Una conclusione con i migliori propositi quella che si è tenuta ieri a Trento, per chiudere il sipario sul Trento Film Festival 2024, Destinazione .. Irlanda. La serata di riflessioni su alpinismo e stile di vita, alpinismo e solidarietà è finita con due ospiti eccezionali: Mauro Corona, Fausto De Stefani, e con gli alpinisti di Dolomiti Open. La bellezza della serata è stata toccata durante l’esibizione del Coro SOSAT, che ha reinterpretato il più famoso componimento di Ennio Morricone, colonna sonora del celeberrimo film. Conduzione a carico della giornalista Maria Concetta Mattei.
I diversi argomenti in cordata per la solidarietà hanno spaziato dalla solidarietà, alla reinterpretazione delle prestazioni sportive open, alla capacità di resilienza. La Gran serata di chiusura del festival è stata una cavalcante successione di due eventi consecutivi con celebri nomi dell’alpinismo e delle terre alte con l’impegno a sostenere il progetto di solidarietà della Rarahil School in Nepal, ideata da Fausto De Stefani.
Alle 20.30 si è iniziato con ÈPOS. L’EPICA DELLA MONTAGNA E I SUOI VALORI, con Fausto De Stefani, gli alpinisti di Dolomiti Open e la partecipazione del Coro SOSAT. Alle 21.30 è stato presentato il libro LE ALTALENE di Mauro Corona, Mondadori. Simone Marchi, il responsabile editoriale dell’autore, ha dialogato con l’autore tra una serie di camei da cui si è estratta l’essenza del libro, intervallati da battute amare e riflessive e citazioni importanti, che delineano la personalità complessa di Corona.
Il Vajont
Il crimine di Stato del Vajont è stato al centro di un approfondimento interessante, riguardante la frammentazione e l’annientamento della comunità di Erto e Casso e della valle spazzata via dalla forza impetuosa del pantano e dell’acqua. Non si è fatto nulla, sostiene Corona, per ridurre l’impatto devastante, se peggiore può essere, del post alluvione, cioè aver impedito che la comunità si stringesse intorno al dolore, guarendo la ferita con il rafforzamento delle radici: la ricostruzione è stata più che altro una dispersione di anime dove c’era posto.
(Ma.. – ndr – forse anche portare il dolore a semenza fuori dalla propria terra serve per tenere alto l’onore del ricordo delle persone morte. Purché non si dimentichi e non si cancelli l’errore.)
Dal giorno in cui, sessant’anni fa, piovve terra sulla terra, e terra nell’acqua, e terra su duemila anime morte, di cui quattrocentottantasette bambini, a Erto il tempo ha continuato a oscillare tra dolore e speranza di rinascita, ricordi tragici e difficili presenti, memoria di una povertà aspra e dura ma viva e vitale che si riflette nel benessere vuoto e triste dell’oggi.
Martina Cecco