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Nel 2011 complotto UE benedetto da USA per estromettere Berlusconi dalla vita politica. In altri tempi sarebbe stato « colpo di stato »

Se ce ne fosse stato bisogno è la stessa autobiografia di Nicolas Sarkozy, uscita in Francia qualche settimana fa per i caratteri dell’editore Fayard «Le temps des combats», a svelare (o confermare) i retroscena riguardanti l’Italia e il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Se è vero che l’azione penale in Italia è obbligatoria non si capisce perché nessuna Procura della Repubblica non abbia ancora aperto un ‘’fascicolo investigativo d’iniziativa’’ per verificare e accertare che quanto dichiarato pubblicamente dall’ex presidente della Repubblica francese, Nicolas Sarkozy, corrisponda al vero. E se cio’ sia accertato , allora l’affaire dovrebbe essere portato in un aula di un Tribunale italiano per l’ipotesi di reato di «Attentato contro gli organi costituzionali» (Art. 289 C.P.). Si! Perché di questo si è trattato! Esso include l’improvvisa deposizione extragiudiziale di un governo in essere effettuato per sostituire il governo deposto con un altro governo. Quello che potrebbe essere definito un «colpo di Stato» anche se non essercitato con azione violenta o militare poiché un colpo di Stato riesce se l’usurpatore stabilisce la propria posizione dominante per assumere il ‘’controllo politico del paese’’ e il governo in carica non riesce a sventare il consolidamento del suo potere. E questo emerge dalla autobiografia di Nicola Sarkozy. L’ex inquilino dell’Eliseo e Angela Merkel, infatti, si legge in alcuni passaggi del libro, durante il vertice del G20 del 2011 a Cannes, avrebbero esercitato una forte pressione sull’allora presidente del Consiglio italiano per dimettersi. Lo stesso summit, racconta Sarkozy, fu convocato ufficialmente per occuparsi del collasso dell’economia greca ma in realtà per mettere alle strette Berlusconi e obbligarlo alle sue dimissioni. «Ci fu tra di noi un momento di grande tensione, quando ho dovuto spiegargli che il problema dell’Italia era lui!», scrive Sarkozy nella sua autobiografia. Lui e la Merkel, infatti, erano apoditticamente convinti che «la situazione sarebbe stata meno drammatica senza di lui [ndr Berlusconi] e il suo atteggiamento patetico… L’ora era grave. Abbiamo dovuto sacrificare Papandreu e Berlusconi per tentare di contenere lo tsunami… I mercati hanno capito che noi auspicavamo le dimissioni di Berlusconi. È stato crudele, ma necessario». Già questo , a parere dello scrivente, permette d’inquadrare in tutt’altra luce le dinamiche della storia politica italiana dell’ultimo ventennio e le dimissioni forzate da presidente del Consiglio Silvio Berlusconi nel 2011 come un vero e proprio “complotto internazionale”. Un «complotto»  contro l’Italia, contro la sovranità del popolo italiano che con il voto aveva scelto l’on. Silvio Berlusconi  per essere il capo del suo governo.

Ma perché il «complotto internazionale» ?

Perché il presidente del Consiglio Berlusconi promuoveva una opposizione  alla politica di austerità che Angela Merkel e Nicolas Sarkozy volevano imporre all’Italia, al punto di volerla far commissariare dal ‘’Fondo Monetario Internazionale’’ (in quell’anno a guida francese con Dominique Strauss-Kahn – che tutti ricordano come fu obbligato alle dimissioni – e Christine Lagarde che gli successe ed oggi presidente della BCE). Berlusconi fu costretto a dimettersi, pochi giorni dopo il G20 di Cannes (3-4 novembre 2011), dove era stato sottoposto a tremende pressioni e lasciato solo dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, affinché l’Italia non fosse danneggiata economicamente e finanziariamente in modo irreparabile, come gli avevano prospettato.

