Ma quanto è volgare dare del “tu” a una persona? Oggi accade con sempre maggiore frequenza: nei luoghi di lavoro, nei ristoranti, nei negozi e in qualsiasi altra occasione sociale. Un’abitudine che solleva dubbi sull’evoluzione del linguaggio e delle forme di cortesia.
Il “tu” è conosciuto come espressione informale o familiare, mentre il “lei” e il “voi” appartengono al registro della cortesia, o in certi casi della reverenza. L’uso del “lei” come forma formale si diffonde nel Rinascimento: nei messaggi ufficiali, persino Lorenzo il Magnifico alternava diverse formule. I sottoposti, invece, usavano espressioni miste, come “la tua”, “la sua” o “la vostra signoria”.
Dal Cinquecento in poi, la forma del “lei” prende il sopravvento — anche per influenza della lingua spagnola — e si afferma il “Signore” come appellativo. Tra Seicento e Ottocento, “voi” e “lei” sono quasi interscambiabili, e si trova ancora la forma “ella”, riservata a persone di particolare riguardo.
Oggi, però, questa forma di riverenza sta scomparendo, soppiantata da un uso generalizzato del “tu”, eredità della cultura giacobina, spesso legata a una massificazione del linguaggio e a un abbassamento della soglia di attenzione verso il rispetto.
Oggigiorno, i giovani si rivolgono sempre meno agli anziani con il “lei”, preferendo il “tu” in qualsiasi contesto. Anche con i futuri suoceri, si tende a dire “ciao” piuttosto che “buongiorno”, dando subito del “tu”. Un tempo, questi modi erano severamente vietati: ci si rivolgeva agli adulti con rispetto e formalità.
La stessa situazione si verifica nei negozi e nei servizi: sempre più spesso si dà del “tu” al cliente, cancellando ogni distanza professionale.
Fatto salvo per i contesti in cui viene esplicitamente chiesto di usare il “tu”, o in cui l’interlocutore è palesemente giovane, sarebbe buona norma adottare il “lei”. In particolare, dare del “lei” a chi lavora per noi è una forma fondamentale di rispetto, soprattutto se non abbiamo mai avuto contatti personali con lui o lei.
Come accade nel mondo del lavoro, è sempre meglio dare del “Dottore” o della “Dottoressa” a chi non si conosce, per evitare errori o sgarbi. Ignorare titoli professionali e meriti accademici può risultare offensivo e poco attento.
Il consiglio? Rifuggite dal giacobinismo del postmodernismo e, nel dubbio, usate il “lei”. La forma è anche sostanza: il linguaggio rivela chi siamo, e il rispetto — anche nella grammatica — è sempre attuale.