Il tema dell’evasione fiscale è molto delicato ed è stato, e lo è tuttora, oggetto di continue e accese discussioni. Ogni singolo governo degli ultimi anni si è posto, fra i vari obiettivi, quello di combattere questa piaga che ammorba il nostro Paese.
L’obiettivo è certamente nobile, eliminare tale malcostume, ma la lotta all’evasione fiscale riveste oggi un ruolo ancora più importante, giacchè si tratta di denaro che singoli cittadini o grandi aziende (ma le sfumature sembrano essere infinite) tolgono alla collettività.
Consci di questo, i governi hanno varato diverse leggi e correttivi per arginare la situazione, generando molte polemiche per supposti trattamenti di favore riservati a personaggi famosi, mentre Equitalia (una SPA, con fondi pubblici, 49% Inps e 51% Agenzia delle Entrate, che riscuote i crediti per i Comuni, e i debiti fiscali, cioè le tasse o le multe che i cittadini non hanno versato) sembrerebbe accanirsi con inusitata ferocia contro i semplici cittadini, rei di una dimenticanza o, peggio, di un mancato avviso.
Secondo un recente resoconto delle Fiamme gialle, riferendosi all’anno 2014, opererebbero in Italia all’incirca 8.000 elusori totali. Assommerebbe a un miliardo e 200 milioni la valutazione dei beni confiscati per reati fiscali.
Tali reati coinvolgono un po’ di tutto: appropriazione indebita di fondi europei, frodi al sistema previdenziale, a quello sanitario e truffe all’apparato statale. Non si tratta più di nascondere sotto la mattonella del bagno o nel materasso qualche risparmio per “arrotondare” il proprio stipendio, ma, come detto prima, di mezzi tolti alla collettività.
Fra i sistemi utilizzati per pagare meno tasse vi è quello di intestare o spostare la propria residenza a qualcun altro o in qualche altro luogo, che ha un regime tributario meno pesante rispetto a quello italiano. Non si parla solo dei celeberrimi paradisi fiscali oceanici o asiatici, ma anche di Paesi europei quali Malta, il Lussemburgo, l’Olanda, il Principato di Monaco, la Svizzera, ecc.
Questi Paesi non solo hanno accolto colossi industriali (il gruppo FCA in Olanda), ma anche VIP e artisti svariati. Famosi sono stati la “lista Falciani” e i casi di evasione fiscale di Sophia Loren, di Valentino Rossi, di Tiziano Ferro, di Andrea Bocelli, di Gianna Nannini, di Vasco Rossi, di Luca Laurenti: e l’elenco potrebbe essere anche più lungo.
Sembra che nessuno possa salvarsi dalla mannaia della legge, che il nostro fisco ci dissangua ma è pure capace a trovare gli evasori, che anche quelli famosi, un giorno o l’altro, pagheranno. E ci sentiamo meno vessati. In realtà, di queste azioni contro l’evasione fiscale resta pochissimo di concreto. E tanti di codesti VIP vincono la loro battaglia contro l’Agenzia delle entrate.
Sorge a questo punto un dilemma: è giusto far passare il messaggio che i nostri artisti sono degli evasori quando ciò è da stabilire? Oppure leggi devono essere rifatte?
Difficilissimo dirlo. In un certo senso è naturale che due visioni opposte si fronteggino, fra quanti denunciano l’ambiguità delle leggi vigenti (spesso si parla di “pianificazione fiscale”) e la tendenza dello Stato a denunciare subito tutto come teso all’evasione fiscale; d’altro canto questi fa di tutto per districarsi nel ginepraio delle leggi da egli stesso create e quelle presenti in Europa.
La questione dell’evasione fiscale può essere vista anche come aspetto culturale: molti artisti italiani si sono difesi asserendo che lo spostamento della sede fiscale è stato fatto per evitare ritorsioni contro la persona fisica, per assicurare i propri investimenti, un futuro migliore ai propri figli, fino ad arrivare a movimenti avvenuti ad insaputa della persona.
Si vuol far passare il messaggio che in Italia c’è sempre qualcuno a cui tocca pagare di più (in ogni senso) rispetto all’altro, dove c’è un sistema persecutorio ad personam che se ne infischia dell’altro e munge il facoltoso contribuente fino all’osso. Individualismo selvaggio e teso fino all’esasperazione, nient’altro.
Come fu notato più volte, tali artisti avevano sì la residenza fiscale altrove, ma vivono e operano qui in Italia, qui dove esprimono la loro arte e ottengono per questo i loro guadagni. Ha tutto ciò un senso?
Auguriamoci che gli italiani siano meglio edotti sull’utilizzo dei pagamenti e apprendano le regole concernenti la fiscalità italiana. Specialmente dai genitori più ricchi, come gli artisti (famosi).
Pasquale Narciso