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Buon viaggio, Maestro.

Possedeva uno stile inconfondibile tant’è che di fronte ad una sua scultura, come ad un quadro, intuirne immediatamente la sua mano sia un esercizio adatto pure per i neofiti. Botero era questo. Pazienza se non piacesse a tutti, ovvero a coloro capaci di storcere la bocca per la monotonia dei soggetti incredibilmente obesi, critici da quattro soldi incapaci di approfondire laddove la bellezza artistica, del Maestro colombiano, sta nel cercare l’impressione dell’anima nello splendore dei colori o nella levigazione del marmo di Carrara.

Di fatto le sue opere non si guardano, o almeno non solo, ma bensì sono esse a guardare te per la profondità degli occhi, disegnati armonicamente nelle figure, occhi magicamente capaci di seguirti nei movimenti donando improvvisamente una melodia alla rotondità delle forme. Fernando Botero esprimeva l’anima guardando le anime. Osservando un qualsiasi dipinto di Botero risalta l’imponenza delle figure tese ad assorbire l’intera area della tela, come a dire il dominio dell’umanità sulle cose, ma tutte le tele stanno all’interno di una cornice lasciando che sia l’infinito il resto dello spazio. Ed allora capisci che seppure grandi e grossi, benestanti e potenti, noi umani siamo solo dei miseri nel contesto dell’universo.

La porta a Pietrasanta realizzata da Botero

Fernando Botero aveva lo studio a Pietrasanta, forse la più bella cittadina dell’intera Versilia, da quelle parti giurano che avesse un’origine italiana per il fatto due fratelli genovesi, imbarcati un secolo e mezzo fa per il sud America, anch’essi di cognome Botero. Quisquilie, Fernando Botero abbracciava il mondo intero.

Buon viaggio, Maestro capace di scrutare l’anima.

Marco Vannucci