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Caro Michele, dopo l’otto viene il nove…

Sto parlando del 8 settembre riferendomi all’editoriale apparso l’altro giorno, a firma di Michele Soliani, sulle colonne di questo giornale. Dopo l’8 viene il 9…  Una specie di ritornello insinuato tra mille detti e proverbi popolari utili per la scaramanzia, modi di dire per nutrire una speranza od un sogno, ma pure per allontanare la paura del presente sperando nel domani migliore.

8, 9… Numeri usati per il calendario, spesso buoni per giocare al Lotto sulla ruota dei disperati come i giorni da rimuovere, ma anche da modificare affinché la memoria collettiva sia imposta mistificando la realtà dei fatti. Aristotele amava ripetere come la storia sia scritta con l’inchiostro bugiardo dei vincitori, ma pure Pirandello, nel suo uno, nessuno e centomila, punzecchia con una frase sibillina: ogni realtà voluta è un inganno. Caro Michele, nel tuo articolo poni una domanda alla quale permettimi di rispondere: con o senza l’8 settembre, l’opinione sul fascismo, non sarebbe cambiata di una virgola.

Fu un 8 settembre non voluto da Mussolini, come avrebbe fatto volentieri a meno della Repubblica Sociale Italiana. Troppo intelligente l’uomo per pensare di ribaltare le sorti del conflitto, arroccandosi in una piega dello Stivale, con un’armata di eroi disarmati e di Balilla sbarbati. Nicholas Farrell, il noto storico e giornalista inglese autore di alcuni libri sul Duce difformi dal pensiero volutamente unico, scrive testualmente: “gli americani avrebbero voluto Mussolini vivo, ma per gli inglesi avrebbe creato più di un problema”.

Mussolini era riluttante ad entrare in guerra, pur tuttavia accettò il conflitto l’anno successivo al fianco di “quel pazzo non varchi mai il confine con l’Italia”. Così si espresse l’uomo di Dovia dopo la presa dell’Austria da parte di Hitler. Mussolini non stimava il Führer, men che meno avrebbe voluto emulare o seguirlo nella sua follia, ma sono troppe le risposte ed il discorso si farebbe straordinariamente ampio da non essere sufficienti tutte le pagine del giornale di oggi e pure quelle di domani. Di una cosa sono certo: colui che fu definito “un genio” da sir Winston Churchill ebbe altri obiettivi, quali fossero chissà se la storia avrà la forza e la capacità di farli uscire dal cassetto. Le pagine vengono scritte con l’inchiostro dei vincitori, messinscena di Dongo compresa, per questo l’opinione sul fascismo non sarebbe cambiata. Così la guerra civile, la quale non c’entra niente con la fuga dei Savoia e neppure con la Repubblica Sociale, fu una guerriglia già studiata al tavolino dai vari potentati sinistri dell’epoca. Lo scrive Togliatti nella sua famigerata risposta a Vincenzo Bianco, riaffermata dalla vicenda di Porzus; dall’eccidio dei Fratelli Govoni, di Luisa Ferida e Osvaldo Valenti; lo conferma il patto con Tito e le maledette foibe, l’assassinio di Giovanni Gentile e la mattanza di Schio. La guerra civile era già cominciata prima che ancora cominciasse. Almeno questo, la storia, lo dice.

L’opinione pubblica non potrà mai cambiare finché non cambieranno le teste.

Marco Vannucci

Nella foto: la tredicenne Giuseppina Ghersi, già martorizzata, poco prima di essere fucilata. Nel 2017 l’ANPI s’è scagliata contro l’amministrazione comunale di Savoia vietando di concederle una targa ricordo perché era fascista.