Ma se non fosse sufficiente l’autobiografia di Nicolas Sarkozy, «Le temps des combats» (ed.Fayard), ecco veniure in aiuto il saggio «Stress Test. Riflessioni sulla crisi finanziaria», i cui contenuti sono stati anticipati da ’’La Stampa’’ e dal ’’Daily Beast’’, nel quale l’ex Ministro del Tesoro degli Stati Uniti, Timothy Geithner, riporta fatti sconcertanti e di straordinaria gravità per il nostro Paese. Geithner, ha ricoperto l’incarico di segretario al Tesoro dal 26 gennaio 2009 al 28 febbraio 2013 durante il primo Governo presieduto da Barack Obama, rivela inquietanti informazioni in merito al complotto organizzato contro Silvio Berlusconi per favorire l’ingresso di Mario Monti a Palazzo Chigi, ovvero di un tecnico scelto ad hoc per agevolare le misure imposte dalla Commissione Europea. Nel ripercorrere la disastrosa situazione finanziaria che spinse a progettare il complotto, l’ex Ministro statunitense racconta di essere stato avvicinato da alcuni funzionari europei (nel testo scrive «officials», parola che indica alte burocrazie o personalità legate ai Governi) nell’autunno del 2011, proponendo un piano per far cadere il Premier italiano Berlusconi. Lui lo rifiutò, puntando sull’asse col presidente della Banca Centrale Europea prof. Mario Draghi per salvare l’Unione Europea e l’economia globale. Geithner scrive: «Ad un certo punto, in quell’autunno, alcuni funzionari europei ci contattarono con una trama per cercare di costringere il premier italiano Berlusconi a cedere il potere; volevano che noi rifiutassimo di sostenere i prestiti dell’FMI all’Italia, fino a quando non se ne fosse andato». Il ‘’complotto’’ iniziò ad essere tessuto nell’estate del 2010, quando «i mercati stavano scappando dall’Italia e la Spagna, settima e nona economia più grande al mondo». L’ex segretario scrive che aveva consigliato ai colleghi europei di essere prudenti: «Se volevano tenere gli stivali sul collo della Grecia, dovevano anche assicurare i mercati che non avrebbero permesso il default dei Paesi e dell’intero sistema bancario». Ma all’epoca Germania e Francia «rimproveravano ancora al nostro West selvaggio la crisi del 2008», e non accettavano i consigli americani di mobilitare più risorse per prevenire il crollo europeo; nell’estate del 2011 la situazione era peggiorata, però «la cancelliera Merkel insisteva sul fatto che il libretto degli assegni della Germania era chiuso», anche perché «non le piaceva come i ricettori dell’assistenza europea – Spagna, Italia e Grecia – stavano facendo marcia indietro sulle riforme promesse». A settembre Geithner fu invitato all’Ecofin in Polonia e suggerì l’adozione di un piano come il term asset-backed securities loan facility (talf americano), cioè un muro di protezione finanziato dal governo e soprattutto dalla banca centrale, per impedire insieme il default dei Paesi e delle banche. Non ebbe successo. Gli americani, però, ricevevano spesso richieste per «fare pressioni sulla Merkel affinché fosse meno tirchia, o sugli italiani e spagnoli affinché fossero più responsabili». Ed è proprio in questo quadro inquietante di supponenza tedesca e incompetenza europea che arrivano le prime pressioni per cambiare il Governo italiano. Al G20 di Cannes lo stesso governatore della Banca Centrale Europea, prof. Mario Draghi (che sarà il 13 febbraio 2021 nominato presidente del Consiglio,  succedendo al governo Conte II), gli promette «l’uso di una forza schiacciante». «Parlammo al presidente Obama di questo invito sorprendente – racconta Geithner – ma per quanto sarebbe stato utile avere una leadership migliore in Europa, non potevamo coinvolgerci in un complotto come quello.» Non possiamo avere il suo sangue sulle nostre mani «, io dissi». Nonostante il niet degli Stati Uniti, i «funzionari europei» riescono nell’intento: nel giro di poche settimane si dimette il Premier greco George Papandreou, Berlusconi viene sostituito con Monti («un economista che proiettava competenza tecnocratica») e in Spagna viene eletto Mariano Rajoy. A dicembre la Banca Centrale Europea approva il piano per finanziare le banche. Piano che viene accolto con euforia da Bruxelles che si affretta a dichiarare che l’Europa è uscita dal tunnel della crisi. «Io non la pensavo così», sottolinea l’ex segretario del Tesoro. E, infatti, nel giugno del 2012 la minaccia del default tornerà a mettere in ginocchio i mercati del vecchio continente.

Servivano anche queste dichiarazioni che riportano fatti  che costituiscono un’ulteriore conferma del fatto che Silvio Berlusconi sarebbe stato costretto alle dimissioni a seguito di un vero e proprio complotto organizzato a Bruxelles per far cadere un Governo eletto democraticamente e piazzarne uno tecnico e asservito all’Unione europea. La testimonianza di Geithner è solo l’ultima di una lunga serie di dichiarazioni che mostrano esattamente il piano che, nell’autunno del 2011, ha portato alla fine del Governo Berlusconi.

