“È accaduto infine l’inevitabile, che a lungo avevamo temuto”, era scritto nell’annuncio di morte dell’imperatore Francesco Giuseppe, spirato nelle ore serali del 21 novembre 1916 nella reggia di Schönbrunn alla veneranda età di 86 anni. Aveva regnato per 68 anni, a partire dal 1848.
Una ricorrenza dimenticata dai più, sebbene proprio lui sia stato l’artefice del mondo come lo conosciamo oggi. Il suo lungo impero fu contraddistinto da due grandi successi, ossia la cultura e la politica federalista. Ma anche da due gravi fallimenti: la sua politica estera e la sua famiglia, che lo hanno condannato ad una mite “damnatio memoriae”.
Francesco Giuseppe fu innanzitutto uno dei regnanti, assieme a Maria Teresa, che portò al massimo splendore l’Impero Asburgico; si pensi alla Vienna dei Valzer di Strauss, delle musiche di Mahler e dei dipinti di Klimt. La stessa capitale venne quasi ricostruita durante il suo regno con opere quali la Ringstrasse e il Palazzo del Parlamento, capolavori dell’architettura del XIX secolo.
L’Imperatore Francesco Giuseppe fu anche un fine legislatore. Nel 1867 promosse la creazione dell’Impero austro-ungarico, Stato che si vedeva nell’unione di due monarchie – quella austriaca e quella ungherese – all’interno di un sistema federalista. Lo Stato così teorizzato precedeva di oltre un secolo quella che poi sarebbe diventata parzialmente l’Unione Europea.
La monarchia austro-ungarica si poteva porre – alla fine dell’Ottocento – come uno Stato che superava, accettandole, le differenze culturali dei popoli che componevano l’Impero. Un Impero, però, che – causa l’ormai sopraggiunta senescenza del suo indiscusso leader – non riuscì a cogliere le sfide rappresentate dal Secolo Breve. Fu la politica austro-ungarica nei Balcani e un’eccessiva impersonificazione dello Stato nell’anziana figura del suo Imperatore a causare quella scellerata decisione di scatenare la Prima Guerra Mondiale.
Il mondo da quel 28 luglio 1914 non fu più lo stesso. La fine del conflitto portò all’affermazione in Europa e nel mondo dell’ideologia fascista e comunista, due ideologie che, scontrandosi, portarono l’Europa a perdere la sua identità. L’Impero austro-ungarico, che aveva retto le sorti dell’Europa per quasi mille anni, venne smembrato nonostante mancasse una vera ragione per distruggere un solo stato in tanti Staterelli.
Una risposta esaustiva la diede François Feitö nel libro Requiem per un impero defunto.
Il libro propone una visione dei fatti diversa da quella imposta dalla storiografia ufficiale. Solitamente si afferma che l’Impero si dissolse a causa di una sorta di irresistibile forza della natura, nei fatti fu in gran parte il risultato del lavorio sotterraneo di alcuni abilissimi propagandisti slavi, autonominatisi patrocinatori delle proprie cause nazionali – Masaryk, Beneš, Trumbic, Supilo – e di un piccolo numero di loro amici occidentali – Seton-Watson, Ernest Denis, Louis Léger – i quali trovarono il modo di insinuarsi nei corridoi dei Ministeri degli Esteri e dei governi di Londra, Washington, Parigi e Roma, e di attrarre a sé forze potenti della stampa, della finanza, degli affari, oltre che una serie di logge massoniche.
Il loro capolavoro fu quello di riuscire, fra il 1917 e il 1918, a capovolgere la posizione ufficiale delle potenze dell’Intesa, la quale non aveva mai contemplato la dissoluzione dell’Austria-Ungheria, ma solo la sua separazione politico-militare dalla Germania, verso la decisione di dissolvere il tutto.
Complotti a parte, fu colpa dell’anziano “eterno” Imperatore non porre freno a una simile situazione. Il secondo insuccesso di Francesco Giuseppe fu quello di non essere riuscito a garantire una forte leadership dopo la sua dipartita. Rodolfo, suo figlio, fu trovato morto suicida assieme alla sua amante a Mayerling; e suo nipote, Francesco Ferdinando, era celebre per la sua politica guerrafondaia e per il suo matrimonio morganatico. Lasciò un fragile Impero nelle mani di un giovane ragazzo, Carlo I, troppo inesperto per assumere una simile carica sopratutto in un periodo storico così delicato quale quello che stava vivendo la monarchia.
Cosa ci ha lasciato Francesco Giuseppe? Nei fatti un’Europa orfana di una guida che oggi lentamente deve ritrovare.