Leggendo la cronaca sul vertice europeo tenutosi ieri e l’altro, emerge evidente l’astio (e il tifo politico contro) nei confronti di questo Governo. Pur di non ammettere che qualcosa è cambiato in Europa, una buona parte dell’informazione italica è disposta ad affondare e ridicolizzare la politica di questo Governo, senza se e senza ma. Come già è capitato in passato, con i Governi Berlusconi, i media italici anziché difendere l’azione italiana in Europa, hanno cercato di ridimensionarla e ridicolizzarla, omettendo di dire una banale verità: e cioè che quanto ha ottenuto Conte a livello europeo, è molto ma molto di più di quanto avrebbero ottenuto (se l’avessero chiesto) i precedenti Governi.
Molti parlano di fallimento, se non addirittura di una sostanziale presa in giro. Ma non è così. L’accordo strappato da Conte, infatti, è un non-accordo, che lascia letteralmente – dico letteralmente! – mano libera al nostro paese sul tema immigrazione. Ed è quello che alla fine volevano a Palazzo Chigi: il punto di rottura e il cambio di passo. Perché era chiaro fin dall’inizio che nessun Governo europeo avrebbe acconsentito a sobbarcarsi obbligatoriamente quote di immigrati e ad aprire hotspot nel proprio territorio. Chi avesse accettato una simile proposta, sarebbe stato elettoralmente massacrato. E non parlo solo dei paesi di Visegrad, ma anche (e soprattutto) di quelli che a parole sono per l’accoglienza (Francia e Germania), ma che nei fatti vorrebbero scaricare l’ingombro solo e soltanto sull’Italia, sulla Spagna e su quella povera nazione che è la Grecia, ormai diventata una colonia tedesca. Dunque, in realtà, la locuzione “su base volontaria” serviva (e servirà) al nostro Governo per rivendicare la reciprocità: se nessuno si sobbarcherà volontariamente quote di immigrati o non aprirà nessun hotspot in Europa (o peggio cercherà di restituire quelli che hanno passato la frontiera in passato), altrettanto sarà legittimato a fare il nostro, e nessuno degli altri potrà dire che siamo razzisti o insensibili (bingo!). E questo nonostante Dublino (ormai superato nei fatti). Primo punto a favore della strategia di Conte.
Non solo. Conte ha preteso – minacciando veti – che l’accordo fosse raggiunto da tutti i 28 paesi presenti al Consiglio, compresi i paesi di Visegrad. Non ci vuole una laurea per capire che quell’accordo era praticamente impossibile da raggiungere. Come si è detto, nessun paese, e men che meno i paesi di Visegrad, avrebbero accettato quote di immigrati nei loro territori. Ecco dunque che emerge ancora una volta la sottile strategia italiana: affossare l’accordo dei volenterosi di Angela Merkel (accordo vero e sostanziale, ma trai i pochi), introducendo il concetto di volontarietà e garantendo così al nostro paese un ampio margine di manovra nel Mediterraneo, compresa la chiusura dei porti e delle frontiere terrestri. Altro punto a favore della strategia di Conte.
La verità, dunque, è ben diversa da quella che l’informazione nostrana (non tutta però) offre al povero cittadino italiano. I veri sconfitti del vertice di ieri sono stati la Merkel e Macron, male abituati a preconfezionare (nei vertici a due) i documenti d’intesa da sottoporre (e imporre) agli altri paesi. Il duo non solo è stato costretto a rinunciare al proprio documento, ma addirittura ha dovuto lavorare su quello proposto dall’Italia. Un cambio di passo direi quasi epocale per il nostro paese, fino al giorno prima considerato nei vertici se non uno zerbino, quanto meno un soprammobile privo di una reale posizione politica che non fosse quella di Berlino o Parigi. Ma tra gli sconfitti, il più sconfitto è e resta Macron (ieri piuttosto nervosetto). Asserire dunque che Macron abbia vinto e Conte perso è non solo ridicolo, ma è persino falso. Una colossale fake-news.
Naturalmente, a titolo di cronaca, non tutto è andato come doveva andare in quel vertice. Se la vittoria di Conte è indiscutibile sul fronte dell’immigrazione, il discorso in parte è diverso per quanto riguarda gli altri temi caldi del vertice: in particolare mi riferisco alle sanzioni alla Russia (confermate anche con l’assenso del nostro Governo) e alla politica economica, che ancora una volta si pone nel solco dell’eurismo più spinto (abbassamento del debito, riduzione della spesa ecc.). Su questi due fronti, se non si può parlare di sconfitta, si può comunque parlare di una sostanziale adesione del nostro paese alle politiche solite dell’Unione Europea. Mi auguro che questa sia solo una strategia volta a non aprire troppi fronti caldi con Bruxelles, in attesa della guerra che scoppierà in autunno.