«Soldata», «medica» e «ministra». Sono solamente alcune delle parole consigliate dall’opuscolo che il Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige, in collaborazione con le Commissioni per le pari opportunità di Trento e Bolzano, ha dato alle stampe. Gli altri termini caldeggiati dalla pubblicazione ancora li ignoro, ma desidero conoscerli, studiarli con cura, impararli a memoria: per evitarli come la peste. Infatti, già parlo di parità tra i sessi anziché di parità di genere, già sudo freddo quando sento straparlare di «maschilismo» e «patriarcato», figurarsi se inizio ad esprimermi come una Laura Boldrini qualunque.
E poi, se proprio devo scegliere, al plauso mondano delle suffragette 2.0 preferisco quello dal Cielo di Alda Merini, una che aveva un debole per chi evitava vocaboli osceni («mi piace chi sceglie con cura le parole da non dire») ed aveva inteso la vera essenza del femminismo («una bestemmia, l’opposto dell’essere femmina»). Ci sarebbe poi molto da dire sull’utilizzo dei soldi di tutti per battaglie che interessano a nessuno: un sondaggio di Repubblica dello scorso anno, volto a sondare le priorità della sinistra, ha rilevato come la parità di genere sia considerata tale dall’1% dei rispondenti. Ciò nonostante, ecco che la Regione ci rifila l’opuscolo antisessista. Fanno proprio ridere, vero Alda?