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L’app Immuni non è ancora pervenuta. Ennesimo fallimento di Stato

La gestione dell’emergenza Coronavirus da parte del Governo Conte II ha suscitato diversi consensi e molte polemiche, sia in ambito sanitario che in ambito economico. Ai giallorossi difatti si rimprovera spesso un certo ritardo nell’erogazione di fondi e contributi, oltre a uno stile comunicativo molto vago e poco incisivo, mentre gli entusiasti di Conte ritengono che le soluzioni sanitarie prese fossero le migliori possibile ed economicamente si spera in un intervento dell’Europa per arginare la altrimenti certa crisi economica.

Tra i tanti temi che sono stati portati sul tavolo degli italiani, c’è quello della app Immuni: la app che doveva servire per tracciare i contatti nella riapertura post lockdown, così da monitorare l’andamento del contagio, nei fatti è scomparsa. Con buona pace del Commissario Domenico Arcuri, con buona pace del Ministro dell’Innovazione tecnologica Paola Pisano, con buona pace della specifica task force e con buona pace di tutti gli estimatori del “Grande Fratello sanitario” che non vedevano l’ora di sapere dove e quando un comune mortale si era recato a bersi un caffè.

Mentre si discuteva di fino a che punto si potesse violare il diritto alla privacy in nome del diritto (collettivo) alla salute, mentre si revisionava il diritto per far conciliare corretto funzionamento dell’app e libertà individuale, mentre si cercava di capire a che percentuale di download sulla popolazione l’app sarebbe stata efficace – scatenando peraltro un’asta al ribasso – in realtà non si stava facendo assolutamente nulla.

Eppure, già il 30 aprile scorso, il decreto legge del Consiglio dei Ministri annunciava in pompa magna l’arrivo dell’app Immuni: si diceva infatti che sarebbe stata istituita una piattaforma per il tracciamento dei contatti presso il Ministero della Salute, raccogliendo dati personali “esclusivamente necessari ad avvisare gli utenti di rientrare tra i contatti stretti di altri utenti accertati positivi al Covid-19”. Si era anche disposto che sarebbe stato possibile utilizzare pseudonimi o anche l’anonimato, che sarebbero state vietate le geolocalizzazioni, secondo quanto riportava Sky TG 24 il giorno della firma del decreto.

All’inizio della quarta settimana post-lockdown, della app Immuni non c’è assolutamente nulla, nonostante tutti gli annunci e i proclami dei messianici anti-virus, secondo i quali l’app sarebbe potuta arrivare a metà maggio come riportato anche da Il Sole 24 ORE. Il tutto mentre nel frattempo – e per fortuna – sono stati attivati i test sierologici, che consentono di capire chi potrebbe aver sviluppato anticorpi per questo virus, consentendogli di vivere con maggiori libertà. Peccato che, all’atto pratico, questo test non gli consentirà assolutamente nulla, visto che in nessun decreto è prevista una liberatoria dall’obbligo di mascherina per gli immuni, cosa altrimenti disposta dall’app.

L’ennesima centralizzazione della gestione emergenziale, contornata da commissari, ministri, funzionari e componenti di task force, ha prodotto solo un altro buco nell’acqua, da chiudere rilanciando le polemiche contro quei giovani ingrati che – dopo 3 mesi di arresti domiciliari – hanno semplicemente seguito quello che le disposizioni permettono, ovvero uscire di casa e andare al bar. Va a finire che erano meglio i “liberisti da divano” del Commissario Arcuri, che almeno il cocktail lo sorseggiavano da casa propria.

Riccardo Ficara Pigini