Hanno arrestato nel Torinese una grande risorsa accusata di essere un militante dell’Isis. Un giovane marocchino naturalizzato italiano. E questa volta non si può neppure cominciare con le solite buffonate tipo “non ce la faccio saremmo aspettato, salutava sempre, sembrava una brava persona”. Perché la grande risorsa era già finita in tribunale, con una condanna a due anni sempre per terrorismo. Galera? Neanche a parlarne.
Sospensione condizionale della pena, mica sarà una cosa grave fiancheggiare il terrorismo, se si è stranieri. Praticamente un gioco, secondo i magistrati torinesi. Così come è un gioco simpatico quello che giovani rom organizzano ogni giorno nei campi con roghi tossici che impestano tutti i torinesi che vivono nei dintorni. Le forze dell’ordine, dopo le proteste dei cittadini, sono finalmente intervenute e hanno ammanettato uno dei responsabili, nonostante le minacce dei rom che hanno circondato l’auto di pattuglia cercando di liberare l’arrestato. Fatica inutile, quella delle due parti.
Perché ovviamente ci ha pensato il magistrato di turno a rimettere immediatamente in libertà l’arrestato. Chi siamo noi per giudicare uno che si diverte ad avvelenare tutto il quartiere? E allora di capisce anche perché la pattuglia dell’esercito che dovrebbe presidiare il campo rom abbia accuratamente evitato di intervenire. Forse il ruolo di esercito e forze dell’ordine deve essere solo quello di intervenire contro i cittadini che, eventualmente, volessero protestare contro l’avvelenamento. In quel caso, allora, si può essere certi che la magistratura locale interverrebbe con decisione e rigore. Quel rigore che è mancato contro le baby gang che aggrediscono i giovani italiani in pieno centro cittadino. Bande composte da ospiti di diversi Paesi, per la felicità di chi si entusiasma per l’internalizzazione della città.