Talentuosi e giovani: torna per il Trento Film Festival la vetrina dedicata ai registi che in Trentino Alto Adige danno vita ai sogni. Si chiama “Orizzonti Vicini” ed è la Rassegna per l’appunto dedicata agli emergenti e agli sperimentatori, che si terrà dal 29 Aprile al 6 Maggio, nel contesto del TFF, in proiezione presso il Multisala Modena. Gli autori Trentini ed Alto Atesini si presenteranno nell‘Incontro organizzato Venerdì 28 Aprile, a partire dalle ore 18.00 presso la Sala delle Conferenze della Cassa di Risparmio, in via Garibaldi.
Tra le 12 pellicole uscite in brevi anteprime, Secolo Trentino ha avuto l’opportunità di parlare con l’ideatore della più bizzarra e romantica di tutte: la dolcissima produzione in Cortometraggio di Gabriele Carletti, un regista/giornalista, noto per la conduzione del TG Regionale Trentino. Il film della durata dei 19 minuti sarà in proiezione il I Maggio alle 17.15 e il V Maggio alle 15.15 al Cinema Modena. Prodotto da Dolomiti TV in collaborazione con APT Valle di Fiemme. La scelta di Quintino.
Il Corto spezza il cuore: Quintino Corradini è un uomo di 93 anni, che vive nel suo maso in Valle di Fiemme. Non vive solo, bensì con le sue caprette e con un cane, Laika. Da giovane è stato uno dei protagonisti della vita politica locale: un partigiano della Resistenza; comunista vecchia maniera (Che Guevara, Fidel Castro, Stalin, etc..) ma specialmente super Trentino; nella sua anzianità decide di ritirarsi dal vivere moderno: sia in estate che in inverno resiste al tempo atmosferico e al tempo cronologico vivendo, giorno dopo giorno, nel suo maso, anche quando la luce e l’acqua si fermano fuori dalle mura e al di là delle montagne. Freddo, buio, neve, non sono nulla, perché Quintino ha tutto, anche se .. forse .. l’amore, il fiore che si coltiva ogni giorno, potrebbe ritornare da lui.
Ecco quindi due chiacchiere con Gabriele, il regista umile e sensibile che ha “scoperto” Quintino e ce lo presenterà tra qualche giorno al TFF.
“Sono uscite le anteprime delle pellicole in concorso nel TFF e delle 12 una è la tua, realizzata sotto forma di un Cortometraggio: “La scelta di Quintino”; come mai sei finito in Valle di Fiemme a fare un corto su un ex partigiano? Che effetto ti ha fatto spezzare il tempo ed entrare in contatto con questa vita lenta e coordinata al levare e tramontare del sole? Ti ha emozionato?”
Gabriele: Mi ero imbattuto in Quintino l’estate scorsa. Mi avevano proposto la sua storia per una rubrica nazionale della Rai. E in effetti l’avevo tratteggiata per il Settimanale della Tgr e per Rainews24. Tratteggiata, appunto, perché sentivo che quella storia merita un respiro più ampio. E così il tarlo del Film Festival si è insinuato nella testa.
Dunque non posso parlare di sorpresa nel girare il documentario, di emozione sì. Perché diverso è il peso delle stagioni. Vivere d’estate in un maso tra i boschi ti evoca immagini bucoliche, spensierate. D’inverno ti ritrovi senza acqua calda e corrente. Col sole che è solo un ricordo perché il maso è esposto a nord e in pochi risalgono quei 4 km di sterrato per venirti a trovare. La prima volta avevo provato ammirazione per Quintino, stavolta anche un po’ di tenerezza. Alla poesia dell’estate è seguita la prosa – spiega Gabriele Carletti – eppure è la vita che ha scelto. Quintino è uscito dal gruppo. Ha scelto deliberatamente di lasciare la sua comunità a Castello-Molina di Fiemme. Un po’ come quelle società in cui gli anziani ad un certo punto della loro vita si allontanavano dalla comunità per non pesare sugli altri.