Ma ancora,  Alan Friedman, in «Ammazziamo il gattopardo» (2014), dichiara: «La torrida estate del 2011 è un momento molto importante e storico per l’Italia (…). La Germania della Merkel non ama il primo ministro in carica, Silvio Berlusconi. Tra giugno e settembre di quella drammatica estate accadono molte cose che finora non sono state rivelate. E questo riguarda soprattutto le conversazioni tra il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e Mario Monti, che precedono di 4-5 mesi la nomina dell’allora presidente della Bocconi a Palazzo Chigi, il 13 novembre 2011 (…). Per gli annali della storia il presidente Napolitano accetta le dimissioni di Berlusconi il 12 novembre e avvia, come si conviene, le consultazioni con i gruppi parlamentari e politici. Poi, 24 ore dopo, Monti viene indicato come Premier al posto di Berlusconi. Ma, stando alle parole di Carlo De Benedetti e Romano Prodi, entrambi amici di Monti, e per ammissione dello stesso ex Premier, le cose sono andate diversamente. E quando Friedman insiste con Monti: «Con rispetto, e per la cronaca, lei non smentisce che, nel giugno-luglio 2011, il Presidente della Repubblica le ha fatto capire o le ha chiesto esplicitamente di essere disponibile se fosse stato necessario?», Monti ascolta con la faccia dei momenti solenni, e, con un’espressione contrita, e con la rassegnazione di uno che capisce che è davanti a una domanda che non lascia scampo al non detto, risponde: «Sì, mi ha, mi ha dato segnali in quel senso» Parole che cambiano il segno di quell’estate che per l’Italia si stava facendo sempre più drammatica. E che probabilmente porteranno a riscrivere la storia recente del nostro Paese».

Altro aiuto per comprendere viene dalla biografia dell’ex premier spagnolo Jose Luis Rodriguez Zapatero ««Il dilemma: 600 giorni di vertigini» (novembre 2013). Nella sua biografia Zapatero racconta di essere stato avvicinato da Angela Merkel durante quel vertice di Cannes. E spiega: “la Merkel mi chiese se fossi disponibile a chiedere una linea di credito preventiva di 50 miliardi al Fmi mentre altri 85 miliardi sarebbero andati all’Italia. Anche la mia risposta fu diretta e chiara: ‘no'”. 

Il prestito del FMI avrebbe infatti significato per Spagna e Italia cadere dalla padella alla brace, ossia trasformarsi in una nuova Grecia, dato che il FMI presta denaro a condizione che si rispettino alcuni percorsi di “riforme istituzionali” basati su un liberismo sfrenato che si propone di erodere ogni forma di welfare state e di ridimensionare drasticamente la spesa pubblica e dunque la pubblica amministrazione. Il tutto senza tralasciare uno spregiudicato taglio di stipendi nel pubblico e nel privato che non fa altro che accelerare la recessione. Misure valide forse per economie di paesi in via di sviluppo, ma probabilmente inadeguate per le nazioni europee.

Durante il vertice di Cannes, prosegue Zapatero, l’Italia sembrava una “fortezza sotto assedio”. E riguardo la proposta insistente rivolta all’Italia di aprirsi a prestiti del FMI cita le parole di Giulio Tremonti: “Posso pensare a modi migliori per commettere suicidio”. Non solo. Zapatero ricorda come “i delegati sussurrassero già il nome di Mario Monti” come sostituto designato di Berlusconi. 

Quanto a Monti, anche in questo caso non c’è da stupirsi. Il professore che nel corso del 2011 aveva lanciato qualche deciso strale contro il governo Berlusconi in qualità di editorialista del Corriere, era già un candidato in pectore a ricoprire la carica di Premier. Già il 24 luglio 2011 ’’La Stampa’’ pubblicava un articolo dal titolo inequivocabile “L’investitura di Monti per il dopo Berlusconi”. Nell’articolo si faceva riferimento ad un “incontro riservatissimo” fra Monti, Prodi, Bazoli, De Benedetti e Passera. Incontro nel quale Prodi avrebbe detto a Monti: “Caro Mario, secondo me Berlusconi non se ne va neppure se lo spingono, ma certo se le cose volgessero al peggio, credo che per te sarebbe difficile tirarti indietro”.

