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L‘inchiesta: proiettili con “uranio impoverito” all’esercito ucraino da utilizzare contro i Russi… in Ucraina

Il dibattito sull’uranio impoverito non si è mai concluso. Vi ricordate come veniva condannato da noi Occidentali nel corso della “guerra nella ex Jugoslavia (Bosnia 1995 e Kosovo 1999)”? Allora è tossico oppure no? Ong, istituti di ricerca e anche le Nazioni Unite hanno sempre diffuso per decenni molti timori sul suo effetto a lungo termine, per i militari e i civili delle aree colpite… ed ora si possono utilizzare nella guerra Ucraina-Russia perché servono all’Ucraina? E quindi gli Occidentali possono fornire questi proiettili all’esercito ucraino poiché “nessun pericolo”. Allora da che parte sta la verità militare?

Non sono solo proiettili per arma da braccio ma per l’impiego nei cannoni da 120 mm dei carri armati Challenger 2. Con l’impiego di tali munizioni ci sono oppure non ci sono rischi di contaminazione nucleare, minacce per l’ambiente e la salute della popolazione ucraina visto che al cui impatto liberano polveri considerate tossiche da molti osservatori, nonostante la bassa radioattività? Ma anche se su questo tema non vi sono certezze, tra l’altro le munizioni all’UI sono state utilizzate dagli aerei anticarro A10 americani, in particolare nei conflitti in Bosnia (1995), Kosovo (1998) e Iraq (1991 e 2003) e i militari italiani esposti, perché privi di adeguate protezioni, oggi, sono 372 i deceduti e 7.500 i malati e loro e i familiari dei deceduti hanno acceso delle azioni risarcitorie presso i tribunali italiani per la «malattia» in conseguenza alle radiazioni riportate.

Le munizioni perforanti contenenti uranio impoverito – utilizzate dai carri armati ma anche dai cannoni da 30 mm degli aerei statunitensi A-10 – è vero che sono in dotazione a diversi eserciti e questo malgrado le polemiche sulla legalità e salubrità circa il loro utilizzo in ex Jugoslavia o in Iraq da parte delle forze statunitensi e britanniche. Oltre a Stati Uniti e Gran Bretagna anche Francia, Pakistan e Russia dispongono di questo tipo di munizioni che sarebbero però state utilizzate solo dagli anglo-americani anche se fonti ucraine valutano che i russi le abbiano già impiegate nel conflitto in corso.

Proprio nel Regno Unito i rischi per la salute sono stati evidenziati da un recente rapporto pubblicato sul sito dell’International Coalition to Ban Uranium Weapons (ICBUW), un’organizzazione non governativa che si batte per il loro divieto e per la rinuncia britannica all’impiego delle munizioni Charm 1 e Charm 3 sviluppate rispettivamente all’inizio e alla fine degli anni ’90.

Anche il Consiglio di Sicurezza dell’ONU con la sua ennesima risoluzione (che però sembrano servire a ben poco), la numero 77/49 del 7 dicembre 2022, ha stabilito la necessità della massima cooperazione internazionale per comprendere il reale impatto di queste munizioni e delle polveri di uranio che sprigionano sull’ambiente e sulla salute. Centinaia di articoli e reportage televisivi ci hanno poi raccontato negli ultimi 25 anni di un impatto devastante causato dall’impiego delle munizioni a uranio impoverito non solo sulla salute delle popolazioni del Kosovo e dell’Iraq, ma anche sui militari dei paesi aderenti alla Nato schierati in aree dove tali munizioni erano state impiegate. Tumori e leucemie che hanno colpito militari alleati, anche italiani, sono state attribuite all’uranio impoverito, anche se non sono mai emerse prove scientifiche che lo dimostrassero al di là di ogni dubbio. Non a caso i militari che operavano intorno alle carcasse dei carri armati colpiti da proiettili all’uranio impoverito indossavano speciali tute protettive.

