Casertano di nascita, laureato in Scienze Politiche, Luigi Iannone collabora con le pagine culturali de Il Giornale, il quadrimestrale di filosofia politica Antarès e il trimestrale di cultura politica Il Cerchio. Scrive per i giornali online Barbadillo, La Confederazione italiana e L’intellettuale dissidente. Ha scritto per le pagine culturali del Secolo d’Italia, L’Indipendente e Il Roma, per i periodici Panorama, Il Borghese, L’Altra Voce, La Provincia, per la rivista bimestrale di cultura politica Percorsi e per il Quotidiano di Caserta. Nel 2003 ha partecipato come relatore al Seminario La Destra italiana e l’origine del Fascismo i cui atti sono pubblicati nel volume Le origini del Fascismo. Sempre nel 2003, ha vinto il Premio Nazionale della Cultura istituito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per l’attività saggistica. Tra le sue ultime opere ricordiamo “Umanità al tramonto”, “Ernst Junger”, “Sull’inutilità della destra” e “L’ubbidiente democratico”. La nostra intervista si concentra proprio su quest’ultimo saggio, il cui tema portante è il conformismo al “politically correct”.
- Scrive nel suo libro:”Beati coloro i quali riescono ancora a separare con facilità i buoni dai cattivi. Io vedo barbari ovunque. A destra come a sinistra.” Quali sono i valori che le due fazioni politiche dovrebbero recuperare per non definirsi “barbare”?
Non si tratta solo di valori. C’è una larga fetta di persone che ritiene essere nel giusto qualunque posizione assuma e su ogni tema. E, nel contempo, reputa la controparte una accozzaglia di sciocchi. Io faccio fatica ad essere ‘definitivo’; vale a dire ad esprimermi su ogni singola questione in maniera aprioristicamente positiva e negativa. Ho bisogno di capire. Ma tanti, proprio tanti, usano la strada più comoda, quella del pre-giudizio che non impone nessuno sforzo intellettuale. E di solito, sono proprio coloro i quali si definiscono tolleranti, democratici e progressisti, ad essere settari e intransigenti.
- Molte delle sue pagine sono dedicate al Sud e alle sue “nefandezze”. Secondo lei, quali sono i punti di forza e quali di debolezza del Meridione?
I punti di forza del Sud sono anche di debolezza. Un tempo, la visione comunitaria, l’attenzione verso l’altro, una certa spiccata apertura alla solidarietà erano un marchio di fabbrica. Ora, in tempi frenetici e asserviti all’utilitarismo più bieco, tutto questo non ha senso. Però, ci sono rimasti i difetti.
- Parlando dei conformisti dell’anticonformismo, afferma che questi ultimi, “quando si presenta una situazione internazionale intricata, sono i primi ad accogliere con favore l’opzione della guerra, scartando ogni opzione diplomatica”. Cosa pensa del recente schieramento di truppe italiane in Lettonia?
Da ragazzino ricordo che mi veniva ripetuto spesso che “la politica è soprattutto politica estera”. Si diceva che la grandezza di una nazione si misurasse dalla credibilità internazionale e dalla forza contrattuale nei confronti degli altri Paesi. Oggi, mi sembra tutto così approssimativo. Non c’è una visione strategica di medio-lungo periodo che possa far pensare al nostro ruolo nei prossimi due o tre decenni. Si tira avanti alla giornata senza analisi ampie e articolate . Non abbiamo per esempio soluzioni e posizioni chiare sulla vicenda Siriana, non sappiamo quale atteggiamento assumere nei confronti di una potenza rinata come la Russia, subiamo i flussi migratori dall’Africa e dal Medio oriente, non possediamo un modello chiaro di lotta al terrorismo. L’invio delle nostre truppe in Lettonia ne è la dimostrazione. Un giorno prima nessuno sapeva nulla e il giorno dopo, magari su sollecitazione di qualche Cancelleria estera, ci siamo imbarcati in quest’altra avventura.
- Quali sono i trucchi per elaborare quello che lei definisce “linguaggio camuffato”? E’ possibile difendersene?
Il linguaggio camuffato è quello del Politicamente corretto che non ha più bisogno di trucchi perché sta purtroppo vincendo la sua battaglia. E’ in definitiva la parte visibile di quel pensiero unico che ci obbliga a dire ‘verticalmente svantaggiato’ invece di ‘basso di statura’, ‘persona anziana’ al posto di ‘vecchio’ o ‘crossdresser’ per ‘travestito’. Ma questa è appunto la parte visibile di una ideologia pacificamente totalitaria nei confronti della quale è possibile difendersi; magari iniziando a chiamare le cose col proprio nome o ad esprimere concetti non condivisi dalla maggioranza delle persone. E detta così, sembrerebbe una colossale banalità. Ma, Lei provi a farlo e sarà attaccata con gli epiteti più brutti e violenti.
- Usando un registro ironico, scrive:”Non importa quale grado di preparazione tu abbia su uno specifico tema. Nulla suscita la tua resistenza”. Concorda con Eco quando affermava che “i social hanno dato libertà di parola a legioni di imbecilli?”
I social amplificano una condizione che però è già presente da tempo. Lei pensi ai cosiddetti ‘manifesti intellettuali’ – in cui pure Eco si è esercitato con molti suoi sodali e con una certa assiduità da quello contro il commissario Calabresi in poi – e sui quali schiere di cantanti, ballerine, docenti delle più disparate materie, attori, sportivi e giornalisti appongono la propria firma. Ebbene, non c’è nulla di più urticante e di più sciocco del fatto di voler esprimere un giudizio definitivo su ogni argomento, magari teologico, scientifico, economico, etico, filosofico, e poi di volerlo imporre agli altri
- Il suo penultimo paragrafo è dedicato alla “morte della democrazia”, in cui parla di un allargamento della forbice tra cittadino e concreta gestione della cosa pubblica, nonché di un calo di partecipazione politica: il referendum del 4 Dicembre potrebbe essere una buona occasione per dimostrare il contrario? Come prevede l’affluenza alle urne?
Il Referendum è solo un sasso nello stagno. Muoverà l’acqua per qualche mese e poi tutto ritornerà come prima. Abbiamo una classe politicamente mediamente inutile e passiva così come lo siamo noi italiani. La democrazia è in coma farmacologico e non basterà una tornata elettorale, seppur importante, a svegliarci.
- Da tempo, in Italia, manca una “cultura di destra”: di chi sono le colpe e quali potrebbero essere i rimedi? La presenza di un leader carismatico farebbe la differenza?
A questo punto contano poco rimedi e colpe. L’Europa sta attraverso una delle crisi più pesanti dalla fine della Seconda guerra mondiale. Una crisi di identità e di strategia, di valori e di politica. Pensare a come far rinascere la cultura di destra credo sia l’ultimo dei problemi. Anzi, il penultimo. L’ultimo sarà far rinascere quella di sinistra. Ma aldilà delle battute, oggi il nemico da combattere è quella miscela pericolosa tra la destra ultraliberista che fa del capitalismo finanziario uno dei suoi totem e la sinistra dei diritti civili. Per battere questo miscuglio non sono più sufficienti le categorie così come le avevamo conosciute. C’è bisogno di qualcosa di nuovo che ancora non si vede all’orizzonte. Per ora conosciamo solo il nemico e non è poco. Ma ancora non sappiamo con quali armi combatterlo.
di Antonella Gioia