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Editoriali

2009-2019: resoconto di un decennio di crisi economica ma soprattutto culturale

Ci può essere una frase per descrivere appieno questo decennio? A mio avviso sí ed è una frase di Tonino Carotone: “È un mondo difficile… È vita intensa. Felicità a momenti, e futuro incerto.” Già, perché questo decennio si è contraddistinto per una profonda crisi valoriale ed economica. La crisi economica e la conseguente austerity hanno portato il nostro Paese a un profondo impasse sociale che ha fermato il sistema Italia, privandola di qualsiasi visione prospettica sul futuro – dal punto di vista economico, culturale e geopolitico – così come era avvenuto nei precedenti decenni.

Se – ad esempio – il nostro paese poteva sperare sino a qualche anno fa di giocare un ruolo importante nello scacchiere del Medio Oriente, oggi – al finire del decennio – la posizione politica dell’Italia è profondamente cambiata con una Turchia rampante, anche alla luce del boom economico di questi ultimi anni, e con una Russia che ha riconquistato il suo ruolo nello scacchiere mondiale. Se il decennio si era aperto con gli accordi stipulati con il regime di Gheddafi, oggi il nostro Paese ha un ruolo marginale nel nord Africa dove la Francia, assieme ad altre potenze, la fanno da padrona.

Una profonda crisi che si è anche riversata sulla politica con l’assenza di Governi stabili. Se il decennio si era aperto con un rampante berlusconismo, la situazione è poi sprofondata in un tripolarismo che ad oggi non riesce a garantire quella stabilità di cui godono altri Paesi come la Francia o la Germania. A nulla sono poi valsi i timidi tentativi – spesso pieni di criticità – di riforma del sistema costituzionale: le varie proposte sono state affossate.

A contraddistinguere questo decennio è stata comunque la fine del sogno europeista, sprofondato sotto i colpi della crisi economica, di una politica europea troppo favorevole all’arrivo di migranti e di un politicamente corretto che ha fatto scomparire, in circa dieci anni, quell’elettorato centrista che era stato sino ad allora fondamentale per qualsiasi coalizione o partito. Un sogno europeista che è definitivamente andato in crisi con la delicata situazione in Grecia, risolta solamente con un risoluto intervento della Troika, e con la Brexit, situazione che ha portato all’uscita di un Regno Unito che mai fondamentalmente ha voluto essere parte integrante dell’Unione europea.

A beneficiarne Stati Uniti e soprattutto la Russia che con la crisi crimeana ha sfidato quell’Europa germanocentrica con a capo la Merkel. L’Europa nei fatti si è trovata svuotata anche dal punto di vista culturale, con una politica culturale del politicamente corretto che ha solamente danneggiato quelle radici greche-romane che contraddistinguono il nostro continente e che dovrebbero essere alla base del sogno di un’Europa-Nazione. La caccia alle streghe nei confronti di valori che ci hanno sempre contraddistinti, assieme a una politica di apertura nei confronti di ciò che non è nel nostro sangue, o meglio nel nostro DNA, hanno ulteriormente aggravato quella crisi che sino ad allora era solo economica.

Del resto, senza un’identità comune per popoli diversi non si può dar vita a una nazione. La speranza è che il vento per quest’Italia e per quest’Europa possa cambiare con il nuovo decennio. Staremo a vedere.

Michele Soliani