Sempre nel libro «Il dilemma: 600 giorni di vertigini» (2013), Zapatero scrive: «Ci fu una cena ristretta: solo 4 primi ministri europei con i loro ministri economici, i vertici dell’Unione europea, del FMI e il presidente degli Stati Uniti, seduti attorno a un tavolo piccolo, rettangolare che ispirava confidenza. Una cena sull’Italia e il futuro dell’euro, quasi due ore nelle quali si mise il Governo italiano sotto un duro martellamento perché accettasse lì, a quello stesso tavolo il salvataggio del Fondo Monetario Internazionale e dell’Ue come già Grecia, Irlanda e Portogallo (…). Berlusconi e Tremonti si difesero con un catenaccio in piena regola. Tremonti ripeteva: «conosco modi migliori per suicidarsi». Berlusconi, più casereccio, evocava la forza dell’economia reale e del risparmio degli italiani. Alla fine si arrivò a un compromesso per il quale FMI e Unione Europea avrebbero costituito un gruppo di supervisione sulle riforme promesse. Il Cavaliere spiegò in pubblico che il ruolo del FMI era di «certificare» le riforme, però il governo italiano risultò toccato profondamente. Solo pochi giorni dopo quel G20, il 12 novembre, Berlusconi si dimetteva. E Mario Monti era eletto primo ministro.».

Infine è alla  vigilia del G20 di Cannes del 3 e 4 novembre 2011, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si rifiuta di firmare il «Decreto Sviluppo» che dava attuazione agli impegni presi dal Governo italiano con la Commissione e il Consiglio europeo nella lettera del 26 ottobre 2011, costringendo il Presidente del Consiglio dei ministri italiano, Silvio Berlusconi, a recarsi al vertice «a mani vuote» e il 7 febbraio 2012 il consigliere del Presidente della Repubblica per la stampa e la comunicazione, dottor Pasquale Cascella, con lettera al direttore de ’’Il Giornale’’, completa il quadro rivelando che la decisione del Presidente della Repubblica di non firmare il «Decreto Sviluppo» era stata presa nel corso di un incontro con Ministro dell’economia e delle finanze pro tempore, Giulio Tremonti. Scrive Cascella: «Il Capo dello Stato ricevette il Ministro dell’economia (Giulio Tremonti) prima della riunione del Consiglio dei ministri» del 2 novembre 2011.

Come non ricordare che in quel frangente storico l’Italia sia stata oggetto, attraverso lo spread e ricatti finanziari di ogni genere, al “grande imbroglio” diretto a sostituire il governo di Berlusconi con quello “tecnico” e terminale di interessi che poco avevano a che fare con lo ‘’interesse nazionale’’ guidato da quel tecnico Mario Monti (dal 16 novembre 2011 al 28 aprile 2013) lasciando gli incarichi di presidente europeo della Commissione Trilaterale (un gruppo di interesse di orientamento neoliberista fondato nel 1973 da David Rockefeller) e da membro del comitato direttivo del Gruppo Bilderberg.  Ma come non rileggere il suo cv per dare interpretazione alla ‘’nomina’’, da parte del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, di presidente del Consiglio e formare un nuovo governo non votato dagli elettori: tra il 2005 e il 2011 è stato international advisor per Goldman Sachs e precisamente membro del Research Advisory Council del Goldman Sachs Global Market Institute, presieduto dalla economista statunitense Abby Joseph Cohen, e poi tra gli organismi internazionali di cui fa parte Monti è membro del comitato esecutivo dell’Aspen Institute Italia, un’organizzazione internazionale non profit, fondata nel 1950 ed è stato inoltre advisor della Coca Cola Company, membro del “Senior European Advisory Council” di Moody’s ed è uno dei presidenti del “Business and Economics Advisors Group” dell’Atlantic Council. Tutti organismi finanziari internazzionali statunitensi. Monti era l’uomo giusto per l’Unione Europea ma anche per gli USA.

E’ dal  giugno del 2011 che l’attacco finanziario contro l’Italia comincia a farsi sentire ed è proprio in quel periodo, quando ancora lo spread era ancora ai minimi, che Mario Monti era già stato oggetto di un profetico sondaggio da parte del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, così che si tenesse pronto al gran salto a Palazzo Chigi.  Lo confesso’ lo stesso Monti ad Alan Friedman, e lo hanno confermato al medesimo giornalista americano Carlo De Benedetti e Romano Prodi. Addirittura Corrado Passera – si viene a sapere – aveva confezionato un programma economico ad uso di Mario Monti sin da quell’estate.