Il dibattito sull’esposizione dei nostri militari in Kosovo e i danni subiti da alcuni di loro (ripeto perché sia ben chiaro a tutti: 7.500 militari italiani, di cui più di 372 sono deceduti) non si è mai sopito. Come ricorda la pubblicazione Il Giornale dell’Ambiente: “la NATO ha confermato che nella guerra dei Balcani sono state adoperate molte munizioni trattate con uranio impoverito. Furono sparati più di 31mila colpi di munizioni, pari a più di 13 tonnellate di materiale radioattivo, solo nella guerra in Kosovo. I siti bombardati furono 112, di cui 85 in Kosovo, 10 in Serbia, 1 in Montenegro. In particolare, l’area posta sotto protezione del contingente italiano fu quella più bombardata e con la maggiore presenza di proiettili ad uranio impoverito. Sono stati 50 i siti, per un totale di 17.237 proiettili uranio impoverito. Su questa porzione di territorio è presente il 44,64% dei siti e il 56,47% dei proiettili usati in Kosovo uranio impoverito”.

Ma anche in Bosnia non sono mancati i problemi attribuiti all’uranio impoverito. “La Nato ha reso noto l’elenco dei siti bombardati con proiettili all’uranio impoverito in Bosnia Erzegovina nel 1995. In totale furono ben 6.780 i proiettili di uranio impoverito utilizzati. I bombardamenti si concentrarono nei territori di Han Pijesak, con 2.400 proiettili, cioè più di 7 quintali, e di Hadžići con 3.400 proiettili, equivalenti a circa una tonnellata. Proprio a Hadžići, vicino a Sarajevo, uno dei siti bosniaci maggiormente bombardati nel 1995, ci fu un allarmante numero di morti per tumore tra i cittadini”.

L’Archivio Disarmo ricorda, proprio in un comunicato diffuso ieri, che dopo la guerra del 2003 “un incremento dell’incidenza di cancro si è verificata in tutta la popolazione dell’Iraq. Secondo il registro dei tumori iracheni, l’incidenza è aumentata significativamente dopo la prima e la seconda Guerra del Golfo. Nel 1991, l’incidenza si attestava intorno a 31.05 casi ogni 100.000 casi. Nel 2003 questo valore ha raggiunto i 61.63 casi ogni 100.000 persone” (Alaa Salah Jumaah, 2019). “Anche il Pentagono, dopo l’appello di 80mila soldati, ha deciso nel 2002 di svolgere una propria inchiesta attraverso la Government Reform and Oversight Committee per indagare sugli effetti della Guerra del Golfo. Il risultato dell’inchiesta è stato l’ammissione dell’esposizione all’uranio di 20mila soldati, di cui però si afferma solo 60 furono esposti a livelli pericolosi. Inoltre, ulteriori ricerche del governo statunitense sono giunte alla conclusione che l’aumento di casi di leucemia, dovuti alla contaminazione da uranio impoverito, è compreso tra il 180 e il 350%. Anche gli allevamenti iracheni sembrano risentire di questa contaminazione con migliaia di animali tra cui mucche, agnelli e polli morti a causa di gravi infezioni.”

Insomma, le preoccupazioni espresse dai russi saranno senza dubbio strumentali e legate alla guerra in cui l’Occidente fornisce consistenti aiuti militari a Kiev ma sono le stesse espresse da decenni in Occidente da Ong e istituti di ricerca oltre che dalle Nazioni Unite.

Personalmente ho l’impressione che l’uranio impoverito risulti potenzialmente meno tossico e cancerogeno se sparato contro le truppe di Mosca… in terra ucraina sotto il controllo dei russi e dove insiste la popolazione ucraina, come ci ripetono quotidianamente.

Marco Affatigato

Riguardo l'autore

Marco Affatigato

nato il 14 luglio 1956, è uno scrittore e filosofo laureato in Filosofia - Scienze Umane e Esoteriche presso l'Università Marsilio Ficino. È membro di Reporter Sans Frontières, un'organizzazione internazionale che difende la libertà di stampa.

Nel 1980 la rivista «l’Uomo Qualunque» ha pubblicato suoi interventi come articolista. Negli ultimi anni, ha collaborato regolarmente con la rivista online «Storia Verità» (www.storiaverita.org) dal 2020 al 2023.