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Cultura

Il neutro in italiano non esiste, eppure insistono

Ormai a tutti sarà successo di trovarsi nella situazione triste di non saper più come rivolgersi alle persone: lei, lui, voi, loro.. ogni persona ha un suo modo di intendere, ci mancherebbe, ma un po’ di pace, si può?

Annalisa cantava serenamente che lui bacia lei, che bacia lei che bacia lui, promettendo un giro baci senza genere, ma alla fine vogliamo davvero che le carte siano invertite, oppure semplicemente non sappiamo come sia più piacevole sentire appellare? Se prestiamo attenzione non è affatto il genere sessuale che ci turba, ma l’ostentazione di una dimensione che diventa un limite, un obbligo, un peso.

Personalmente sono convinta che la larga e massiccia diffusione della lingua inglese, sia nello scritto, che nell’orale, ma in particolare unita alla diffusione del digitale e di internet, abbiano lentamente e progressivamente contagiato il modo che abbiamo di pensare. L’ordine semantico delle cose si sta muovendo cambiando paradigma, sposandosi con la lingua inglese e con la sua struttura della frase, semplice, diretta, ma anche generica.

Lingua inglese e lingua italiana sono agli antipodi, per quanto riguarda il modo di concepire il discorso, il genere sessuale, il numero. Questi progressivi e inesorabili avvicinamenti stanno gradualmente portando il nostro pensiero a formulare le idee in modo diverso. Anche nello scritto siamo sempre più scarni, nel parlato non distinguiamo più tra loro le consonanti, sbrodolando senza aprire e chiudere bene la bocca, mescolando le vocali, appunto, in improbabili schwa.

Quando ci troviamo in un contesto di dialogo, più spesso, non si presta nemmeno attenzione al pronome o all’aggettivo, se un lui diventa una lei, non pesa. Pesa, invece, quando si cominciano a sentire improbabili torroni in cui il genere è declinato (politicamente) in tutte le sue forme, in cui il neutro incalza e tutti ci riconosciamo nell’otre, che è maschile, o nell’eco che è femminile. Simpatico vero?

La grammatica non è sessista, semmai, l’uso che ne facciamo

Predicano tanto che l’abito non fa il monaco, ma la desinenza secondo questi, sì. Se termina in a, oppure e l’è donna; se termina in o oppure i l’è uomo: e invece, no; falso come il dollaro del Monopoli; non c’è speranza, insomma, perché la libertà è una condizione che si genera da dentro. Nel momento in cui si incalza imponendo di non porre un genere, si limita la libertà. Probabilmente quanto di meno bello possiamo fare. Riconosciamo la dignità umana solo se la grammatica lo conferma, l’abito farà il monaco.

Si dice che tutto questo processo sia mosso dalle acquisite libertà in termini di diritti, ma in termini di diritti le persone sono esseri umani, è questa la caratteristica che li rende unici, non lo schwa. L’idea di usare questo simbolo è simpatica, ma dove ci porta?

Ad ogni modo: non solo la grammatica fa quello che vuole, ma anche non necessariamente deve essere tenuta a dare informazioni ulteriori, definire la sessualità. In pratica. La grammatica imposta è un tantino figlia dei regimi. MC