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Pensieri in Libertà

Italia: Stato o Nazione?

Ormai nell’accezione comune, “ Italia ” viene inteso come stato e non più come Nazione, quale innanzitutto essa è.

Con questa perversa semplificazione, assieme all’acqua sporca viene puntualmente buttato anche il bambino, dando libero sfogo all’anarchia, al nichilismo, all’indipendentismo e a tutte quelle pulsioni disgreganti che fanno il gioco del nemico, sfociando nel filo-globalismo.

Il grande limite dell’Italia è un po’ quello di essere uno stato giovane, nonostante la Nazione sia millenaria, eppure è così anche per la Germania; la differenza è che in Germania esiste quella che viene chiamata Volksgemeinschaft, ossia una comunità di popolo che ha coscienza di essere tale, mentre l’Italia, spezzettata in regioni, province, campanili va spesso per conto suo badando all’interesse del proprio orticello.

Badate bene che non è il solito problema Nord-Sud: si tratta proprio di un campanilismo atavico che fiorisce nell’età comunale, e che porta ad antagonismo virulento soprattutto le città vicine. Inutile dire che questa situazione storica fu ampiamente sfruttata dai nemici dell’Impero e della stessa Italia, ossia i diversamente Ebrei del Vaticano, che han fatto dell’intrigo, della cospirazione, delle pratiche torbide e della semina di zizzania una pratica ricorrente per evitare l’unificazione e la perdita dei territori spacciati per patrimonio di San Pietro con balle spaziali.

Eppure l’Italia esiste da millenni, non solo come organismo italico eretto da Ottaviano, ma come territorio reso omogeneo dal sostrato mediterraneo, neolitico, dalla colonizzazione ligure ed etrusca, e naturalmente dalla romanizzazione che ha fatto della nostra eterna capitale il caposaldo identitario peculiare della Penisola.

Qualche disfattista ama ripetere che Roma è patrimonio comune all’Europa. Vero, ma è soprattutto patrimonio etno-culturale dell’Italia, anche perché in epoca romana furono diverse le colonie italiche dedotte in un territorio come la Gallia Cisalpina, che hanno portato ad un positivo rimescolamento tra genti indoeuropee ed indoeuropeizzate.

Però in Italia manca proprio una forte comunità di popolo, una solidarietà italica che guardate, parta innanzitutto da genti limitrofe come possono essere Lombardi e Veneti o Laziali e Abruzzesi, e ancora Siciliani e Calabresi. Ma come sappiamo il campanile è duro a morire e prima che i conflitti inter-regionali ci sono quelli tra città storicamente rivali.

Per carità, un po’ di sano antagonismo fa sempre bene e stimola la creatività, ma non si deve esagerare finendo per odiare propri fratelli per delle banalità totali come possono essere le partite di pallone. Questi atteggiamenti disgregano il sentimento regionale e nazionale, finendo per spalancare le porte al mondialismo e all’immigrazione.

Per non parlare dell’odio Nord-Sud per ragioni eminentemente economiche, una situazione sfruttata a suo tempo dalla Lega o da certi sciamannati duosiciliani maniaci della disinformazione e del suprematismo localista. Anche io tempo fa nutrivo sentimenti avversi verso l’unità nazionale e anche le genti che non reputavo a me affini, ma gradualmente, e questo già da qualche anno, ha lasciato spazio ad un atteggiamento più ragionevole che poi è finalmente sfociato in un italianismo etno-nazionale comprensivo delle differenze, ma abbracciate dalla naturale unità di un Paese, l’Italia, che da nord a sud e da ovest a est è reso omogeneo dalle comuni vicende preistoriche e protostoriche (che hanno costituito il nerbo del popolo italiano). E naturalmente romane.

Comunque, riallacciandomi al discorso iniziale, tutta questa acredine tra Italiani e tutto il disfattismo tipico dell’Italia nascono proprio dalla confusione tra lo stato e la Nazione, che non sono la stessa cosa.

L’Italia è innanzitutto una Nazione fatta di popoli, per certi versi eterogenei ma per altri uniti dal Mediterraneo, dagli Italici e da Roma, nonché dalla cultura latina e neolatina; poi è anche uno stato, sfortunatamente giovane, ossia un organismo politico e amministrativo che spesso oltraggia l’Italia vera e propria, la tedia e tormenta, la strizza e umilia, ingenerando quella perversa confusione che porta ad odiare l’Italia stessa perché confusa col baraccone statale che funziona male.

Lo stato italiano è uno stato-apparato più che uno stato nazionale, uno di quegli stati molto dipendenti dagli altri più forti, in cui parlare di Nazione viene guardato storto, perché sull’onda di un certo mai sopito giacobinismo d’Oltralpe si inquadra quella che è la Nazione in una mera ottica statuale deprivata della propria base etno-nazionale, tanto che si arriva al paradosso di affermare che gli Italiani non esistano, ma esistano solo cittadini italiani “sudditi” di questa repubblica post-’45, con tutte le sue implicazioni. Ormai siamo abituati a politici e politicanti abili nella cessione di sovranità nazionale a favore di enti sovranazionali dal torvo aspetto di moloc bancario e finanziario.

Il secondo dopoguerra ha proprio innescato questo protervo meccanismo di squalifica  delle nazioni a favore degli stati, riducendo l’Identità a questioni calcistiche e aprendo allo ius soli con tanto di diffamazione del sacro binomio di Sangue e Suolo, che è l’unica legge sacrosanta da seguire parlando di cittadinanza e, appunto, nazionalità. Perché ispirata dalla Natura.

Se non esistessero più nazioni, gli stati ve li potete anche tenere, perché diventerebbero pure tirannie anti-identitarie come per certi versi sono già, meri contenitori di società multirazziali.

Invece le nazioni esistono, l’Italia esiste, checché ne dicano i secessionisti di ogni latitudine e i disfattisti della domenica in grado di sventolare tricolori solo in occasione dei campionati di calcio; quel che non esiste, o meglio, esiste ma è fievole, è il sentimento nazionale, unitario, che si costruisca sul Sangue, sul Suolo e sullo Spirito d’Italia e che porti a distinguere la Nazione dallo stato. Nella speranza che un giorno le due cose coincidano in una squisita ottica sociale e nazionale di comunitarismo etnico dalle Alpi alla Sicilia.

Che tutti gli identitari possano lavorare all’irrobustimento di questo sentimento, nel pieno rispetto delle identità locali e degli altri fratelli europei, al netto di ogni deleterio sciovinismo da utili idioti atlantisti.

Paolo Sizzi