Brunetta, nel suo libro «Il grande imbroglio», racconta in modo emozionante la furente azione finanziaria e politica ai danni dell’Italia. Tre anni di sospensione della democrazia e di impoverimento e saccheggio del nostro Paese dall’estate/autunno del 2011. Renato Brunetta descrive una serie continua di colpi di Stato finanziari e politici premeditati con metodica freddezza al fine di ottenere un solo scopo: mettere le mani sulla ricchezza degli italiani. Per riuscirci era necessario – sostiene Brunetta – far fuori Berlusconi, la bestia nera delle cancellerie europee e dei poteri forti e marci di casa nostra. Il “colpo di Stato” non fu pienamente portato a compimento nell’autunno del 2011, sostiene Brunetta, ma trovò il suo coronamento con l’estromissione di Berlusconi dal Senato e l’annessa condanna della sua incandidabilità per 6 anni. Un’infamia perseguita sulla base di una legge ambigua (la n. 190 del 6 novembre 2012 detta anche “legge Severino” dal nome del Ministro della giustizia del governo Monti) , applicata retroattivamente. Una infamia confermata dall’audio-confessione rivelatrice in limine mortis dal giudice Amedeo Franco (1941-2019), relatore della sua causa presso la Corte di Cassazione, secondo cui il processo per frode fiscale all’ex premier fu «un plotone d’esecuzione», sulle “sentenze pilotate” contro Silvio Berlusconi sembrarono a suo tempo aver scoperchiato, assieme alle intercettazioni dell’ex magistrato Luca Palamara, il vaso di Pandora del mondo della giustizia italiano. A distanza di anni, però, non molto sembra esser cambiato sia guardando alle difficoltà (o sabotaggi?) che sta patendo la riforma della giustizia promossa dal ministro Nordio, sia ai recenti casi Santanchè, Del Mastro e La Russa.

Come si vede gli elementi sono troppi per fingere non sia accaduto nulla di anomalo, e che la democrazia italiana abbia avuto un andamento ligio alla Costituzione. E sono stupefatto che, dinanzi a questa sequenza di avvenimenti per lo meno stran ma avvalorati da chi li dichiara, nessuna Procura della Repubblica abbia aperto alcun fascicolo con scritto sopra “novembre 2011: Attentato alla Costituzione».  

Ma da quel critico 2011 la crisi non è terminata: il debito pubblico è cresciuto ben più velocemente sotto i governi Monti e Letta che sotto tutti gli altri governi;le pensioni sono state ridotte, si è creato il dramma degli esodati, lo Stato non è stato capace di ridurre le proprie spese, ma solo di tassare di più i cittadini; le Banche sono state graziate, la ricapitalizzazione della Banca d’Italia è stato l’ultimo dono fatto agli istituti di credito che meno di ogni altro attore economico italiano hanno aiutato la ripresa economica (grazie alla incredibile e diffusa stretta al credito).

Ma perché allora questo «attacco all’Italia» contro il governo Berlusconi? 

Forse per il fatto che il governo italiano, unico fra tutti quelli europei, non era intervenuto nel corso della crisi del 2008-2009 a salvare le banche immettendo denaro pubblico per ripianare i loro debiti? Forse la mancata previsione di un ingente piano di “privatizzazione” dei gioielli di famiglia (Eni, Enel, Poste, Finmeccanica)? Forse l’indisponibilità a misure autolesionistiche come la riforma delle pensioni e la reintroduzione dell’IMU che, lungi dal ripianare i debiti del Paese, avrebbero – ed effettivamente hanno – ridotto il potere d’acquisto dei cittadini, determinando una spirale recessiva inarrestabile?

A distanza di anni da quel novembre 2011, forse occorrerebbe capire come sia stato possibile che non solo in Italia, ma anche in altri paesi resi deboli dalla disallineata economia dell’Euro, la democrazia elettiva sia stata sostituita da conciliaboli elitari e da pressioni incrociate che ‘’in nome del potere’’, dell’ideologia economica e dell’avidità di pochi hanno determinato e continuano a determinare il triste destino delle masse, sempre più illuse di contare ma sempre meno decisive nell’esercizio del potere democratico. 

Marco Affatigato