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Il metaverso nel 2040. Un’esperienza in 4D: deumanizzante, distopica, dissolvente, deleteria

Proponiamo la prima parte di un’analisi condotta su uno studio pubblicato a fine Giugno dal centro di ricerca americano Pew Research Center che ha interpellato oltre 700 esperti del digitale per sapere che attendersi dal Metaverse nel 2040.

Il ritornello del disco “Everybody Loves The Sunshine”, dall’album “Ubiquity” del pioniere dell’Acid-Jazz-Funk Roy Ayers, sintetizza a perfezione la visione che si tende erroneamente a comunicare del Metaverso: “Just bees, things and flowers!”

Ai fini dell’analisi che segue, le considerazioni sul fenomeno metaverso non abbisognerebbero infatti d’essere articolate oltre la sintesi delle due seguenti.

 “Libertà, amore e felicità si trovano solo nella vita reale (1). L’idea di metaverso di Neal Stephenson era ambientata in una distopia da cui la gente cercava di fuggire (2).”

COS’E’ IL METAVERSO?

Ambe citazioni son tratte dai commenti degli specialisti cui Pew Research Center ha chiesto dei pronostici sullo sviluppo e gli effetti del fenomeno metaverse nel 2040.

Del mondo digitale dovrebbe dirci già tutto il titolo dell’opera principale del padre della Cibernetica, il matematico e scienziato Norbert Wiener, “Cibernetica, o controllo e comunicazione nell’animale e nella macchina”.

Volenti o nolenti, cari lettori, le tecnologie digitali sono state create e sviluppate tramite varie forme di tecnologia, ma sempre e comunque con lo stesso univoco scopo: il controllo.

Ergo riteniamo lecito listare alla rubrica “controllo”, ogni forma di comunicazione di massa finora conosciuta: istruzione, intrattenimento, televisione, giornali, musica, internet, social media, fenomeni che hanno trovato consacrazione in diverse forme e tempi, seppur siano tutti debitori dello stesso afflato propagandistico, perciò atto al controllo.

E il metaverse non farà assolutamente eccezione, anzi: appare essere la coerente sublimazione digitale, virtuale, di quanto teorizzato in passato dal giurista inglese Jeremy Bentham, dall’antropologo francese Michel Foucault e chiaramente, dal padre del Cyber Punk, William Gibson, l’autore di Neuromancer.

Partiamo quindi dalle basi. La parola Metaverse, è neologismo coniato dallo scrittore Neal Stephenson, nella sua novella Snow Crash pubblicata nel 1992. 

Nella contemporaneità, per metaverso s’intende una realtà alternativa, generata da computer, chiamata realtà estesa (XR), acronimo che sintetizza i fenomeni connessi a realtà aumentata, mischiata e virtuale.

In parole povere, è uno spazio digitale immersivo, ove gli esseri umani possono fare esperienze virtuali molto prossime a quelle fisiche, attraverso delle entità digitali, avatar, che gli facciano da tramite con la realtà in cui sono calati.

C’immergeremo maggiormente nei tecnicismi in futuri articoli estratti dalla nostra analisi, per ora, passiamo a verificare quale sia l’orientamento generale emerso dai commenti degli specialisti interpellati nello studio, onde evitare d’esser tacciati d’eccessivo catastrofismo.

Quanto si evince dagli esiti del sondaggio di Pew Research Center è una bilanciata divisione tra entusiasti e scettici, seppur quanto dicano i secondi, appare essere un vero e proprio incubo per la futura consapevolezza animica, metafisica e psicologica, dell’uomo.

Il 54% degli esperti interpellati da Pew, sono fiduciosi che entro il 2040 il metaverso sarà un ambiente molto più raffinato, veramente immersivo, ben funzionante e di uso pratico per ogni aspetto della vita quotidiana e che quindi offrirà un contributo fondamentale alla vita di almeno mezzo miliardo di persone.

Il restante 46% la pensa in maniera antitetica: e visto le tecnologie digitali nascano solo per scopi di controllo, si darà rilievo alle considerazioni di questo campione che storia, esperienza e sensibilità, ci dicono sia più assennato.

METAVERSO, QUANTE INSIDIE!

Iniziamo dicendo che, guardando al fenomeno da una prospettiva metapsichica, metafisica quindi psicologica, quanto emerge è una coscienziosa preoccupazione che il metaverso tenderà a “magnificare” ogni tratto e tendenza umana: soprattutto le cattive.

Correttamente, il mutamento antropologico che implicherà un tale fenomeno è descritto dagli interpellati con i termini di dirottare, restringere o limitare, la sfera umana.

A detta degli esperti il metaverso soffocherà le naturali tensioni umane, la capacità di sviluppare noi stessi e attenterà irrimediabilmente alle basi del nostro tradizionale uso del libero arbitrio.

