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L’opinione: stavo pensando alla “Unione Europea”, quella di Schuman

Stavo pensando all’Unione Europea e come si rovini con le sue mani: la sua burocrazia e le sue istituzioni. Alcuni fatti di questi giorni confermano il declino dell’Unione Europea con la promozione dell’ideologia Lgbt, gli attacchi ideologici a Polonia e Ungheria, malgrado accolgano milioni di rifugiati e le parole sconsiderate di von der Leyen e Macron su sanzioni, armi e intervento militare con truppe a terra in Ucraina. Per citare alcuni punti. Niente a che vedere con la Dichiarazione Schuman del 1950 che si celebrerà il prossimo 9 maggio quale «Giornata europea».

Ma l’Unione europea di oggi sfregia quella memoria e spinge l’intero continente alla rovina. Prendo ad esempio tre-quattro avvenimenti accaduti in questa ultima settimana. Il primo è frutto delle molteplici votazioni in Parlamento e delle comunicazioni della Commissione europea. Il Parlamento ha approvato un Rapporto sulla persecuzione verso le minoranze religiose: peccato che però abbiano dimenticato i cristiani perseguitati, della nomina del nuovo Rappresentante speciale per la libertà religiosa (vacante dal settembre 2021), mentre invece si esprima solidarietà ad atei e umanisti e “profonda preoccupazione per l’uso improprio e la strumentalizzazione del credo o della religione per imporre politiche discriminatorie, leggi, comprese quelle penali”. Europa dei popoli, quo vadis?

Le proposte approvate dal Parlamento europeo, a seguito della tanto disertata Conferenza sul Futuro dell’Europa, vanno nella direzione opposta a quella tracciata dai padri fondatori e dai trattati, laddove si prevedono un accresciuto centralismo, modifiche dei trattati per diluire le ragioni nazionali, liste elettorali e candidature transnazionali (soggette a probabili campagne di lobby multimilionarie con al primo posto Soros) e un federalismo accentratore di poteri, molto simile al centralismo democratico di sovietica memoria.

Non meno inquietanti gli attacchi a testa bassa del commissario alla Giustizia che, intervenendo al dibattito sulla procedura di infrazione verso Polonia e Ungheria per violazione dello “stato di diritto”, ha ribadito che la Commissione europea userà gli strumenti a sua disposizione per difendere i valori fondamentali e gli interessi finanziari dell’Unione, contro l’Ungheria per il preoccupante “livello di corruzione” e contro la Polonia per le sue sfide al “primato del diritto comunitario e le minacce all’indipendenza della magistratura” (in realtà la “polacco-ungarofobia” cresce ogni giorno di più). Entrambi i Paesi, in prima linea nell’accoglienza dei rifugiati, non hanno ancora avuto un quattrino del proprio Recovery Fund, né per i milioni di rifugiati accolti; la Polonia invece “deve” già 160 milioni, per mancato rispetto delle sentenze della Corte di giustizia europea. Una follia totale.

Al dibattito, la presidenza di turno ha opportunamente evitato di presentarsi, dando prova di quella saggezza e intelligenza politica ormai scomparse a Strasburgo e Bruxelles. Non soddisfatta delle performance ottenute la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Il discorso della presidente della Commissione unitamente a quello del presidente francese Macron nell’incontro con il presidente della Cina è una conferma chiara che siamo in guerra contro la Russia, i cittadini europei devono far debiti per aiutare Kiev, la Russia è il nemico assoluto da abbattere per volere di Washington e, ora, oltre a prezzo di crisi economiche, chiusura di imprese e cittadini alla fame si avanza lo spettro dell’intervento con truppe al suolo in Ucraina. C’è da domandarsi se l’Europa dall’Atlantico agli Urali esista ancora oppure se il nuovo destino del continente, per Bruxelles e Strasburgo, sia quello di diventare una colonia del Partito Democratico statunitense.

Le parole sconsiderate di intervento militare con truppe a terra in Ucraina del presidente Macron, assistite da quelle della von der Leyen dovrebbero provocarci ripugno e immediate contestazioni di piazza, stile anni ‘70 del secolo scorso contro la guerra in Viet-Nam. Invece hanno prodotto un semplice e labile intervento del nostro ministro della Difesa in occasione della festa dell’esercito ‘’non invieremo soldati in Ucraina’’. Nessuna risoluzione parlamentare né governativa, che invece confermerebbe il dire del ministro della Difesa e effettivamente impedirebbe l’invio di militare nella guerra Russo-Ucraina. Ecco perché io, il 9 maggio, personalmente, festeggerò la Dichiarazione Schuman, ma è un paradosso che coloro che oggi promuovono la guerra e la fame dei nostri popoli celebrino i padri fondatori che costruirono l’Europa perché “mai più ci fosse una guerra”.

Marco Affatigato

Riguardo l'autore

Marco Affatigato

nato il 14 luglio 1956, è uno scrittore e filosofo laureato in Filosofia - Scienze Umane e Esoteriche presso l'Università Marsilio Ficino. È membro di Reporter Sans Frontières, un'organizzazione internazionale che difende la libertà di stampa.

Nel 1980 la rivista «l’Uomo Qualunque» ha pubblicato suoi interventi come articolista. Negli ultimi anni, ha collaborato regolarmente con la rivista online «Storia Verità» (www.storiaverita.org) dal 2020 al 2023.