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DomenicaCultura. “Il genio, lo scrittore, e le comari della vanvera” 

Tra le pagine della storia si narra di un fatto, accaduto a Firenze nel 1504, che ebbe come protagonista Michelangelo Buonarroti. Durante la messa in posa del David, in Piazza della Signoria, un certo Piero Soderini, Gonfaloniere della Repubblica del Giglio ovvero non un chicchessia qualunque, osservò come il naso del David fosse imperfetto. Buonarroti, noto per la grandezza del suo genio nonché per un carattere propriamente non accomodante capace di mandare a quel paese perfino un Papa come Giulio II, stranamente decise di dare soddisfazione al Gonfaloniere.

Nascose nella mano sinistra un po’ di polvere di marmo, afferrò una scala e salì sul David all’altezza del naso e armato di scalpello e martello fece finta di appoggiare lo scalpello al naso, dette 3 o 4 colpi col martello e nel mentre lasciò scivolare la polvere di marmo dalla mano, lasciando credere, ai presenti, l’effetto della scolpitura. A quel punto, Michelangelo, si rivolse verso il Gonfaloniere: così, va bene? Benissimo! Fu la risposta del Soderini. Abemus cojones! Fu la risposta del grande artista in un latino latinorum usato quattro secoli dopo dal Manzoni nel “I Promessi Sposi”.

Già, il Manzoni…  Non tutti sanno come il romanzo di Fermo e Lucia, diventato I Promessi Sposi dopo il famoso risciacquo dei panni nell’Arno fiorentino modificando pure il nome del protagonista da Fermo a Renzo, sia stato determinante per la letteratura cosiddetta moderna. Come il Boccaccio mise fine al petrarchismo, dando inizio ad una scrittura più dolce, Manzoni è stato il primo nel scrivere con il metodo della poesia nascosta. Quel ramo del lago di Como tra due catene di monti non interrotti tra loro… Versi, se messi in verticale, sono poesia. E che dire del passo: “Addio, monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto de’ suoi più familiari”? Poesia.

Magari dal carattere scapigliato, anticipando il gruppo meneghino da cui il nome, ma di poesia si tratta. Manzoni fu un filantropo, tra i vari aiutò pure il monsummanese Giuseppe Giusti, l’autore della celeberrima poesia Sant’Ambrogio, ma coloro che non ebbero la fortuna di conoscere il lecchese Manzoni andavano sparlando di lui come un essere avaro. Talmente spilorcio, insistevano le malelingue, da non presenziare agli inviti per il timore di pagare qualcosa. La verità era ben altra: Alessandro Manzoni soffriva di balbuzie, ne soffrì al punto da rifiutare qualsiasi invito onde evitare di parlare in pubblico. Non aveva un carattere come Michelangelo, pronto a deridere il Soderini ed altrettanto pronto nel ripetere ad un Papa di chiamare un marmista se volesse un sarcofago, Manzoni cercava nella riservatezza di mascherare la proverbiale impacciatura dovuta alla balbuzia.

Perchè ho scritto questo? Per far capire come in troppi parlano a vanvera, cercando il contrasto pretestuoso senza nessuna ragione né storica e neppure morale, dando adito a voci incontrollate sperando di avere un seguito di non si sa bene cosa, chi, e soprattutto il perché. Questi novelli Soderini prima o poi avranno il loro Michelangelo pronto a deriderli, e le ragioni social di oggi saranno le risate di domani. Due giorni fa abbiamo ricordato il giorno della Memoria, così pure il sottoscritto in una pagina di questo quotidiano, ma ogni anno m’accorgo di quanti Soderini nascano –e soprattutto chiacchierano a vanvera- per accrescere le disgrazie di questo già disgraziato Belpaese.

In un giorno dove dovremmo tutti chinare la testa, nel rispetto della tragedia, ecco spuntare i bandoleros del mio ha fatto meno morti del tuo, del… perchè non l’armeni? Del… perché io sono così cojones?

Ma questo, ahimè, non lo scrive e non lo dice nessuno.

Marco Vannucci

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