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Chiacchiere, frappe o intrigoni? Qual è il vero nome del dolce di carnevale?

Il dolce più tipico del carnevale è quello che si vede nella foto… ma come si chiama? Il nome di queste prelibatezze delle cucina italiana cambia spostandosi di Provincia in Provincia, di paese in paese: è capitato che persino nella stessa famiglia questi dolci assumano nomi diversi, ma perché?

Il nome in lingua italiana di questi dolci è ‘’chiacchiere’, nome riconosciuto anche da dizionario di Treccani che alla voce ‘’chiacchiera – al plurale – recita ‘Dolci leggerissimi fatti di chiara d’uovo e zucchero, cotti in forno (sono detti anche meringhe e, in più luoghi, ch. di suora); Uno dei nomi region. dei cenci fritti o frappe ‘’.

Il vocabolario della lingua italiana Zingarelli riporta il lemma cencio ‘’dolce di pasta all’uovo, tagliato a cerchi, rettangoli o strisce e fritto o cotto al forno, tipico del Carnevale’’.

Vari sono i nomi che si riferiscono a questo dolce: lattughe nella Lombardia orientale; fritole, galani, gale, crostoli, grostoli e crostoi in Veneto; castagnole (di Sacile) in Friuli; schiumette o sciummette in Liguria; bugie in Liguria e a Pisa; sfrappole ; cenci, stracci, frappole in Toscana (fiocchi ad Arezzo); castagnole, sfrappe e fiocchetti nelle Marche; castagnole e struffoli in Umbria; frappe, sfrappe nel Lazio (in particolare a Roma); cicerchiata in Abruzzo e Molise (fregnacce a L’Aquila); struffoli, zeppole di San Giuseppe e fritte in Campania; cartellate e sfoglie in Puglia; calzoncelli in Basilicata; zìppulas e orilletas in Sardegna; intrigoni in Emilia.

Insomma abbiamo capito di cosa stiamo parlando, ma perché ogni luogo trasmette un nome diverso? In primis possiamo rispondere con una definizione: Siamo di fronte a quella che in linguistica si chiama geosinonimia gastronomica e si riferisce a quelle parole che indicano la stessa pietanza con parole diverse a seconda della regione geografica.

carnevale

In secondo luogo dobbiamo ricordare che questi sono dolci poveri della nostra tradizione, fatti con ingredienti semplici e facilmente reperibili, di larga diffusione, preparati da tutte le casalinghe di tutta Italia; e ogni dialetto ha il suo modo di indicarle, oltre che di prepararle.
Pensate che Alcune ricette prevedono persino la cottura della pasta all’uovo direttamente nello strutto di suino, altre ricette (quelle venete ad esempio) riportano l’utilizzo della grappa, scendendo lo stivale invece si trovano versioni anche ripiene.

Anche Pellegrino Artusi ne parla e utilizza la variante regionale toscana, ovvero cencio nonostante lui fosse romagnolo di nascita; ancora
Paolo Monelli nel suo libro ‘Il ghiottone errante’ del 1935 scriveva ‘’ho bevuto un vino fatto con l’uva di mille metri accompagnato da frappe dolci, proprio uguali alle strappo le emiliane, di cui non vi posso dire il nome nell’ idioma locale perché non l’ho scritto subito e la memoria mi ha tradito’’.

Quindi quale è il termine giusto? Nessuno, sono tutti egualmente giusti, a patto che vi facciate capire dall’interlocutore.