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Il politicamente corretto è come Dogecoin

Il politicamente corretto è un po’ come il Dogecoin: un qualcosa che sta assumendo un’eccessiva importanza. Sembrerebbe un’assurdità tale affermazione, ma alla prova pratica i due fenomeni si assomigliano. Il Dogecoin, moneta dei meme (ovvero una moneta nata ufficialmente per scherzo), è balzata nel giro di pochi mesi da poche frazioni di centesimo a una quotazione di circa 50 centesimi di dollaro. Una fortuna per chi ha creduto in simile investimento che è stato sostenuto da vip e da un imprenditore del calibro di Elon Musk che ha trasformato una delle tante criptovalute in una delle principali.
Lo stesso lo si può dire anche nei confronti del politicamente corretto, con polemiche che se estrapolate dall’attuale conteso sociale farebbero solamente sorridere le persone. L’ultimo caso il bacio dato dal principe a Biancaneve, un bacio considerato da alcuni ai limiti dello stupro o tantissimi altri esempi che se riportati al loro contesto farebbero solamente ridere, ma che vengono presi un po’ troppo sul serio così come è avvenuto per la celebre criptomoneta. Così certi argomenti prendono il sopravvento su altri, riducendo l’intelletto della società nell’affrontare ben altre sfide ben più complesse e difficili.

Anzi si punta a bandire Omero, Cicerone & co. e a decretarlo è stata proprio qualche giorno fa la Howard University, storico college che ha formato eccellenze come la vicepresidente Usa Kamala Harris, la vincitrice del Nobel Toni Morrison, il giudice supremo Thurgood Marshall. L’ateneo era fino a oggi l’unico storicamente afroamericano a vantare un Dipartimento di Studi Classici, che ora chiuderà i battenti. Il motivo? Ufficialmente questione di “priorità”, anche se nella decisione risuona l’ormai dilagante ostracismo delle università americane nei confronti degli autori considerati dead white males, vessilli del suprematismo bianco. Una vicenda curiosa, ma del resto la letteratura occidentale basa le sue basi nella letteratura greca e sebbene sia uscita già una serie televisiva con un Achille di colore nero, i greci sono di carnagione chiara.

Inoltre, in certi tentativi di censura, si percepisce anche una certa abilità nel guardare il dito ma una netta incapacità di fissare la luna: uno dei cartoni animati che sta incontrando resistenze, per esempio, è Dumbo. Il celebre elefantino sarebbe infatti “reo” di aver messo in scena dei corvi che avrebbero dovuto rappresentare – in maniera stereotipata e razzista – la scena musicale jazz degli anni ’30 e ’40. E quindi il film sarebbe da “censurare” o anche solo da “contestualizzare”, ignorando però che il messaggio della storia è di non farsi abbattere dagli ostacoli fisici ma di trasformarle in punti di forza e opportunità, così come Dumbo seppe utilizzare le sue orecchie per imparare a volare.

Queste questioni, dunque, rappresentano tutta la superficialità dell’incultura dei “censori” odierni, intenti a vedere stereotipi e razzismo in ogni cosa, decontestualizzando i tempi e le società in cui i contenuti – culturali o cinematografici che siano – sono stati prodotti. Una superficialità che però vende, al punto da essere considerata vitale per la società umana: del resto anche la moneta dei meme ha raggiunto quotazioni record.

M.S.