“I greci sono soddisfatti”. Basterebbe questa affermazione del solito quotidiano di servizio per dimostrare quanto sia caduto in basso il giornalismo italiano. D’altronde da certa gente è difficile attendersi un po’ di correttezza. Come quella necessaria per raccontare gli scontri di piazza ad Atene, tanto per chiarire quanto sono soddisfatti i greci. Ma l’ordine e’ quello di nascondere la protesta, la rabbia, le difficoltà. Tutto va bene. Va così bene, secondo i disinformatori, che diventa difficile spiegare ai lettori italiani (sempre meno) perché nel resto d’Europa aumentino i consensi i partiti ed i movimenti che i quotidiani di servizio definiscono “populisti”. Certo, da disertori della vanga trasformati in opinionisti non si possono pretendere analisi acute, oneste, intelligenti. Così non riescono a spiegare le differenze tra gli austriaci che han vinto il primo turno delle presidenziali ed i polacchi al governo, tra la destra populista al governo in Ungheria e la destra populista che in Ungheria e’ all’opposizione. Una protesta che dilaga, al Nord e ad Est. Ma una rabbia senza sbocchi in Grecia, il nulla in Spagna, la rassegnazione ebete in Italia. Tra i Paesi neolatini solo la Francia ha un movimento definito populista di destra in grado di vincere. Sarebbe il caso di porsi delle domande e di darsi delle risposte, alla Marzullo. In Grecia, Alba Dorata si è radicata, sta lavorando bene, ma non riesce ancora a sfondare. In Spagna l’inconcludenza delle destre ha fatto sì che la rabbia antisistema trovasse sbocco in Podemos e l’insoddisfazione venisse rappresentata da Ciudadanos. E in Italia? Marciare divisi per colpire uniti? No, marciare divisi e non colpire mai. Problemi, gravi, di leadership. Problemi, gravissimi, di mancanza di programmi. Problemi, insolubili, di mancanza di capacità d comunicazione. Così, inevitabilmente, la rabbia viene incanalata nel voto ai 5 Stelle o nell’astensione. Ma di fronte a ogni insuccesso si ripete la stessa litania, si riparte con altri proclami e senza nuove idee, senza progetti, senza speranze e, ormai, senza illusioni. Tra chi è convinto che Roma non sia caput mundi ma sia il mondo intero e fuori non ci sia nulla; tra chi è convinto che la politica serva solo a tutelare le proprie aziende; tra chi è convinto che con uno slogan ben azzeccato si aggiusti tutto. E tutti muoiono d’invidia di fronte ai risultati che i partiti populisti ottengono oltre le Alpi.
I populisti vincono, ma non in Italia
Maggio 13, 2016
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