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L’opinione: per un attimo vorrei tornare sul 1° maggio e lo scippo del “lavoro” fatto dal pensiero comunista

L’essenza vera del comunismo e del socialismo non è mai stato il lavoro né lo sono stati i lavoratori. Questa illusione è stata venduta a caro prezzo e molti l’hanno fatta propria, sia tra i socialisti sia tra i non socialisti. Dostoevskij diceva invece che l’essenza del socialismo è l’ateismo e l’ateismo, aggiungo io, porta via con sé tutto, compreso il lavoro.

Si spiega così perché oggi sono proprio i sindacati dei lavoratori a scippare il lavoro alla festa del 1° maggio. Il concertone e le immancabili declamazioni ideologiche libertarie contro la vita e la famiglia, il transgender e quant’altro non hanno niente a che fare col lavoro, ma hanno molto a che fare col socialismo. Credo anche che sia sbagliato accusare i sindacati di incoerenza, la stessa incoerenza di cui si accusa l’attuale sinistra di proteggere i diritti LGBT e non i lavoratori. Anzi, sono molto coerenti con loro stessi e la loro ideologia. La secolarizzazione del lavoro era già nel DNA del comunismo e del socialismo e scippare il lavoro è da parte loro un segno di coerenza, come anche proteggere i diritti LGBT e non quelli dei lavoratori.

La Destra politica e ideologica è stata spesso, molto spesso accusata di non considerare in modo adeguato il lavoro. Soprattutto è stata accusata di non arrivare ai nodi strutturali dell’economia e della “lotta di classe” e questo, in un certo senso, è vero se facciamo riferimento alla “destra liberale”. Ma dimentichiamo che nella “Destra” vi è anche quella “socialeche, invece, affronta il tema del “lavoro” e quello dei diritti inalienabili dei lavoratori.

Il comunismo e il socialismo laddove sono arrivati a cambiamenti strutturali, come in Russia ieri o in Cina oggi, il lavoro non è stato certo protetto. Nei Paesi comunisti il lavoro e i diritti dei lavoratori sono stati negati e lo sono tuttora, anche se ufficialmente il lavoro ed i lavoratori sono esaltati dalla propaganda. Eppure, è proprio da questi applicatori delle ideologie comuniste e socialiste che sono sempre arrivati verso la Destra giudizi di inadeguatezza. La Destra avrebbe, secondo loro, perpetuato l’alienazione dell’uomo sul lavoro, quando invece l’uomo è alienato sul lavoro nei regimi socialisti, comunisti e, con ogni probabilità, anche in quelli socialdemocratici.

Questa accusa di non incidere nel campo del lavoro, di conservare le ingiustizie presenti, di fare solo bei discorsi moralistici ma di non cambiare lo stato delle cose è stata ampiamente recepita nella Destra “sociale” contemporanea che ha cercato di emendare la Destra liberale dai propri comportamenti. E, a pensarci bene, questo è avvenuto anche in altri campi e non solo in quello del lavoro, come il ruolo della donna nella società.

La Destra sociale propone il lavoro addirittura come “collaborazione” tra il lavoratore e l’imprenditore (cioè colui che finanziariamente rende attiva l’attività lavorativa), mentre chi si vanta di proteggere il lavoro e i lavoratori li mette in contrasto e poi produce concertoni plastificati proni all’ideologia più borghesemente borghese.

Il concertone del primo maggio è ormai da anni la testimonianza più palpabile dello scippo del lavoro attuato dalla cultura della sinistra, anche se si dice ex comunista ed ex socialista, la quale ha così evidenziato come nella propria essenza non ci fosse mai stata la tutela del lavoro e dei lavoratori. C’è da rammaricarsi ma non da stupirsi. Che superpagati personaggi dello spettacolo di celluloide irridano la vita e la famiglia dal palco del 1° maggio, in nome dei lavoratori e del lavoro, non è né un caso né una incoerenza.

Del Noce, come ho scritto all’inizio di questa breve esposizione, lo aveva spiegato in modo insuperato, illustrando cosa significasse quello che Dostoevski aveva già visto, ossia che l’essenza del socialismo è l’ateismo. Il comunismo è l’ideologia più radicalmente atea della modernità perché ritiene che tutti i principi siano epifenomeni di altro: sovrastrutture prodotte storicamente da delle strutture impersonali. La sua conclusione è che tutto è sovrastruttura, compreso il lavoro e, naturalmente, compresa la famiglia. Perché mai allora ci si dovrebbe stupire che dal palcoscenico del primo maggio si derida la vita e la famiglia in nome del lavoro?

L’atteggiamento corretto, soprattutto da parte dei lavoratori, sarebbe di abbandonare quella piazza e quel palco e festeggiare il vero lavoro e i veri lavoratori in una festa del vero lavoro e della vera famiglia. Non basta denunciare certi giochi, bisogna tirarsene fuori.

Marco Affatigato

Riguardo l'autore

Marco Affatigato

nato il 14 luglio 1956, è uno scrittore e filosofo laureato in Filosofia - Scienze Umane e Esoteriche presso l'Università Marsilio Ficino. È membro di Reporter Sans Frontières, un'organizzazione internazionale che difende la libertà di stampa.

Nel 1980 la rivista «l’Uomo Qualunque» ha pubblicato suoi interventi come articolista. Negli ultimi anni, ha collaborato regolarmente con la rivista online «Storia Verità» (www.storiaverita.org) dal 2020 al 2023.