Home » Denatalità in Italia? L’assenza anche di vere politiche sociali
baby s foot
Photo by Vidal Balielo Jr. on Pexels.com
Società

Denatalità in Italia? L’assenza anche di vere politiche sociali

Negli ultimi giorni, le dichiarazioni del Governatore della Banca d’Italia sulla denatalità hanno acceso un vivace dibattito nell’opinione pubblica. Le sue parole, che evidenziano un problema demografico sempre più pressante, portano alla luce questioni complesse e divisive, ma portano alla luce anche un problema strutturale ben più grave: la mancanza di politiche efficaci a sostegno della natalità in Italia.

Dagli anni ’90 a oggi, il Paese ha visto poco in termini di interventi concreti volti a favorire la crescita demografica. Le politiche di welfare, che dovrebbero supportare le coppie nel decidere di avere figli, spesso si mostrano come inadeguate e frammentarie. Certo vi sono vari bonus elargiti da Regioni o dallo Stato, ma sono misure che rappresentano non certamente la soluzione al problema. Questo contesto di carenza si riflette in particolare nelle difficoltà che le donne affrontano nel conciliare il lavoro con la vita familiare. Nonostante alcuni tentativi di conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare durante la pandemia di Covid-19, come l’implementazione dello smart working, molte di queste iniziative non sono state consolidate. Al contrario, c’è stata una pressione crescente per un ritorno massiccio dei dipendenti negli uffici, trascurando le potenzialità del lavoro flessibile per migliorare l’equilibrio tra vita lavorativa e privata.

Il modello di lavoro tradizionale, con la settimana lavorativa di 40 ore distribuite su cinque giorni, continua a dominare, limitando ulteriormente le possibilità per le coppie, e in particolare per le donne, di gestire il tempo in modo più autonomo e compatibile con la genitorialità. Inoltre, mancano anche interventi strutturali che possano supportare le famiglie, come una più ampia offerta di servizi doposcuola e attività extrascolastiche. Questi servizi potrebbero rappresentare un aiuto significativo per le famiglie, permettendo alle donne di rimanere attive nel mercato del lavoro senza rinunciare al desiderio di avere figli.

Un altro aspetto cruciale è la questione salariale. Secondo i dati di Unicredit, tra il quarto trimestre del 2019 e lo stesso periodo del 2023, la retribuzione reale per dipendente in Italia è scesa dell’8%, un calo ben superiore alla media dell’Eurozona, che si attesta a -3%. Questo fenomeno è dovuto a richieste salariali limitate, rinnovi contrattuali graduali e all’assenza di un salario minimo. Di conseguenza, i lavoratori italiani hanno subito un impatto economico più severo rispetto ai loro colleghi europei, con un potere d’acquisto ridotto che rende ancora più difficile per le famiglie pianificare un futuro con figli.

In sintesi, le recenti dichiarazioni del Governatore della Banca d’Italia hanno evidenziato una problematica demografica cruciale per il futuro del Paese. Tuttavia, per affrontarla seriamente, è necessario un impegno politico e sociale più deciso, che vada oltre le semplici dichiarazioni. Servono interventi concreti e coordinati che possano migliorare il welfare, sostenere le famiglie e promuovere una maggiore equità salariale. Solo così sarà possibile invertire il trend demografico negativo e costruire un futuro più sostenibile per le nuove generazioni.

M.S.