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Cultura

Italia, grande bellezza di Sorrentino? No, prima di Thomas Mann

L’Italia della mafia e della corruzione per Thomas Mann non esisteva: l’autore tedesco descriveva nelle sue opere, infatti, soltanto la bellezza disarmante del Bel Paese. E Paolo Sorrentino con il suo film “La grande bellezza” non ha creato, in realtà, nulla di così originale poiché Mann ci era arrivato già da tempo.

Si legga, ad esempio, il romanzo breve di Thomas Mann “Morte a Venezia” (1912), dove la città viene descritta in un’atmosfera grigia e cupa, ma estremamente affascinante, mentre la nave in cui si trova il protagonista, Gustav Von Aschenbach, si avvicina alla costa veneziana. Succube quasi di un incantesimo pericoloso, il protagonista si sente attratto da un ragazzino polacco fin dal primo sguardo, che considera come l’incarnazione stessa di una bellezza perfetta, paragonabile ad una statua greca, e ne resterà vittima, tormentandosi continuamente.

Alcuni critici rilevano un alto livello di simbolismo e, persino il titolo, può avere un’interessante chiave di lettura: la contrapposizione della morte, ossia della distruzione, del negativo, e della città di Venezia, che invece rappresenta la bellezza, suggerisce un emblema paradossale. La città, infatti, viene colpita dall’epidemia del colera, che fa stragi. Il protagonista stesso, tormentato interiormente per tutta la durata del romanzo per l’infatuazione verso il ragazzino Tadzio, finirà per esserne fatalmente colpito.

La bellezza dell’Italia non viene lasciata trasparire soltanto in Morte a Venezia, ma anche nella novella Tonio Kröger, dove il protagonista, tormentato da pensieri adolescenziali, decide di girovagare per l’Italia, Paese in cui Tonio realizza se stesso come artista.

Oltre al richiamo autobiografico, Mann fa sempre combaciare l’Italia con l’arte e la sua massima espressione. Il suo amore per l’Italia, che ha visitato da nord a sud, sottolinea come uno straniero, in questo caso un tedesco del nord, riesca a percepire la bellezza dell’arte, della storia e della cultura forse ancora prima di un italiano stesso. E’ logico che il diverso colpisce e resta memorizzato a lungo nel cuore e nella mente, ma Mann rende giustizia ad un Paese che, a quel tempo, non era apprezzato. Gli autori italiani di allora, quali Verga, Pirandello, Ungaretti e Svevo, raccontavano per lo più dei problemi dell’Italia, della criminalità, della perdita della ragione, del comportamento dell’uomo in una nuova società.

Apparentemente la spettacolarità e la particolarità di un Paese vengono prima colti dall’estraneo piuttosto che non da chi è, da tempo, di casa.

Melissa Toti Buratti