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Post-it Vannucci

Il Post It: Lasciateci stare.

Io lo so, compagni, il perché le braccia tese vi spaventano. Ogni braccio teso è un atto d’accusa nei vostri confronti procurandovi la paura mentale per il timore che il rimorso si insinui come un tarlo nelle vostre coscienze, poiché lo sapete, compagni, di essere colpevoli. Colpevoli per avere assassinato i ragazzi di Acca Larenzia così come avete ammazzato tutti gli altri a sangue freddo e disarmati, oppure armati di un soldatino come nel caso di Stefano Mattei al quale rubaste i suoi 10 anni la notte del maledetto rogo di Primavalle. Le braccia tese fanno paura alle vostre coscienze, impauriscono la vostra storia sanguinaria, terrorizzano la complicità dell’intollerabile Soccorso Rosso e di tutti i togati al servizio. Ed allora via alle danze sventolando quella Costituzione con l’articolo transitorio voluto da quel criminale di guerra che fu Palmiro Togliatti; via ai soliti slogan dei fascisti fuorilegge, della libertà, della democrazia, e di tutte le palle sparate alla bisogna. Come se non fossero bastate le pallottole già sparate contro dei ragazzi innocenti.

Questa è la vostra vera paura, compagni, inutile continuiate a menar il can per l’aia con lo spauracchio dell’uomo nero tentando di nascondere la vostra colpevolezza. Fosse solo per questo le braccia tese non s’abbasseranno mai, perché ogni braccio alzato sarà un atto di disprezzo contro di voi, contro i vostri crimini, le vostre bugie, la vostra storia distorta. Io tutto questo lo so, compagni, ed allora lasciateci stare. Non disturbate il nostro “Presente!” Poiché altro non possiamo di ricordare e se dovessimo fare paura, semmai l’avessimo mai fatta, probabilmente la realizziamo a chi ci dorme accanto per l’insicurezza di non svegliarci ancora insieme.

Oramai siamo rimasti in 4 gatti, e due di noi sono già passati dall’altra parte del guado, mentre viviamo nel rammarico di avere spento la Fiamma. Abbiamo l’arroganza di conoscere la storia, ma con il difetto di non essere stati capaci di divulgarla, o almeno non più di tanto. Non nella sua interezza, intendo, poiché ci avete proibito pure in questo. Da sempre sorbiamo le vostre angherie pur sapendo di esservi utili per nascondere, in noi, la vostra incompetenza con lo spauracchio del fascismo tirato fuori per la bisogna. Come da sempre accade prima di ogni elezione, oramai un’abitudine che, dovesse cessare, ne proveremmo un senso di rammarico. Sapete, compagni?

 Non è facile la vita di un missino, ma chiamatemi pure fascista se vi va perché al sottoscritto non disonora, ad un missino la carriera si ferma al primo scalino pagando il dazio per l’idea; per gli altri gradini occorre la vostra tessera, tenendo il pugno chiuso per nascondere la marchetta. Succede, Compagni. Piuttosto smettete di definire fascista chi viva nel timore di esserlo. E sono coloro vinti dal timore di essere tacciati, e laddove gestiscono il potere politico sanno solo ripetere la loro idea liberale e democratica, lasciando a voi la gestione dei servizi. Praticamente vincere o perdere le elezioni non vi cambia niente, la loro paura di essere definiti fascisti fa il vostro gioco. E questo lo sapete.

Non chiamateli fascisti, non lo meritano, piuttosto voltagabbana. Come lo furono i vostri nonni, compagni, ed anche questo lo sapete. E vi fa paura. Come le nostra braccia tese per ricordare i nostri Ragazzi e per scaricarvi addosso il nostro disprezzo.

Marco Vannucci