Polemiche, e pubblicità, a non finire, per l’esclusione del trapper Tony Effe dal concertone di fine anno a Roma e la pronta solidarietà del collega Mahmood, che sdegnerà ugualmente l’occasione, in cui era stato invitato a “cantare”.
Ogni commento in tema diventa spunto per essere tacciati di moralismo, passatismo, assurde nostalgie per epoche in cui la musica e il canto erano ben altra cosa.
Il genere è figlio di altri, inizialmente denominati rap, hip hop, urban e similari, a seconda dei filoni. Forse gli iniziatori sono più vicini di quanto si pensi, se è vero, com’è vero, che il nostro Fred Buscaglione fu un innovatore già negli anni cinquanta, sovrapponendo il parlato alla base musicale; e, in seguito, verso i primi anni ottanta, si registra il nostrano “Che idea” di Pino D’Angiò.
L’irruzione nel gradimento mondiale arrivò con gli americani, soprattutto di colore, a parte l’eccezione di Vanilla Ice, e, da noi, sulla scia si mise Jovanotti: cosine facili, leggere in Italia, a fronte di testi duri e rivendicativi oltreoceano come quelli, a sfondo razziale, dei Public Enemy.
Seguì tutta una trafila di interpreti o gruppi statunitensi, sempre in maggioranza afroamericani, intervallati dalle performance del “bianco” Eminem, ricordando Snoop Dogg (pregiudicato per spaccio, intervenuto da star alle ultime imbarazzanti Olimpiadi), Fifty Cents ( che reca sulla schiena tracce di una rissa terminata a coltellate), dr Dre o Tupac, per fare solo alcuni nomi, parte dei quali coinvolti nella faida tra East e West coast, nella quale persero la vita lo stesso Tupac e Notorius the BIG (ma c’è chi parla di un’operazione pubblicitaria, sfuggita di mano e finita nel sangue); e ancora J Zed, il marito di Behoncé (rapper lei stessa nei primi anni con le Destiny s Child), il “folletto” Lil Wayne, citato perfino in un discorso del presidente Obama e Sean Combs, in arte Puff Diddy, coinvolto di recente in scandali a sfondo sessuale. Non sono mancate altre donne star dello stile, come, una per tutte, Missy Elliott.
I nomi sarebbero molti, ma il senso di questo movimento è sicuramente scivolato in un imbuto: da canto sincopato, erede del R&B e dei gospel che inneggiavano alla liberazione degli oppressi, all’esaltazione delle droghe, al versante più pecoreccio: tanto da attirarsi il biasimo non del bracciante siciliano o del pescatore greco, ma di Noel Gallagher degli Oasis, che definì quella musica come una “mortificazione delle donne”.
Non siamo esperti delle ultime tendenze, anche se ricordiamo, in patria, I Sangue Misto (Neffa, Deda e DJ Gruff), gli Articolo 31, Frankie Hi-NRG MC e Sottotono, Mondo Marcio, Marracash e Fabri Fibra, per arrivare fino ai giorni nostri con Salmo, Sfera Ebbasta, Emis Killa, Rocco Hunt, Club Dogo, Moreno e altri. Un discorso a parte servirebbe per l’edulcorato Fedez.
Tra le donne, si segnala Madame, di cui giova citare uno stralcio dal testo di “Nuda” : Nuda, per le montagne suda/ Dopo una gita al Sud, afa sulla tua nuca/I miei ricci ti bagnano il culo/Ti bagno la tuta, mi bagnerò tutta/Ti stacco il seno come una verruca.
Sarebbe ingeneroso criticare il giusto ansito giovanile ad emergere nel mondo musicale, per cui ci sta tutto, va bene tutto, e per quanto ci riguarda, vadano a farsi benedire ( in tutti i sensi).
Però è curioso che nella vita non si possano più pronunciare parole ritenute offensive in nome del politically correct; che si additi il patriarcato come causa di tutti i mali, e poi ci si debba sorbire testi che rappresenterebbero l’arte “non censurabile” come:
“Quanto sei porca / dopo una vodka / me ne vado e lascio un post-it sulla porta/ Le more, le bionde, le rosse, le mechesate / vestite da suore o con le braccia tatuate/ le alternative, le snob pettinate, spettinate sotto le lenzuola ubriache (un passaggio dei più leggeri da Hey tipa) “Scelgo una tipa, nessuna dice di no / Me la portano in camera con una Vodka” da Ricchi per sempre.
Per giungere all’apoteosi del citato Tony Effe con:
“Prendi la tua tr*ia (prendi la tua tr*ia)/Le serve una museruola (woof, woof) […]./Metti un guinzaglio alla tua ragazza…“Lei la comando con un joystick…Non mi piace quando parla troppo (troppo)…Le tappo la bocca e me la fott- (shh)” (quest’ultima da “Mi piace”, duetto con Sfera Ebbasta).
Il tutto nel giubilo delle colleghe che lo difendono a spada tratta, nel silenzio delle femministe dei centri sociali e con la calda fratellanza di Mahmood, noto misogino e ginofobo, che esclude le donne dai suoi video in barba alle quote rosa.
Si dirà: i testi rock non erano all’acqua di rose. Vero ma, posto che non raggiungevano queste “vette”, appartengono a un periodo in cui ancora non vigevano codici linguistici imposti in nome del rispetto di genere.
E’ di tutta evidenza che si vuole portare avanti il tentativo di incentivare la sex war, la separazione definitiva tra uomo e donna, che devono odiarsi; e in questo clima possiamo parlare di femminicidio culturale.
Carmen Gueye