo con il beneficio dell’inventario: la progressiva trasformazione degli sportelli fisici in sportelli virtuali, che abbatte notevolmente i costi di gestione del personale e aumenta quelli da inserire nelle spese tecniche, concorre certamente al progresso, per il miglioramento delle prestazioni di tecnici e di ingegneri, ma crea un nuovo baratro tra il denaro, come mezzo di pagamento, di investimento e di creazione di ricchezza e i luoghi del denaro, cioè impedendo alle persone di maturare la coscienza del valore del denaro.

In termini economici tutto ciò è naturalmente irrilevante, perché ciascuno di noi ha potenzialmente la possibilità di fare le scelte che desidera e di fare i suoi conti virtualmente, ma in termini culturali svaluta notevolmente il potere del risparmio e tenuto conto che in Italia gli stipendi sono tra i minimi europei e il debito è tra i più alti, tenuto conto che siamo una delle poche nazioni che basano la propria ricchezza sul risparmio pro capite, perdere il senso della misura anche su questo potrebbe essere la miglior strategia per ritrovarsi con un bel pugno di mosche, tracciato, naturalmente, per la gioia dei quattro gatti del fisco.

Martina Cecco

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Riguardo l'autore

martinacecco

Giornalista e blogger. Collaboro con il web in rosa di Donnissima. Dirigo Secolo Trentino e Liberalcafé. Laureata in Filosofia presso l'Università degli Studi di Trento. Collaboro con un Progetto sperimentale di AI.