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Cultura Editoriali

Il pastiche Emanuela Orlandi -quarta parte-

Pubblichiamo la quarta delle cinque parti (qui la terza) della ricostruzione dei fatti che intorno al delitto Orlandi”, si concatenarono.

L’incredibile tesi dei mostri del Circeo

In premessa, è appena il caso di accennare a questo massacro del 1975, sul litorale di Latina, ad opera di tre balordi altoborghesi poco più che ventenni, capitanati da un ragazzo già espulso da circoli di destra per il suo feroce estremismo, brutalizzarono e uccisero una ragazza e quasi una seconda, salvatasi per miracolo.

Il neonazista leader dichiarato era Andrea Ghira, nemmeno un giorno di carcere, fuggito per esotiche destinazioni e ritrovato ufficialmente morto in un cimitero spagnolo, come membro della Legione Straniera.

Un altro dei tre, Gianni Guido, faccino pulito, in carcere ci finì ma per poco: evaso due volte, fu ritrovato anni dopo in America Latina ed estradato, ma è libero da parecchio.

Il terzo, Angelo Izzo, sguardo allucinato, ha meno fortuna nella sua fuga in Francia e viene condannato, ma esce relativamente presto, si mette per un poco in affari con amici di fede politica, poi fila dritto ad ammazzare moglie e figlia di un compagno di cella che gliele aveva incautamente affidate.

Di nuovo dietro le sbarre, Izzo trova perfino una moglie, la giornalista romana Donatella Papi, che all’inizio si lancia in una crociata coniugale difensiva, poi assume posizioni più neutre, ma ci fa sapere di aver ricevuto da lui una importante confidenza: essere stato responsabile della scomparsa di Emanuela Orlandi.

Questo riassunto purtroppo non rende minimamente l’idea di tutto il materiale passato sotto i nostri occhi, registrazioni e intercettazioni telefoniche, ostinate esplorazioni giornalistiche nelle attività di Emanuela e i suoi coetanei nel tempo libero, con presunti coinvolgimenti di pervertiti in abito talare in cerca di prede (questa versione era accreditata dal famoso esorcista padre Amorth), raccolte di firme organizzate dalla famiglia di Emanuela, da inviare al pontefice di turno.

La sorella della Gregori ci confida che deve ottemperare al giuramento fatto alla madre morente di non arrendersi mai e continuare a cercare la congiunta, ma confessa la pesantezza di una vita passata sotto sorveglianza più o meno occulta.

Pietro Orlandi e sua madre, dopo petizioni, striscioni all’Angelus domenicale e appelli lanciati a colui che è in pratica il loro capo di stato e di fede, riescono a ottenere un breve saluto da papa Francesco, ma nessuna assicurazione, per quel che è dato sapere, forse un’allusione alla morte della congiunta.

Nel frattempo, un tarlo mai ci abbandona: ormai sembra tardi per conoscere anche un solo brandello di verità, fosse anche la più scontata: la realtà di giovani e giovanissimi che, plagiati o con la forza, si ritrovano nelle mani di persone senza scrupoli, per abietti motivi.

E’ un complotto, magari. Non di cattivi intorno a un tavolo, ma di negatività cointeressate, malvagità convergenti: è così che si forma un blocco criminale, a volte.

Che ci sia di mezzo il potere mondiale o soltanto qualche piccola bugia raccontata ai genitori senza pesarne le conseguenze, vogliamo fornire il solito consiglio non richiesto ai ragazzi, che naturalmente non lo ascolteranno: meglio togliersi un peso con mamma e papà e prendersi magari una corcata di sberle (ma oggi difficilmente accade), oppure esporsi a un momentaneo giudizio sociale che oggi è, in ogni caso, più lieve che in passato, piuttosto che, per timore della reazione dei genitori e dei compagni, farsi inghiottire da un’oscurità dolorosa per tutti e per sempre. Forse le Emanuela e Mirella non scomparirebbero, forse José, Elisa, Sara e Yara, sarebbero ancora vivi.

Carmen Gueye