“Ma a quali culture ti riferisci?”
Gabriele: Alle società tribali, nomadi in particolare. Ma nella vicenda di Quintino c’è di più. Perché la sua vicenda si intreccia con quella della Resistenza in val di Fiemme. Storia complessa e tragica. Le azioni dei partigiani, le stragi naziste di Ziano, Stramentizzo e Molina come ritorsioni. Ecco perché quelle terre, come ha raccontato Lorenzo Gardumi in un ottimo lavoro per la Fondazione museo storico del Trentino, sono venate da sentimenti antipartigiani. Quintino non ne parla e poiché è lui a condurre la narrazione il documentario non affronta questo aspetto. Ma è una possibile chiave di lettura per l’Albero che cammina.
“Che cos’è l’albero che cammina?”
Gabriele: E’ un suo personalissimo e toccante monumento ai partigiani eretto accanto al suo maso. Un monumento privato, ma aperto a tutti perché nello spazio pubblico della comunità probabilmente quel tributo ai compagni partigiani non avrebbe mai trovato posto.
“Penso che Quintino sia fortunato a poter scegliere come passare la vecchiaia. E che in molti suoi coetanei che sono chiusi in un appartamento o in una stanzina di una casa di riposo possa scattare un magone e anche una certa sana invidia. Ma anche voi siete rimasti lì presso il Maso a dormire senza luce nell’amenità del bosco invernale?”
Gabriele: No, non abbiamo la sua tempra! Abbiamo girato in due giorni. Nel secondo siamo arrivati all’alba. E il racconto del documentario parte da lì, dai suoi gesti – sorprendenti – appena sveglio. Prima che accendesse la stufa credo che in casa ci fossero 5-6 gradi. Non di più. E’ abituato così e anzi ti spiega, a ragione, che i malanni li prendi per via dell’escursione termica. Ecco perché lui, che in casa vive ad una temperatura solo leggermente più alta rispetto all’ambiente esterno, non conosce l’influenza.
“Pensi che questo modello e l’idea del tuo personaggio vivente possa essere una risposta che ha un proseguo nel tempo? Vivere per brevi periodi in un maso senza luce e senza acqua calda fa bene alla mente e allo spirito. Quanto bisogna essere forti – secondo te – per affrontare la solitudine e la bellezza della vita? Nella sua verità?”
Gabriele: La vita ha una circolarità. Da anziani torniamo ad essere trattati come bambini. E sono gli alti a decidere per noi. Quintino ha rifiutato questa circolarità. Ha scelto di vivere lassù, a 4 km dal paese, nonostante le figlie preferissero prendersi cura di lui, a valle. Non è l’unico caso, certo. La cronaca ci parla di anziani che non vogliono abbandonare le proprie case anche di fronte al rischio di crolli per un terremoto. La scelta di Quintino è però davvero estrema. Senza luce né acqua corrente. Dice di essere la persona più felice al mondo. Eppure anche questo personaggio così controcorrente ha i suoi momenti di incertezza. Quando la solitudine prende il sopravvento e senti il desiderio di ascoltare una voce. Di amare, addirittura. Quasi un tabù per il modo in cui concepiamo la vecchiaia. Ed è questo contrasto di sensazioni che rende il documentario più vero, più profondo del racconto che avevo fatto l’estate scorsa per la TV.
“Gentilissimo per averci risposto .. ! :-)”
A cura di Martina Cecco
Note: Trentino Film Commission e Trento Film Festival ospita“Orizzonti vicini”, lo spazio interamente dedicato ai film prodotti o girati in Trentino-Alto Adige, agli autori, case di produzione e scuole di cinema della regione, che offre spesso la prima attesa occasione di confronto con il pubblico, oltre che di scambio di esperienze creative e produttive per i talenti locali. Durante l’incontro di presentazione dei film Sergio Fant converserà con i registi dei che partecipano alla sezione dedicata alle produzioni del Trentino Alto Adige.