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Il Post It: La strana coppia. Alemanno-Rizzo? Perché sì, perché no.


Desta scalpore, e non poteva essere diversamente, l’accordo tra Alemanno e Rizzo per un incontro e, soprattutto, per provare a riunire comunisti e fascisti (ma si, bando all’ipocrisia, chiamiamoli con il loro vero nome!) sotto un’unica bandiera con la quale daranno l’incipit per un nuovo partito.

Dice lo chiameranno il RossoGrigio. Da buon tifoso del Pisa, qual sono, avrei preferito il nerazzurro, ma in mancanza di azzurri prendiamo quel che passa il convento. E Rosso-Grigio sia! Tutto sommato è un ritorno alle origini ottocentesche, volendo fare i pignoli pure ben prima, di quando il comunismo non era ancora nel biberon di Karl Marx e Piazza San Sepolcro era lungi a venire. Giacobini prima, socialisti poi, rivoluzionari sempre. Giovanni Gentile amava ripetere come un comunista altro non sia che un fascista con più pazienza mentre Palmiro Togliatti, nel 1936 sulle pagine della rivista “Stato Operaio”, definì i fascisti come i fratelli in camicia nera. Il Migliore auspicava una reunion per unire lo stato sociale, ma pure il fondatore della Enciclopedia Italiana Treccani, ovvero Giovanni Gentile, non fu da meno con la sua “Lettera agli italiani”. Lo stesso Benito Mussolini, in occasione del discorso inaugurale della stazione centrale meneghina, ebbe a ribattere la propria riluttanza nella destra confluita nel fascismo, dichiarando: testuale: “noi non siamo di destra e non lo saremo mai, il fascismo è fascismo, ma se fossimo in democrazia saremmo sicuramente alla sinistra del Parlamento italiano da socialisti qual siamo”. Tutto questo senza dimenticare che il Duce, poco prima di morire, abbia esortato i resti delle camicie nere ad entrare nel Partito Socialista di Pietro Nenni (tratto dal libro di Anita Pensotti, giornalista e scrittrice, edito nel 1962 dal titolo: Benito il mio uomo).

Poi fu la volta di Lenin, la vera mente del comunismo sovietico, il quale rimproverò il “comunista per bene”, quel Nicola Bombacci fedelissimo al Duce, reo di essersi lasciato sfuggire l’unico uomo in grado di fare la rivoluzione socialista in Italia. Testacoda storici volutamente dimenticati dagli imperatori del dividi et impera. Fin qui la storia tradotta in poche righe. Oggi l’ex genero di Pino Rauti, forse il massimo esponente missino con Beppe Niccolai dell’apertura a sinistra, ci riprova chiamando a raccolta Marco Rizzo, il comunista più comunista dell’arco Costituzionale, sarà un successo? Ai posteri l’ardua sentenza, come scrisse il Poeta. Fuori dalle righe: il socialismo italiano è morto e sepolto da decenni, dal dopo la grandeur craxiana nessuno è stato finora in grado di reggerne le sorti. Né del presente e né, tantomeno, del futuro. Nencini e compagnia altro non sono lo scendiletto del PD, al di là delle chiacchiere il Popolo italiano non ha ottenuto più nessun beneficio dal dopo l’otto settembre del 1944. Anzi, i più, sono stati tolti. Come le festività soppresse, per esempio; come la scala mobile, altro esempio; come le case popolari che tardano ad innalzarsi e non ci sono, mentre ne avremmo un bisogno infinito. Come lo stipendio più basso dell’Europa a far fronte con una vita sempre più cara; come le stazioni ferroviarie di provincia abbandonate e con loro i pendolari; come gli ospedali chiusi e la sanità sempre più depredata; come fiumi e fossi lasciati al degrado in quanto basta un acquazzone per affogare tutti; come l’istruzione caduta sempre più in basso da definirsi una barzelletta. Come i terremotati, lasciati nelle capanne da anni e anni. Ben venga, quindi, chi potrà pensare a questo Popolo alla deriva. Questo Popolo oppresso e deriso: il Popolo italiano. Un popolo coglione, capace di barattare un mese a due giorni di ferie, a malapena, in nome e per conto della libertà di bestemmiare e di un Hi-Phone acquistato a rate.
Se sono rose, fioriranno. Per questo dico di si.
Perché no.
No, e lo scrivo impugnando con forza la penna affinché sia più rimarcato il mio dissenso, questo matrimonio non s’ha da fare! Seppure Marco Rizzo sia uno dei rarissimi comunisti stimati dal sottoscritto, è innegabile quanto sia forte il suo legame con l’ANPI ed i testamentari di quella brutta compagnia. Volete trovare un accordo? Bene! Ma prima attendo il mea culpa dagli eredi di quella gente infame. E l’aspetto per il massacro chiamato guerra civile; l’aspetto per Giuseppina Ghersi e Norma Cossetto; starò in attesa per Rolando Livi ed i fratelli Govoni; proverò trepidazione quando si assumeranno tutte le loro colpe per i Martiri delle Foibe, mentre gioirò quando affermeranno che il partigiano Teppa, l’autore della mattanza di Skio, verrà definito un criminale. Come Bruno Fanciullacci e tutti gli altri assassini ben descritti nei libri-verità di Gianfranco Stella. Infine, attenderò di vederli a Canossa, con il capo cosparso da una tonnellata di cenere, per i Fratelli Mattei e Sergio Ramelli. Non dimenticando nessun altro dei Ragazzi ammazzati per l’odio rosso. Nessuno! Tutto questo farò attendendo, sul ponte del Piave, qualcuno capace di sostenere come “soccorso rosso” fu un’organizzazione criminale.

Ma se tutto questo non succedesse, per il sottoscritto, i comunisti sono e saranno per sempre dei nemici politici e non solo.
Marco Vannucci