Gli interpellati più consapevoli e audaci esternano grande preoccupazione per la libertà di autodeterminazione delle innate capacità dell’uomo, sempre più minacciate dal relativismo di Von Neuman e Wiener.

Sono cinque i punti su cui gli scettici concordano, affermando che il metaverso non ce la farà, entro il 2040, a ergersi a nuovo modello del reale. E su cui, speriamo di cuore abbiano ragione.

5 RAGIONI PER CUI IL METAVERSO NON RISPETTERA’ LE ASPETTATIVE DI ZUCKERBERG & CO ENTRO IL 2040

  1. Innanzitutto, gli esperti rilevano che varie forme di tecnologia essenziali nel metaverso, realtà aumentata e virtuale, siano già disponibili su vasta scala e a costi sostenibili, seppur non dimostrino di avere poi questo grande ascendente sulla società, salvo una piccola nicchia di tech enthusiasts.
  2. La seconda grande perplessità è legata alla capacità di economia, società e tecnologia, di evolvere cosi tanto e cambiare così profondamente, in un arco temporale così ristretto.
  3. Al momento, gli esseri umani continuano a preferire la dimensione reale a quella virtuale.
  4. Sembra assurdo, eppure gli esperti ritengono la gente stia acquisendo consapevolezza che il metaverso amplificherà esponenzialmente le capacità del Capitalismo della Sorveglianza e cosi facendo, rinforzando il vigore e aumentando il numero dei suoi tentacoli autoritari. 
  5. Volendo fare estrema sintesi di quanto emerso dalle risposte degli scettici interpellati da Pew Research Center, diremmo che il metaverse comporterà riduzione dell’autonomia e capacità dell’uomo di controllare la propria vita; l’esponenziale incremento di divisione e polarizzazione derivante dalla virtualizzazione della vita; l’amplificazione delle discriminazioni; l’emersione di nuove forme di molestia, persecuzione e odio; di nuove minacce alla sicurezza pubblica, soprattutto in termini di violenza e sfruttamento fisico,  l’esplosione della disinformazione, lo sviluppo di nuove dipendenze, l’aumento della tensione all’autosegregazione, distrazioni che fomenteranno dissociazione dalla vita reale e dulcis in fundo ulteriore commercializzazione e monetizzazione delle attività umane basiche.

LIBERO ARBITRIO, GAME OVER?

Un quadro tutt’altro che confortante, com’era intuibile senza nemmeno entrare nel merito, ma giudicando il fenomeno da una macro-prospettiva storica.

Approccio simbolico della stragrande maggioranza dei problemi che affliggono l’uomo, sempre più perso a guardare il dito, piuttosto che la luna.

Aspetto che emerge lapalissianamente, quando si volge a prender in considerazione i profili metafisici evidenziati da alcuni interpellati e che per ora, apprezzeremo in contrasto con le parole di alcuni grandi pensatori del passato.

Come ricorda il filosofo e metapsichico Arthur Schopenhauer, è la volontà a dominare la conoscenza, dirigendo il corso delle nostre rappresentazioni senza che ce ne accorgiamo.

Un’esperienza, il libero arbitrio, che è un surrogato della nostra volontà e che rischia d’essere sottoposto a una miniaturizzazione degna delle più recenti nanotecnologie.

E destinato a evolvere in mera autodeterminazione cibernetica, sotto l’egida delle intelligenze artificiali che interagiranno con la nostra sfera neurologica.

E così, dando ragione del senso delle parole “de-umanizzante” e “dissolvente” da noi usate per connotare gli effetti che si presume il metaverso manifesterà come “esperienza”.

Un presunto “giardino del paradiso”, insomma: virtuale de facto, distopico per natura, deleterio nei suoi fini, che ignora come l’uomo abbia confidenza e sia abituato da millenni ad aver a che fare con “un’innata capacità immaginale che nulla di diverso è, rispetto al metaverse”, come ha detto più volte lo stesso creatore della realtà virtuale, Jaron Lanier.

L’esegeta della Kabbalah Gershom Scholem, in “La Kabbalah e il suo simbolismo”, ha scritto: “Il mondo della natura e dell’esperienza umana è il teatro dell’esilio dell’anima.”

L’impressione è che il metaverso fungerà perfettamente da matrioska digitale per il nostro esilio di carne, distraendo prima e reprimendo poi, la mai più necessaria tensione e consapevolezza metafisica umana.

Giulio Montanaro

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Riguardo l'autore

giuliomontanaro

Nato e cresciuto a Padova, ha vissuto prevalentemente in Italia, Spagna e Tunisia. Ha lavorato come talent scout e agente nella musica elettronica. Innatamente bastian contrario, umanista, ergo radicalmente critico; talvolta anche provocatore. Collabora con vari organi d'informazione indipendente.